Il danno e la beffa degli "assistenti civici": l’istituzionalizzazione dell'inefficienza delle istituzioni

La riflessione di un* volontar* (attivista!) qualsiasi, mobilitatosi durante l’emergenza a Padova.

25 / 5 / 2020

Dall'inizio della pandemia tantissime realtà sociali e singoli individui hanno messo in moto una macchina solidale probabilmente mai vista prima in questo Paese. Azioni che di fatto hanno sopperito alle carenze strutturali di un sistema di welfare sgretolato da decenni di tagli e privatizzazioni.

Lo abbiamo fatto, senza pensarci due volte

Non c’è stato tempo per porsi troppe domande quando ci siamo resi conto che una fetta consistente della società non aveva i mezzi per sostentarsi a seguito del lockdown imposto per l’emergenza sanitaria. Ci siamo attivati subito, mettendo a rischio in primis la nostra salute personale, oltre che mettendo a disposizione della comunità i nostri spazi, i nostri mezzi collettivi creati in decenni di mutualismo e lavoro delle varie reti territoriali. Niente di strano d'altronde; da sempre - a Padova come in molte altre città - i centri sociali, le polisportive antirazziste, i collettivi studenteschi e di quartiere si battono per un mondo giusto in cui nessun* debba morire di fame o essere posto in condizione di marginalità.

La logistica della solidarietà

Con uno sforzo gigantesco abbiamo utilizzato le nostre capacità organizzative e i nostri corpi militanti per cercare di non lasciare nessun* indietro. Da un giorno all’altro ci siamo ritrovati a gestire aiuti essenziali per migliaia di famiglie, ritrovandoci al centro di un complesso sistema logistico di distribuzione di spese, mascherine, libri, vestiti e chi più ne ha più ne metta.

Ci siamo trasformati tutt* in “riders della solidarietà”, consegnando in bici pesanti pacchi di generi alimentari, sotto la pioggia e sotto il sole, sempre con le mascherine per la paura del contagio nel picco della pandemia. Perché si, non è stato facile, ma qualcun* doveva pur farlo.

Lo abbiamo fatto, ma forse non toccava a noi

Ma sia chiaro. Non abbiamo occupato la Palestra Popolare Galeano per sostituirci a un welfare inesistente che lascia morire di fame famiglie con figli, che lascia per strada senzatetto rilanciando a reti unificate il messaggio “restate a casa”, “andrà tutto bene”. Non tocca a noi questo ruolo. Avere un tetto sopra la testa e un piatto caldo in tavola è un diritto che deve essere garantito dallo stato e che va rivendicato con la lotta e le mobilitazioni, non è qualcosa che può essere scaricata sulle spalle dei “volontari”. Ma noi siamo fatti così. Se c’è un problema delle dimensioni di una pandemia, cerchiamo di risolverlo dal basso, ci mettiamo in gioco a partire da noi stessi, non potevamo (e mai potremo) restare a guardare centinaia di persone morire di fame senza fare nulla.

Il momento della svolta radicale

Ora la situazione (sanitaria) sembra essere parzialmente rientrata, e ci troviamo a ragionare più lucidamente su quello che è successo e sulle mille cose che non funzionavano prima, e che adesso funzionano ancora meno. Purtroppo le famiglie in difficoltà economica c’erano anche prima del Covid-19, la necessità di un reddito universale in grado di risolvere questi problemi alla radice era una nostra battaglia prima della pandemia e lo resta a maggior ragione adesso. Esattamente come il diritto all’abitare. Allo stesso modo i Servizi Sociali largamente sotto-finanziati, la Protezione Civile sempre al minimo delle risorse necessarie, così come sanità, istruzione etc hanno mostrato le loro enormi fragilità in un momento drammatico come questo, proprio adesso che invece servono di più.

Risulta ovvio quindi che, se vogliamo imparare qualcosa da questo disastro per fare un passo avanti e non cento indietro, è necessario ripensare alla radice le politiche di welfare affinché siano più inclusive, efficaci, pronte a rispondere ai reali problemi a cui potremmo andare incontro. Ma qui arriva il bello….

Il danno e la beffa

Ci saremmo aspettat* che la necessità di coinvolgere migliaia di volontari per la distribuzione delle mascherine (che scarseggiano da sempre e dovrebbero essere gratuite per tutt*) avrebbe spinto a una riflessione sull’inadeguatezza dei mezzi a disposizione della protezione civile. Senza di noi le mascherine non sarebbero arrivate a chi di dovere.

Ci saremmo aspettat* che lo stanziamento dei finanziamenti per buoni spesa (che sono stati largamente insufficienti e hanno escluso chi non in regola) facessa fare una riflessione sulla necessità di rivedere i sistemi che sostengono le persone in difficoltà come i Servizi Sociali. Per fortuna, grazie ai volontari, sono stati distribuiti sia i buoni che una marea di spese donate. 

Ci saremmo aspettat*, insomma, che questa fosse l’occasione per invertire la rotta di decenni di tagli al welfare in favore di una riflessione su come creare reali anticorpi sociali per affrontare tutte le difficoltà che larghi strati della popolazione si trovano ad fronteggiare quotidianamente a causa di un sistema economico basato su disuguaglianze e sfruttamento.

E invece no. A qualche giorno dall'inizio della “Fase 2”, arriva la l’assurda proposta  di arruolare 60 mila "assistenti civici" dal ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia, e da Antonio Decaro presidente dell'Anci.

L’istituzionalizzazione dell'inefficienza delle istituzioni

Al contrario, ora ci dicono che dobbiamo arruolarci gratuitamente per rispondere alle loro mancanze. Ci vogliono per “garantire la sicurezza” per “vigilare durante la Fase 2”. Incredibile.

Lo Stato davanti alla sua inefficienza, al posto di cercare di rimediare il prima possibile, delega ai volontari i suoi compiti. Gratis. Bella idea. Oltre ad essere a casa, senza lavoro e senza un euro per fare la spesa, ora dobbiamo pure lavorare gratis per chi ci ha messo in questa situazione.

Un po’ come se si dicesse che mancano gli ospedali per rispondere alla pandemia e si invitassero i cittadini a crearne loro volontariamente al posto che farli realizzare agli enti competenti (chissà, forse si sarebbe spesi meglio i 21 milioni, arrivati per lo più da donazioni, usati per l’inutile ospedale a Expo…). Stessa cosa per i medici e infermieri. Prima si taglia e privatizza la sanità per decenni poi, quando serve, si chiede a professionisti di dare una mano. Ma quando l’emergenza rientra, al posto di rifinanziare la sanità ci troviamo i nostri politici decidono di approfittarne e di estendere la richiesta a tutt* i/le cittadin*, “anche agli anziani”, che al posto di essere protetti vengono sfruttati. Incredibile! Non solo non ci garantiscono la possibilità di ripartire in sicurezza, in più mettono in pericolo i più fragili con la scusa che la colpa è dei giovani. Un capolavoro dell'irresponsabilità istituzionale.

Andiamo a tirare gli scatoloni della spesa sospesa a Boccia e Decaro

Non ci stiamo. Non offriremo “agli enti locali la possibilità di potenziare i controlli nelle strade e aumentare l'assistenza alle categorie più fragili” a nostre spese, no di certo. Avrebbero dovuto farlo loro, e sarà bene che inizino a farlo il prima possibile.

È il momento di prendere gli scatoloni di cartone con i quali abbiamo sopperito alle mancanze dello Stato e tirarli a chi avrebbe dovuto distribuire questi aiuti e non l’ha fatto.

L’assurda retorica di impiegare (gratuitamente) chi ha ricevuto qualche centinaio di euro con il reddito di cittadinanza, insinuando che queste persone dovrebbero “andare a lavorare” invece che ricevere sussidi, al posto di assumere personale qualificato per potenziare enti come la Protezione Civile, Servizi Sociali e sanità pubblica è una vera presa per il culo. Un affronto che non può restare impunito.

Vogliamo un reddito universale affinché nessun* sia costretto in povertà assoluta.

Vogliamo un welfare in grado di “assistere le categorie più fragili”.

Vogliamo una Sanità in grado di assicurarci le Cure di cui abbiamo bisogno.

Vogliamo che vengano prese le giuste misure affinché si possa bere uno Spritz in sicurezza, senza colpevolizzare i giovani.

Vogliamo che la solidarietà e il mutualismo non siano mai confusi con la sussidiarietà.

E tutto questo deve essere fatto dalle istituzioni e da chi le rappresenta. Quest* devono assumersi le loro responsabilità o andare a casa.

In nessun modo questi problemi possono essere scaricati sulle spalle dei solidali, da sempre in prima fila, affinché nessuno rimanga indietro.