I dieci siti per l'avventura nucleare

12 / 9 / 2009

Monfalcone [Gorizia], Scanzano Jonico [Matera], Palma [Agrigento], Oristano, Chioggia [Venezia], Caorso [Piacenza], Trino Vercellese [Vercelli], Montalto di Castro [Roma], Termini Imerese [Palermo], Termoli [Campobasso].

Sarebbero questi i siti individuati dal governo per realizzare le centrali nucleari.

E’ di oggi la notizia che il governo avrebbe individuato dieci aree per la realizzazione delle centrali nucleari in Italia. L’elenco, riportato da Metro, comprende: Monfalcone [Gorizia], Scanzano Jonico [Matera], Palma [Agrigento], Oristano, Chioggia [Venezia], Caorso [Piacenza], Trino Vercellese [Vercelli], Montalto di Castro [Roma], Termini Imerese [Palermo], Termoli [Campobasso].

Il documento riservato del ministero delle sviluppo economico, alla fonte della notizia, indicheerebbe anche come principali criteri di scelta dei siti la vicinanza al mare e a una centrale elettrica.
Dieci siti fra cui scegliere i più «idonei» per realizzare le quattro centrali di cui parla da tempo il ministro dello sviluppo economico, Claudio Scajola, o per un numero superiore? La domanda è lecita, almeno sulla carta, perché le quattro centrali annunciate sono già state appaltate al raggruppamento Enel – Edf [Electricité de France], con tecnologia francese. Ma il ministro ha in programma un viaggio negli Stati uniti, il prossimo 28 settembre, per sottoscrivere l’accordo industriale per produrre energia nucleare concordato a maggio, in occasione del G8 sull’energia a Roma. Comprende la formazione del consorzio fra l’Ansaldo e la società nippo-americana Toshiba-Westinghouse, per costruire centrali nucleari in Italia. Ansaldo smentisce, ma conferma di essere in gioco nella partita nucleare italiana. Edison, da parte sua, protesta per essere stata finora esclusa. Quindi, sempre sulla carta, le centrali potrebbero essere non solo quattro, più il sito unico per lo stoccaggio di tutte le scorie?

Comunque, stando agli annunci da Scajola, verrebbero utilizzate sia la tecnologia francese Epr sia la diretta concorrente americana, Westinghouse. Ma ambedue di terza generazione, cioè quella tecnologia vecchia, pericolosa e costosa, che continua a produrre scorie che nessun paese è in grado di trattare né di stoccare definitivamente in sicurezza. Gli ultimi impianti di terza generazione realizzati in occidente risalgono agli anni ’80, mentre nei successivi anni ’90 li hanno costruiti solo in Giappone e in Corea. Poi basta, perché nessuno li vuole più. Salvo qualche paese del sud del mondo. Per i reattori di quarta generazione, potenzialmente sicuri, c’è da aspettare almeno altri venti anni.

E c’è già fermento sui territori, a partire da Scansano Jonico [Matera], dove il precedente governo Berlusconi aveva annunciato la costruzione del sito unico di stoccaggio delle scorie radioattive italiane provocando la rivolta popolare e la completa marcia indietro dell’allora ministro dell’ambiente Altero Matteoli. Lì i comitati noscorie non hanno mai smesso di lavorare. Non staranno certo a guardare le popolazioni e gli enti locali di Caorso e di Trino Vercellese, che non ne possono più di convivere con le centrali vecchie centrali nucleari chiuse, ma non spente né smantellate, diventate depositi di stoccaggio delle scorie prodotte nel corso della loro breve attività. 

Né sarà semplice convincere Monfalcone, fresca di battaglia contro il rigassificatore e dove contro la «candidatura» atomica si sono espressi ambientalisti, politici e cittadini. Insomma, se si dovesse passare realmente dalle parole ai fatti, non sarebbe facile per il governo far accettare localmente queste decisioni, prese per di più in modo autoritarie e magari sostenute con la forza militare.

Fra tanti annunci e indiscrezioni, però, resta un dubbio decisivo: chi investe miliardi di euro in una partita in perdita come è, certamente, quella delle centrali di terza generazione? Il dubbio è che gli unici soldi promessi siano quelli pubblici, considerando che Ansaldo è del gruppo Finmeccanica, per oltre il 30 per cento di proprietà del ministero dello sviluppo economico, e che anche il 30 per cento del capitale di Enel è pubblico. Non a caso lo stop più vigoroso alle mire nucleari di Scajola è arrivato dal suo collega all’economia, Giulio Tremonti.

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