Tratto da MicroMega

Il capitalismo del futuro anteriore. Il caso Parma

Una città sommersa da 1,2 miliardi di debito, quasi tutto causato da una gestione privatistica dei beni comuni e dei servizi pubblici attraverso lo strumento del "project financing". Parma è un caso paradigmatico della deriva sempre più oligarchica e postdemocratica del neoliberismo.

12 / 6 / 2012

di Marco Adorni e Michele Guareschi

Tutti i cittadini hanno il dovere

di essere fedeli alla Repubblica

e di osservarne la Costituzione e le leggi.

I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche

hanno il dovere di adempierle con disciplina

ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge

(Costituzione della Repubblica italiana, art. 54)

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Il tempo del capitalismo finanziario e della fabbrica sociale produttrice del nuovo alienato, l’individuo debitore, si declina al futuro anteriore, il tempo dell’inquietudine, in quanto figlio di uno spiazzamento, di una dislocazione: infatti considera eventi già avvenuti in un tempo futuro. In questa prospettiva s’inserisce anche la precarizzazione della vita delle comunità locali, sottoposte alla privatizzazione delle risorse comuni, degli spazi e dei servizi, nonché a policies making dipendenti quasi interamente dall’aleatorietà dei valori del mercato immobiliare e finanziario.

La finanza di progetto è la rappresentazione perfetta di questa pericolosa dipendenza finanziaria delle singole comunità a opere date per completate in un prefissato tempo futuro ma valorizzate capitalisticamente come tali nel tempo presente. E la finanza di progetto non è né una mera tecnica o un semplice strumento finanziario bensì una compiuta modalità di realizzazione, gestione e finanziamento di progetti complessi, caratterizzati da elevati fabbisogni finanziari iniziali e dalla possibilità di ripartire i rischi sui soggetti partecipanti.

In Italia, il project finance è stato applicato alle grandi opere, in particolare alla realizzazione delle linee ferroviarie ad alta velocità (il Treno ad alta velocità, Tav), favorendo la nascita di un vero e proprio modello Tav, impostosi come punto di riferimento degli amministratori di enti locali italiani. Il modello permette di ottenere linee di credito bancario dando in garanzia i beni pubblici e di scaricare i costi – debito e interessi passivi – all’esterno in modo da aggirare i vincoli imposti dal patto di stabilità; un’esternalizzazione garantita dalla creazione di società veicolo (special purpose vehicle), società per azioni a capitale misto (e ovviamente a scopo di lucro), la cui attività consiste nella realizzazione e la gestione delle opere. Le special purpose vehicle sono le antesignane delle società di scopo, quelle società miste (a capitale pubblico e privato) nate per «realizzare scopi specifici di interesse pubblico»[1] e destinate a scomparire una volta portata a termine l’opera per la cui creazione sono state fondate.

Il modello Tav si è imposto anche a Parma, essendo stato adottato dalle giunte cittadine a partire dal 1998, con la realizzazione di un sistema di società di scopo – in gran parte costituite come Società di trasformazione urbana (Stu) – e guidato, a partire dal 2009, da una holding pubblica, la Società di trasformazione territoriale (Stt). Il modello Tav parmigiano è stata la costruzione ideale dei sogni di grandezza delle giunte di Elvio Ubaldi e Pietro Vignali (Parma come capitale europea), una costruzione rivelatasi fallimentare. Dopo l’emersione dello scandalo Green money2 della scorsa estate, la cittadinanza ha manifestato la propria indignazione (24 giugno-26 settembre), attraverso ripetute mobilitazioni della «Piazza», cui hanno fatto da corollario le dimissioni del sindaco Vignali. Il punto, però, è che, ripercorrendo i fatti, si vede come, di occasioni per indignarsi, ce ne siano state molte di più. Ed è stata la somma di quelle ad aver creato un sistema gelatinoso di clientele e di elusione del controllo democratico, che è la vera causa delle situazione attuale di Parma. Quella, cioè, di una città sempre più povera e sempre meno europea.

Lo snodo critico essenziale della nostra analisi non si colloca nel regno della denuncia dei comportamenti illegali di alcuni soggetti o enti. Perché ciò che occorre sapere è che le cause scatenanti del debito non sono legate a comportamenti illegali. La creazione dei mostri giuridici di spa chiamate a operare in nome dell’interesse generale, è consentita dall’ordinamento italiano ed europeo. Ma è proprio qui, allora, il problema. Il problema è la natura di quel modello. Questa analisi assume, dunque, immediatamente, una dimensione politica nella misura in cui s’incarica di fornire una descrizione di quel modello e di fornire quegli strumenti teorici e di conoscenza necessari ad avere coscienza della necessità di difendere i beni comuni materiali (suolo, acqua, aria, denaro pubblico) e il comune dei beni comuni: una democrazia autentica, quella della partecipazione – equa, libera e diretta – alle decisioni collettive.[Continua...]