Doveva esserci uno sciopero e non c'e' più.

Il carcere ai giornalisti e la categoria senza sindacato

di Giuseppe Manzo

26 / 11 / 2012

Carcere ai giornalisti, vendetta è fatta. Senatori e partiti hanno chiuso il cerchio per colpire quel po’ di libertà di stampa rimasta nel nostro Paese. Il capovoloro, poi, è quello di salvare i direttori di testata e riversare tutti gli effetti di una querela al cronista. Fermo restando che un risarcimento di 30-50mila taglia le gambe e intimorisce il lavoro di un reporter, la misura della galera è un messaggio chiaro dei poteri forti: è consentito solo seguire il modello Porta a Porta, al massimo Ballarò, e basta. Come mai si è arrivati a questo punto? In realtà la clava della querela è gia usata ampiamente e spesso viene utilizzata dalle mafie: nel casertano una collega ha collezionato una querela al giorno per i 14 complessivi in cui ha scritto su una famiglia di camorra. Altra novità, invece, è il caso di Amalia De Simone. Il Mattino ha chiesto alla brava giornalista d’inchiesta di pagare l’intera somma (50mila euro circa) di un risarcimento ai danni del giornale. Sul suo caso si è mobilitato il Coordinamento giornalisti precari della Campania, con iniziative pubbliche e raccolta firme consegnato proprio al giornale di Caltagirone. Ebbene, la risposta del direttore Virman Cusenza alla collega è stata tanto placida quanto inquietante: “il problema è al causa di lavoro che ci hai fatto”. La De Simone, infatti, ha terminato il suo rapporto di lavoro col Mattino in tribunale dopo anni da abusiva in redazione. Ecco, morale della favola di querele e carcere per i giornalisti è proprio nel suo esempio: i primi (e probabilmente soli) a pagare, in denaro o con la galera, saranno i precari. Il 70% della categoria è ormai una massa informe da tenere a bada di fronte al percorso di lotta, dalla Carta di Firenze alla legge per l’Equo compenso. Il primo ad aver paura della maggioranza di questa categoria è proprio il sindacato unico. Obsoleta, supina alla Federazione editori e garante di una minoranza, la Fnsi non mostra volontà e capacità di rappresentare una professione ormai complessa, articolata e sfruttata. La clamorosa vicenda dello sciopero del 26 novembre proclamato male e revocato in modo ancor peggiore fa capire la subalternità dei dirigenti sindacali al politica dei palazzi: la concomitanza delle primarie e il pressing di segretari di partito, Fieg e addirittura di Renato Schifani. Che fare? È chiaro che la Rete nazionale dei Coordinamenti è l’unico spazio per costruire una stagione che si avvicini alla rappresentanza sindacale: delegittimare la Fnsi e l’iscrizione al sindacato, organizzare la presenza negli organismi dell’Odg e favorire modelli di informazione indipendente con azioni di mutuo soccorso in caso di querele e risarcimenti. Su queste basi si puo’ aprire un ragionamento per raggiungere l’obiettivo principale: indipendenza dai palazzi del potere e conflittualità con la Federazione degli editori.