Gli adesivi su Greta: i legami tra violenza di genere e violenza ambientale

3 / 3 / 2020

Da giorni è comparso ad Alberta, in Canada, un adesivo firmato con il logo della compagnia petrolifera X-Site che ritrae Greta Thunberg nuda di spalle mentre viene stuprata.

Prima, qualche fatto di cronaca per inquadrare l’avvenimento.

Alcuni giorni fa, Michelle Narang, una cittadina di Alberta, ha denunciato alla polizia canadese l’esistenza di una grafica che ritraeva la giovanissima attivista per il clima mentre veniva violentata. L’immagine circolava liberamente nelle chat dei dipendenti da tempo e qualcuno la aveva anche stampata come adesivo, distribuendola agli operai.

Resa pubblica la notizia, il direttore generale della X-Site Doug Sparrow è stato contattato dalla stampa, a cui si è però negato, rilasciando come unica dichiarazione un “io non c’entro nulla con la diffusione di queste immagini”. Nuovamente sollecitato sugli estremi per un caso di pedo-pornografia ha aggiunto “Greta non è una bambina, ha 17 anni”.

La polizia canadese che ha preso in carico le indagini formulando inizialmente come ipotesi di reato la pedo-pornografia e l’istigazione alla violenza ha dichiarato infine che non sussistono gli estremi per considerare l’accaduto un reato. “La polizia di Alberta non ritiene che il fatto costituisca un reato, pertanto non commenterà ulteriormente le indagini”.

Quanto successo è formalmente agghiacciante su una molteplicità di piani che forse occorre prima di tutto enumerare. 

Un primo piano riguarda la sessualizzazione del “nemico”, possibile perché in questo caso è una ragazza. C’è l’uso dello stupro – rappresentato, evocato e istigato – come arma. C’è l’uso dello stupro – rappresentato, evocato e istigato – come arma sul corpo di una ragazza minorenne. C’è l’uso dello stupro come arma di una multinazionale del petrolio contro un’attivista per il clima. C’è il ricorso all’esasperazione delle dinamiche di cyber-bullismo con la diffusione di materiali attraverso le chat. E infine c’è la posizione delle forze investigative che annulla tutti questi piani, imponendo il silenzio sulla vicenda.

Non è possibile stilare una gerarchia dei vari livelli su cui l’attacco a una giovane ragazza, colpevole di aver mobilitato centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo per una causa comune, viene condotto dal (o nel nome di) colosso petrolifero, ma la sovrapposizione di ciascuno di questi piani aiuta a tracciare un quadro complesso – e spaventoso – del mondo in cui ci viviamo.

Ancora una volta assistiamo alla solida accoppiata capitalismo e patriarcato, ancora una volta possiamo notare come la devastazione ambientale passi anche attraverso l’oppressione dei corpi, dove l’attacco a un’attivista per il clima passa prima per il fatto che sia donna e in quanto tale vada stuprata così da tapparle la bocca.

La mano di un uomo eternonormato, privilegiato che spadroneggia sull’ambiente e sui corpi altri. 

Il Cyberbullismo e violenza degna delle peggiori destre, che abbiamo al governo in giro per il mondo e la sessualizzazione del corpo di una ragazza minorenne, che ha deciso un venerdì mattina di alzarsi e opporsi ai veri colpevoli del cambiamento climatico che credono di poter decidere della riproducibilità della vita umana, è qualcosa non solo di inaccettabile ma è anche l’ennesimo segnale della violenza sistemica e strutturale che continua a perpetrarsi nei confronti del genere femminile e nei confronti di chi decide di lottare per un altro mondo possibile.

Questo è l’ennesimo episodio che ci fa capire quanto sia importante parlare di intersezionalità delle lotte: violenza ambientale e violenza di genere hanno lo stesso comune denominatore, il capitale, colonizzatore di corpi e territori che decide che chi combatte per la giustizia sociale e climatica possa essere rimesso in riga attraverso lo stupro. Nonostante le differenze, l'episodio non può non ricordare quanto, quattro anni or sono, è accaduto a Berta Càceres, un'attivista honduregna ammazzata in casa sua per essersi opposta a diverse grandi opere. La sua morte risale al 2 marzo 2016, ma ad oggi i responsabili e i mandanti sono ancora impuniti.

L’adesivo in questione, dunque ci mostra due facce della stessa medaglia e ci conferma ancora una volta che l’unica risposta che si possa dare ad un gesto simile sia la liberazione di quello che l’uomo bianco borghese ed eteronormato considera terreno di conquista a servizio del capitale del proprio guadagno.