ATENE. «Che vengano tutti a salutare mio figlio», aveva chiesto il padre del 34enne metalmeccanico antifascista e rapper Paulos Fyssas, assassinato in un agguato da un neonazi di Alba Dorata mercoledì notte vicino al Pireo. E in centinaia hanno riempito ieri mattina l'isolato cimitero di Sxistos, in una delle più povere e abbandonate periferie delle aree metropolitane del Pireo e Atene.
Non solo giovani, ma di tutte le età. Hanno cantato due delle canzoni
preferite da Paulos e lo hanno salutato con un caloroso applauso,
lacrime, pugni chiusi e slogan antifascisti. Poi si sono dati
appuntamento a Keratsini, il quartiere dove è stato assassinato Paulos:
per ritrovare anche tutti quelli che non sono andati al cimitero
blindato da polizia e celerini, forse per non essere identificati dopo
gli scontri della notte precedente ( 65 fermi, 23 tramutati in arresti).
Arresti che probabilmente hanno scoraggiato chi voleva esprimere di
nuovo la sua rabbia nel quartiere. C'era anche un altro appuntamento nel
vicino quartiere di Nikaia, dove il leader nei neonazisti voleva fare
un comizio.
Chi era il killer? «Non lo conosciamo, non lo abbiamo mai
visto. Può darsi che sia un super folle», aveva detto mercoledì sera in
parlamento il portavoce di Alba Dorata, Xristos Pappas. Peccato però
che il killer Giorgos Roumpakias non sia riuscito a convincere nessuno
di non appartenere all'organizzazione criminale. Ci sono innumerevoli
fotografie della sua partecipazione attiva a tutte le iniziative dei
neonazisti. Un suo amico ha anche detto che Roumpakias dipendeva
economicamente da Alba Dorata: lavorava nel bar della sede, insieme a
moglie e figlia. Poumpakias è caduto in continue contraddizioni. Lo ha
smentito perfino sua moglie che pure, con le sue dichiarazioni, aveva
cercato di depistare le indagini, al pari del presidente di Alba Dorata
del Pireo (che dovrà spiegare ai giudici il possesso di un manganello
elettrico pieghevole sequestrato nella sede del partito). Convocato ieri
dai giudici anche un altro esponente di Alba Dorata, che aveva in casa
delle armi. Un altro «super folle», che però aveva lavorato come autista
del «duce» Mixaloliakos.
Quest'ultimo si è astenuto dall'organizzare l'assemblea che aveva
annunciato a Nikaia, a due passi da Keratsini. La polizia aspetta di
avere tra dieci giorni i tabulati delle comunicazioni intercorse tra le
persone implicate, e le informazioni del centralino delle ambulanze, per
verificare se ci sia stato qualche ritardo nei soccorsi. Si saprà forse
allora chi ha chiamato con il cellulare da dentro la caffetteria la
squadraccia dei nazisti e il suo killer. Un testimone ha dichiarato che
poliziotti della squadra mobile della Dias erano sul posto anche prima
dell'accaduto, ma si sono astenuti da qualsiasi intervento.
Testimonianza smentita dall'ufficio stampa della polizia greca.
Mercoledì sera, la polizia e i celerini erano però «accompagnati» a
Keratsini da «cittadini infuriati» contro i dimostranti.
Il primo
ministro greco Samaras ha dichiarato che il suo governo «non intende
permettere ai discendenti dei nazisti di avvelenare la società, di
terrorizzare e di minare le fondamenta del paese che ha partorito la
democrazia». Da maestro della teoria degli opposti estremismi, Samaras
ha esortato a «evitare le dichiarazione incendiarie e le violenze, da
qualsiasi parte provengano». Il crimine però è già stato commesso e
sulla sua firma non vi sono dubbi.