Dirigenti del ministero inquisiti, un sistema di consulenze e fondi pubblici che non ha portato alla bonifica di nessun territorio. In che mani sono le bonifiche in Italia?

Il businness delle bonifiche

di Antonio Musella

29 / 4 / 2013

Le Storie di Veleni che anche in questa rubrica raccontiamo ci dicono chiaramente che in Italia è necessaria una enorme bonifica del territorio. La cabina di regia di questa enorme opera è nelle mani del Ministero dell’Ambiente. Ma sono mani sicure? Direttori generali del Minambiente finiti sotto inchiesta per disastro ambientale, altri che non hanno controllato le aziende che operavano nelle bonifiche. Siamo sicuri che le bonifiche non siano un settore dove perdurino cattivi costumi e malaffare? A rimetterci, come sempre, è la nostra salute ed il nostro territorio.

 

Il “metodo Mascazzini”

Gianfranco Mascazzini è stato lo storico direttore del Ministero dell’Ambiente. Per decenni cambiavano i ministri di diverso colore politico, ma lui, nel suo ufficio al Ministero di Viale Cristoforo Colombo restava sempre al suo posto fino alla pensione nel 2010. Il suo nome è al centro di numerose inchieste. Inchieste sporche che parlano di inquinamento infame. Come quella della Procura della Repubblica di Napoli sullo smaltimento del percolato prodotto nelle pessime discariche campane che veniva sversato nei depuratori che sfociavano direttamente in mare. Inchiesta nella quale Mascazzini risulta essere un cinico deus ex machina. << A Terzigno portateci i rifiuti più puzzolenti tanto è gente da quarto mondo>> così nelle intercettazioni telefoniche l’ex direttore del Ministero. Ma il manager è coinvolto anche in inchieste sugli sprechi di denaro pubblico come quella della Procura della Repubblica di Udine sugli sperperi per la bonifica dell’area lagunare di Marano e Grado. Lo avevano anche nominato commissario straordinario per la rimozione delle macerie del terremoto de L’Aquila. Per un giorno. Infatti poche ore dopo aver ricevuto l’incarico fu arrestato su mandato della Procura di Napoli.

Tra il 2007 ed il 2010, periodo in cui Gianfranco Mascazzini è ancora direttore generale del Ministero dell’Ambiente, vengono pianificate le bonifiche più importanti della storia recente del paese. I siti più devastati dall’inquinamento, quelli in cui il danno per la salute del territorio e dei cittadini è molto compromessa. Opere decisamente dispendiose. E’ il caso del litorale domitio tra Napoli e Caserta, con l’area del giuglianese e le famose discariche Resit 1 e Resit 2 in cui sono stati sversati per anni rifiuti tossici tanto che per i tecnici della Procura della Repubblica di Napoli dal 2064 l’acqua di quel territorio non sarà più potabile a causa dell’inquinamento irreversibile delle falde. Sempre in Campania viene programmata la bonifica della discarica di Pianura e quella di Napoli Est dove la presenza delle raffinerie di petrolio hanno inquinato profondamente i suoli. Ed ancora la collina di Pitelli a La Spezia con le sue quattro vasche dove sono stati interrati veleni derivanti dalla produzione di armi, la darsena del porto di Taranto, l’area lagunare di Marano e Grado in Friuli, l’area ex Sisas nei comuni di Pioltello e Rodano in provincia di Milano, la Valle del Basento in Basilicata ed altri ancora. Siti che vengono definiti S.I.N. – siti di interesse nazionale – rispetto ai quali viene considerata di somma urgenza la bonifica, sono 57 e sono stati costituiti dal decreto Ronchi n.22 del 1997. In quei due anni vengono realizzati accordi di programma e protocolli di intesa tra il Ministero e le Regioni ed i Comuni interessati, sotto l’attenta regia tecnica di Gianfranco Mascazzini. Secondo i dati del Ministero dell’Ambiente l’ammontare complessivo di questi lavori è pari a diverse centinaia di milioni di euro. Lavori vengono affidati tutti ad una unica società, la Sogesid. Una società pubblica, infatti le quote della spa sono controllate dal Ministero dell’Ambiente. Le più grandi opere di bonifica del paese passano per l’affido diretto da parte del Ministero ad una sua stessa società. Mascazzini ha prima pianificato la spesa da direttore del Ministero per sedersi poi comodamente nel ruolo di consulente della Sogesid, come lui stesso ha ammesso in una delle tante audizioni a cui è stato sottoposto dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Sebbene la Sogesid sia una azienda pubblica è quanto mai singolare che colui il quale aveva apposto la sua firma ai principali incarichi forniti all’azienda ne diventi poi consulente.

Affidi diretti. Ma a spigarci il perché è proprio Gianfranco Mascazzini. Durante la sua audizione alla commissione parlamentare di inchiesta sui rifiuti il 12 aprile del 2011, all’onorevole del Partito Democratico Alessandro Bratti che gli chiedeva se non ci fosse stata qualche forzatura nei continui affidi alla Sogesid, Mascazzini spiega la sua filosofia. <<Reputo fondamentale l’intervento in house. Come si fa ad immaginare che qualcuno faccia un operazione così complessa? Come si fa ad immaginare che non sia lo Stato? Vi immaginate le mani della camorra nello smaltimento delle macerie de L’Aquila?>>. Il deputato Bratti controbatte << Ma non mi venga a dire che la Sogesid è l’unica al mondo in grado di fare questo lavoro>>, Mascazzini risponde accorato <<No, ma Sogesid è lo Stato!>>. Il punto non è che l’intervento di bonifica dei territori venga effettuato dallo Stato. Tutt’altro, potrebbe, come suggerisce Mascazzini, essere di garanzia per i cittadini. Ma mentre dei 57 S.I.N. solo uno è stato bonificato, la Sogesid ha speso solo nel 2012 anno la bellezza di 4,3 milioni di euro in consulenze esterne, ovvero in incarichi come quello elargito allo stesso Mascazzini dopo il pensionamento dal Ministero. La stessa Sogesid compie incarichi di progettazione e studi di fattibilità per conto del Ministero che dovrebbero invece essere svolti da altri organismi statali come l’ISPRA – Istituto Superiore per la Ricerca Ambientale – o le Agenzie regionali per l’ambiente.

Dal 2009 al 2011 la Sogesid ha beneficiato complessivamente di 426 milioni di euro per studi, progetti e tutto quello che rientrava nella filosofia di Gianfranco Mascazzini, il quale individuava i siti da bonificare ed i metodi di bonifica, ma prima della loro realizzazione le casse della Sogesid dovevano essere ben foraggiate. In cinque anni – 2008/2012 – un solo sito bonificato e quasi 500 milioni di euro di fondi messi a disposizione con una spesa molto rilevante per consulenze ed affini.
Le bonifica dei territori è nelle mani di Sogesid e dello Stato, ma chi ci salverà dai manager pubblici? I magistrati infatti indagano su una serie di frodi che vedono sotto accusa proprio il “metodo Mascazzini”. E’ il caso della bonifica di Marano e Grado in Friuli, l’ex area della industria Caffaro che ha inquinato il territorio con le sue attività. Secondo i magistrati i lavori di bonifica sarebbero eccessivamente costosi quanto scadenti ed inefficaci. Uno degli esempi è il “sarcofago” subacqueo che i sommozzatori dei Carabinieri hanno constatato essere forato e danneggiato pochi anni dopo la sua installazione. Altro esempio è il recente scandalo della bonifica dichiarata ma mai effettuato dell’ex area Italsider di Bagnoli. Anche in questo caso la regia per la bonifica di quell’area, definita dal Ministero come S.i.n. Bagnoli-Coroglio, era sotto la supervisione di Mascazzani che risulta tra gli indagati da parte del pool di giudici della Procura di Napoli che indaga su Bagnoli. Mentre i tecnici sostenevano di aver effettuato la bonifica dell’area delle ex acciaierie, la realtà dei fatti ci racconta di una semplice movimentazione del terreno. Azione che non solo non ha per nulla significato la bonifica del sito – per la quale diversi metri di terreno in profondità devono essere esportati e smaltiti come fanghi inquinanti – ma ha peggiorato la situazione liberando gli agenti inquinanti nell’aria e nel terreno circostante.   

 

Bonifiche businness internazionale

Quando non ci si affida al pubblico spesso le cose vanno addirittura peggio. Ma sempre con lo stesso esito, bonifica non effettuata o un nuovo disastro ambientale proprio lì dove si doveva sanare. E’ il caso della bonifica dell’area ex SISAS di Pioltello e Rodano in provincia di Milano. Lì per smaltire la fuliggine, i fanghi pericolosi ed il nerofumo, provenienti dall’area da bonificare, ci si è rivolti ad una azienda Spagnola la Befesa che avrebbe dovuto lavorare questi rifiuti per renderli non nocivi presso i suoi impianti di Nerva in Andalucia. Invece nelle discariche della Befesa le terre di bonifica finivano così com’erano senza nessun trattamento. Un territorio da sanare nel Nord Italia ed i suoi veleni spostati a Sud della Spagna. Commissario straordinario per la bonifica di Pioltello e Rodano, ovvero colui che avrebbe dovuto vigilare sull’operato della Befesa, è l’avvocato Luigi Pelaggi, erede di Mascazzini nel ruolo di direttore tecnico del Ministero dell’Ambiente, nonché membro del cda di Sogesid e di Acea. Alla commissione di inchiesta sui rifiuti che si è occupata del caso della bonifica di Pioltello e Rodano, Pelaggi ha assicurato che da parte italiana tutto è avvenuto secondo le norme. A curare lo smaltimento in Italia è la Daneco, ditta che spesso si ritrova nelle vicende legate ai rifiuti nel nostro paese. La procura della Repubblica di Milano ha aperto un inchiesta sul caso Pioltello-Rodano mettendo sotto inchiesta anche Luigi Pelaggi per una presunta tangente pagata dalla Daneco al direttore del Ministero. Lo stesso Pelaggi è indagato anche dalla Procura di Napoli nell’inchiesta sul SISTRI, il sistema di monitoraggio e tracciabilità dei rifiuti industriali, che si concentra sul sistema di subappalti messo in piedi dalla concessionaria Selex – di proprietà di Finmeccanica – guidata da un amico di vecchia data di Pelaggi, Sabatino Stornelli. Un inchiesta questa, che si intreccia anche con quella sulla P4 che segue il filone Bisignani – Milanese. Pelaggi è stato anche consulente della Selex di Stornelli, nonché responsabile degli affari pubblici della Pirelli Real Estate. Insomma uomo dai grandi affari e dalle tinte fosche che proprio recentemente ha visto l’esecuzione di una raffica di arresti. Un a rete nella quale è finito anche l’ex sottosegretario Malinconico. Ma il nome di Luigi Pelaggi compare anche in quello che è stato il caso dell’Ilva di Taranto. Dopo la prima inchiesta della procura, alla metà di agosto emerge una inchiesta bis che riguarderebbe le modalità di svolgimento dei sopralluoghi della commissione tecnica che deve valutare le emissioni della fabbrica. Nelle intercettazioni agli atti dell’inchiesta, l’avvocato esterno dell’Ilva, l’avvocato Perli di Milano, comunica al ragionier Fabio Riva dell’Ilva, che ha incontrato Pelaggi rispetto alle visite della commissione. Perli riferisce quanto riportato da Pelaggi ovvero che la commissione ha accettato il 90 per cento delle loro osservazioni e la visita riguarda il 10 per cento restante. Perli aggiunge che non avranno sorprese e comunque la visita della commissione in stabilimento va un po’ pilotata.

 

Declassamento dei S.i.n e chiusura di Sogesid.

Il 18 luglio scorso nel presentare il decreto sulla spending review il Ministro dell’Ambiente Corrado Clini ha annunciato la chiusura della Sogesid entro il 31 dicembre 2013. Per il Ministro c’è da prevedere un commissariamento come fase transitoria prima della chiusura. Oltre al danno di aver speso centinaia di milioni di euro per progetti e studi vedendo la bonifica di solo uno dei 57 siti di interesse nazionale da liberare dai veleni ci sarà la beffa per i cittadini di non avere più il soggetto attuatore. Con la chiusura di Sogesid infatti verrà a mancare chi deve fare le bonifiche con un prevedibilissimo ritardo ulteriore delle procedure di bonifica. Appare infatti improbabile che la Sogesid svolga in un solo anno quello che non ha fatto dal 2006 ad oggi, ovvero da quando ha cominciato a riceve gli incarichi per le bonifiche dei S.i.n. Le bonifiche dunque resteranno ferme.

Sembre l’ex Ministro Corrado Clini nei primi giorni del 2013 ha provveduto con apposito decreto alla derubricazione di alcuni S.i.n. Alcune zone – diciotto in tutto – hanno perso lo “status” si S.i.n. e la competenza per la loro bonifica è passata alle Regione. Bisognerà capire come gli enti locali interverranno nella bonifica di questi luoghi, molti dei quali già attenzionati dal sistema “Mascazzini/Pelaggi – Sogesid”. Resta incerta infatti la disponibilità economica degli enti locali per la bonifica degli ex S.i.n. Cosi’ come non è chiaro che fine faranno gli altri S.i.n. su cui la Sogesid stava lavorando, quando la stessa società alla fine dell’anno sarà sciolta. Di certo Corrado Clini potrà dire che non si era accorto di nulla mentre i colleghi direttori Pelaggi e Mascazzini operavano in quel modo. Eppure era tutto sotto i suoi occhi. Corrado Clini infatti prima di fare il ministro era dirigente del Ministero dell’Ambiente, collega a pari grado dunque di Mascazzini e Pelaggi. Uno che la sapeva lunga probabilmente. Secondo una recente rivelazione del settimanale “L’Espresso” dai file resi pubblici da parte di Wikileaks, Corrado Clini veniva considerato dall’amministrazione Usa e dal dipartimento di stato americano, “l’uomo in grado di spostare la posizione dell’Italia su quella degli Stati Uniti in merito ai rispetto dei parametri del protocollo di Kyoto”.
Belle gatte da pelare per il neo ministro Andrea Orlando che quanto prima dovrà esporre un piano proprio su questi temi.

In Italia c’e’ un’emergenza bonifiche senza precedenti. Un’emergenza che da un lato tutti sottacciono, dall’altro in molti hanno usato per costruire un andamento della spesa pubblica che quando non è stata criminale – ma su questo si esprimerà la magistratura – è quando meno anomala.
Intanto qui si muore. Il nostro territorio è pesantemente inquinato da un modello si sviluppo industriale intensivo ed inquinante che ha avvelenato i territorio. Le bonifiche sono la sola cura per fermare il biocidio.

Antonio Musella, ha 32 anni, napoletano, è giornalista ed attivista. Collabora con il giornale on-line Fanpage.it e con il settimanale Left. Autore dei volumi "Mi Rifiuto" (Sensibili alle foglie, 2008) e "Chi Comanda Napoli" con Giuseppe Manzo (Castelvecchi, 2012). E' attivista della Rete Commons - rete dei comitati per i beni comuni di Napoli e Provincia.

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