Note a margine del caso Ruby

Il controllo dei corpi e i corpi del controllo

di Eleonora De Majo

25 / 1 / 2011

Ecco che ci risiamo. Le schiere si posizionano pronte a scendere in campo. Forse è la resa dei conti nei corridoi di palazzo. O forse semplicemente l'ennesima bolla, che scoppierà nel silenzio di una nuova storia. Il Governo è nuovamente in crisi, ma stavolta non per la spallata finiana, e nè, per come invece dovrebbe essere, a causa dello sfacelo sociale che ha provocato soprattutto negli ultimi mesi nel paese. Il Governo è in crisi perchè  torna la storia di Ruby, torna dopo qualche settimana trasformandosi in vicenda giudiziaria e portandosi dietro la storia di Patrizia Daddario, e soprattutto quella di Noemi Letizia. E allora rieccoci costretti a nascondere, sotto la potenza della spettacolarizzazione dell'intrigo di palazzo, la vita vera e la vicende drammatiche che vive il paese in questa fase di crisi e pauperizzazione incalzante, per ripiombare nella filiera inesauribile della produzione di moralità a buon mercato e di clerico-perbenismo super-partes. La schiere allora si dispongono, e attendono di sostenere questi ennesimi giorni di incertezza e scompiglio-e di ilarità e sgomento internazionale- giocandosi il tutto per tutto.

Da una parte sono puntati i fucili della diffamazione, dell'autoritarismo, dell'imposizione della bugia mediaticamente organizzata, del macismo che si fa luogo comune auto-assolutorio; e dall'altro prende drammaticamente forma una sorta di fronte di liberazione nazionale tutto impregnato di retorica perbenista e che si avvale delle parole dell' "Avvenire" o di quelle di Bagnasco per comprovare il disprezzo verso comportamenti dissoluti ed immorali. In mezzo sta certamente il dibattito sull'etica pubblica, che passa di mano in mano come una patata bollente, inafferrabile almeno quanto la lontananza fattiva di queste categorie, ancora  legate ad una concezione moderna dello Stato, da  un agire quotidiano  che privilegia il particolarismo dell'interesse singolare, e che in nome di questo, sacrifica continuamente vite individuali o storie collettive (come a L'Aquila) e dunque si prende gioco-spesso apertamente- delle fondamenta politiche dell'Etica Pubblica come principio fondante del Governo dello Stato. L'Etica pubblica è una chimera, inadeguata non perchè lo diciamo noi, ma lasciata indietro dalla forma neo-liberista del capitale, dalle governance economiche e finanziarie che travalicano al fine di rafforzare l'impero delle rendite, i confini del pubblico statuale, ed inadeguata sopratutto nell' Italia dalla collusione dello Stato con gli interessi criminali e speculativi. Oggi aizzata a terreno politico di confronto in modo vano e strumentale esemplifica la difficoltà di posizionamento su tale terreno rispetto ad una vicenda così complessa,mostrando che questa va, o andrebbe posta, nei termini che le attengono maggiormente, che non sono né quelli moralisti e clerico-perbenisti, né quelli di un fantasma valoriale strumentalmente presente nei dibattiti pubblici, ma sono quelli del nesso di biopolitica e biopotere, della gestione e del controllo del corpo e della vita tramite il sottile gioco di bisogno e desiderio, feticismo, perversione e consumo morboso di carne e immaginario pop-porno.

Il silenzio imbarazzante che si apre attorno alla vicenda di Ruby, tra la condanna severa del libertinaggio sessuale e la battuta fastidiosamente macista, è quello del punto di vista femminile e singolare di presa d'atto di un'ottica ancora tristemente intrisa di razzializzazione patriarcale che considera la donna come elemento, come cosa utilizzabile anche nei termini dell'arredamento o della produzione di contesti a luci rosse necessari alla costruzione visiva dell'immagine di un sire dalle pretese persiane e dai gusti terribilmente pop. Questo silenzio si trasforma e contribuisce facilmente all'isolamento degli schieramenti di cui sopra, allontanando ogni dibattito vero sulle vicende dei festini di palazzo.

I video delle feste, gli alibi dei tanti leccapiedi del Padrone, le testimonianze delle tante che saltuariamente raccontano un pezzo di una narrazione piena di buchi neri, la telefonata per liberare Ruby ,la palazzina piena di escort, il legame di personaggi come Mora e Fede , raccontano di un manipolo di perversioni e di poteri, intersecati tra loro in modo rozzo e provinciale. Raccontano di un Berlusconi che amava creare attorno a sé un sistema di sottomissione ben pagata e lusingata, tramite l'utilizzo non solo del potere pubblico-politico, ma affiancando questo all'irresistibile fascinazione dell'inesauribile potere economico e della sovranità assoluta entro la città del sole del Bel Paese, il mondo dello spettacolo, il mondo in cui si accede con le gambe lunghe, un bel sorriso ed il petto nudo.

Questa connessione di forme di dominio e di comando differenziate, hanno fatto in modo che il sultano ottenesse la “proprietà” su molti e troppi corpi di donne, di cui non solo comprava la prestazione sessuale, ma anche la venerazione, la cieca servitù libidinale, l'accondiscendenza subalterna al maschile pluri-potente e vizioso . La casa di Arcore come un versione televisiva di salò, è stata terra di esposizione e trionfante edonismo macista protagonista di un gioco di valorizzazione di desiderio e corpo-merce molto complesso. Ecco perché non è solo la prestazione sessuale a dover aprire il dibattito perbenista che alza ed abbassa a piacer d'opinione le lenzuola del lettone della villa, ma è ben altro ciò che dovrebbe provocare la sana indignazione femminile. Nella stanze, nei corridoi, nelle convention e durante la feste private ad Arcore, Villa Certosa o Palazzo Grazioli, le donne e le ragazzine del Presidente, stavano come arazzi settecenteschi alle pareti , come quadri da collezione , poste agli angoli delle stanze, a ribadire in ogni istante l'abbrutimento oggettuale consenziente che certe forme di dominio possono generare. Oggetti di piacere, piacere che sottilmente è anche piacere della conquista e della sottomissione tramite elargizione di beni materiali, piacere maschile e maschilista certo, ma anche spia di una spregiudicatezza delle stesse donne nella disponibilità alla svendita di se stesse per sole garanzie materiali. E da cosa far derivare tale disponibilità alla svendita oggettuale se non da una pervasione dei bisogni e della sfera intima della libido, di miti cangianti della Belle vie, forti al punto da utilizzare il corpo, luogo dell'appagamento,come strumentale eterotopia che sposta fuori di sé il potenziale appagamento si sé, muovendosi sulla stessa spazialità di carne e voluttà, e spostando solo temporalmente il mezzo dal fine di modo che mezzo stesso venga svenduto alla pubblica mercé di chi ne abusa.

Tutto questo castello di illusioni post-moderne, condite di musiche assordanti e di ciance da bar, alberga prepotente sui sentieri schizofrenici della pubblica opinione. Intanto cresce l'insofferenza in un paese di tabù e morti di retorica perbenista, morti di serie B perché esponenti di un sottobosco di marginalità condannata dalla periferia della sua storia. Stefano Cucchi, Federico Aldovrandi, e tutti gli altri cadaveri consegnatici senza vita dalla polizia dopo arresti pretestuosi, indignano certo, ma lasciano ancora lo spazio all'apostrofo perbenista che li accusa sottilmente di appartenere ad una vita diversa e lontana dai fasti della metropoli illibata. Le loro storie aprono invece la contraddizione anche nella storia di Ruby.

La libertà sessuale, il rispetto delle scelte individuali delle donne e degli uomini restano un tema che in questo paese trova l'ostacolo quotidiano di una politica serva del giudizio cattolico, anche qui, non vincolante veramente su di un piano specificamente morale ma sempre su di un piano corporativista e di intrighi di interessi di pezzi delle figure del dominio. La libertà sessuale si trasforma in libertinaggio da sfruttamento nei palazzi del potere costituito, non soltanto per il Presidente del Consiglio, ma per tutta una entourage di oligarchi (basti tornare con la mente alle massaggiatrice di Bertolaso) che sola può permettersi di praticare le proprie spinte libidinali, mentre assedia la vita e i corpi degli uomini e delle donne di questo paese, mentre ne mortifica aspirazioni, bisogni, desideri, e mentre ne limita sempre di più gli spazi di agibilità e i modi di vivere la felicità.

Ecco perchè è necessario non tacere sulle questioni che alimentano l'ennesima posizione scomoda del Premier,non tacere per non cadere nel ricatto tra l'impossibilità di agire e pensare in termini di libertà sessuale ed etica plurale del molteplice, e la difficoltà di assemblarsi al punto di vista perbenista e misticheggiante di parte avversa al Governo.

Ecco perchè è necessario denunciare il sultanato mediorientale libertino e dispotico, autore della chiusura di tutti gli spazi di libertà e dell' apertura di teatrini di oscenità pubblica, di valorizzazione economica ed estetica-oggettuale del corpo femminile, e di un arrogante ed omologante pensiero che difende l'autonomia morale dell'oligarchia, condannando al pubblico ludibrio le scelte ed il quotidiano delle espressioni eccedenti delle forme di vita costitutivamente marginali.