I Comuni italiani e il loro indebitamento - Il caso della città di Parma

14 / 4 / 2017

Prosegue il mini-ciclo di articoli (leggi qui la presentazione) dedicato all’indebitamento dei comuni italiani, curato da Francesco Silvi (economista e collaboratore di Globalproject). Il secondo approfondimento è dedicato al caso di Parma.

I Comuni italiani hanno subito una profonda trasformazione a partire dagli anni ’90. Si è passati da una forte dipendenza dallo Stato centrale a una maggiore autonomia dei Comuni stessi che hanno avuto una maggiore scelta su come spendere le proprie risorse e la possibilità di modificare le imposte locali.  La riforma costituzionale del Titolo V del 2001 è stato il momento più alto della transizione verso il federalismo e la sua attuazione ha segnato gli anni successivi. Come abbiamo raccontato nei primi due articoli della rassegna[1], ciò ha riguardato anche la possibilità da parte dei comuni di indebitarsi e di ricorrere ai mercati finanziari.

Nello stesso periodo è stato avviato anche un processo di trasformazione e privatizzazione delle aziende municipalizzate e dei servizi pubblici locali. La legge 142/1990 ha dato la possibilità di gestire i servizi pubblici locali tramite le aziende speciali, mentre nel 1997, con la legge 127 “Bassanini bis”, è avvenuta la cosiddetta privatizzazione formale accompagnata da agevolazioni fiscali per i Comuni che costituiscono le Società per azioni per la gestione dei servizi pubblici. Così, oltre alla privatizzazione delle modalità di reperimento e di gestione del capitale pubblico si è assistito anche alla privatizzazione delle modalità di erogazione dei servizi pubblici e dell’organizzazione del lavoro dei Comuni.

Anche il Comune di Parma, come Roma, ha avuto una stagione di indebitamento, scandali giudiziari e arresti in Municipio, tanto da subire un commissariamento nel 2011. In questo caso è interessante osservare come l’indebitamento e la corruzione abbiano avuto origine dalla privatizzazione delle municipalizzate e dalla costituzione di Società per Azioni per la gestione e la valorizzazione dei beni patrimoniali, portando le finanze comunali al dissesto. In particolare tramite i debiti fuori bilancio prodotti dalle società S.p.A. del Comune.

Un esempio è la Parma Infrastrutture S.p.A. che ha il compito di valorizzare il patrimonio immobiliare comunale, ma negli anni ha avuto bisogno di continue iniezioni di capitali da parte dell’amministrazione municipale la quale, per fare cassa, ha dovuto vendere le proprie quote azionarie della IREN S.p.A, la società che gestisce i servizi idrici, energetici ed elettrici della città, compreso l’inceneritore. Ma il caso di maggiore rilevanza è quello della Spip S.p.A. che si è trovata in una situazioni di grave insolvenza. Tramite un complesso meccanismo di compravendita di terreni questa società, partecipata dal Comune, ha permesso ad alcuni privati di realizzare ingenti plusvalenze mentre aumentava il proprio debito e quello delle sue controllate con il sistema bancario. Da questa vicenda sono partite le azioni della magistratura.

Movimenti e associazioni cittadine hanno praticato dal basso un audit del debito della città, legandolo ad una mobilitazione forte che ha tenuto insieme la lotta sul tema ambientale, contro la costruzione e l’attivazione dell’inceneritore, con la lotta contro la svendita dei beni cittadini. In questo contesto è avvenuta la vittoria di Pizzarotti, primo sindaco M5S di un capoluogo. Dimenticando le promesse della campagna elettorale, il sindaco non ha avuto la forza di spegnere l’odiato inceneritore ed ha lavorato alla riduzione del debito delle partecipate tramite l’aumento delle aliquote delle imposte locali, delle tariffe dei servizi e l’esternalizzazione dei servizi.

In questo modo nel Comune di Parma, partendo dalle municipalizzate e dal patrimonio pubblico, si è costruito un ciclo di privatizzazione a favore della rendita urbana che ha creato un forte indebitamento e la realizzazioni di ingenti profitti (anche tramite l’inceneritore) e l’esternalizzazione dei servizi. Un processo di tale portata, di certo, non può essere contrastato con il mantra della legalità e il semplice riordino dei bilanci, ma è necessario un cambio radicale dell’intero modello di gestione degli enti locali.


[1] I comuni italiani ed il loro indebitamento