Il diritto allo studio nella pandemia

Un contributo del Coordinamento Studenti Medi di Padova su come riempire il vuoto della Didattica a Distanza

4 / 12 / 2020

Come riempire il vuoto della Didattica a Distanza per gli studenti e le studentesse? Come costruire dal basso un’alternativa concreta all’isolamento e all’atomizzazione che questa comporta? Come praticare il diritto allo studio nella pandemia? Il Coordinamento Studenti Medi di Padova propone alcune soluzioni: «a Padova come in molte altre città abbiamo iniziato a presidiare davanti e dentro le scuole seguendo le lezioni a distanza, riappropriandoci degli spazi che dovrebbero essere nostri di diritto e provando a ricreare anche in minima parte le dinamiche di scambio e socialità che da mesi ci vengono negate».

Ieri 4 dicembre è scaduto il dpcm che prevedeva, tra le altre cose, la chiusura delle scuole superiori in tutta Italia e parte delle scuole medie, in base alle zone di contagio. Cos'è stato fatto, nel frattempo, per poter riportare studenti e studentesse a scuola in sicurezza? Come si sono mossi governo, regione e comune? Cos’è cambiato?

Non abbiamo risposte precise, ma di certo non è stato fatto tutto il possibile perché ogni studente e studentessa possa tornare tra i banchi di scuola. Ad oggi, dopo le già numerose rinunce a cui siamo stati costretti, ci troviamo ancora una volta in bilico, senza sapere se la settimana prossima potremo tornare nelle nostre classi.

Ora più che mai, in un periodo storico inedito, in cui il diritto allo studio ci viene di fatto negato è di cruciale importanza sottolineare il suo valore ed allo stesso tempo come in questo momento sia accessibile a pochi.

Il sistema scolastico italiano necessita da anni di un cambiamento strutturale e di

finanziamenti, a causa dei tagli sempre più consistenti, che, così come è successo con la

sanità pubblica, l’hanno devastato.

Ed è stata proprio la scuola la prima ad essere colpita dall’incapacità governativa dei passati

otto mesi.

Dopo aver speso questo lungo tempo a richiedere sacrifici a noi studenti e ad attribuirci la colpa dell’incremento dei contagi, ora né la sanità, né i trasporti, né la

formazione sono in alcun modo garantiti dal governo.

Con l’ultimo dpcm siamo nuovamente costretti alla Didattica a Distanza, proposta come unica soluzione per ovviare all’aumento dei contagi.

Le misure prese dal governo, però, non fanno altro che mascherare superficialmente quelle che da anni sono le reali problematiche della scuola: dagli edifici non sicuri, ai mezzi

di trasporto insufficienti, alla dinamica delle classi-pollaio, alla necessità di assumere nuovo personale docente e Ata.

Nonostante ci venga presentata come tale, la didattica a distanza non è l’unica soluzione,

dovrebbe anzi essere l’ultima presa in considerazione, in quanto è ciò di più lontano da

quello che la scuola dovrebbe essere.

La DaD implica infatti una concezione elitaria dell’istruzione ed introduce dinamiche

classiste, andando a privilegiare coloro che possono permettersi un dispositivo da

cui seguire le lezioni, una connessione internet stabile, uno spazio sicuro, una situazione

abitativa e familiare serena; accresce la passività degli studenti, elimina qualsiasi forma di socialità, possibilità di confronto e formazione di un pensiero critico;

rende ancora di più i docenti somministratori di nozioni sterili, attraverso verticali ed

asettici materiali digitali, test e moduli; comporta danni fisici e psicologici;

permette l’ulteriore entrata nella scuola pubblica delle grandi multinazionali dell’high tech,

che accumulano ingenti profitti vendendo contratti e accumulando dati, nonostante le norme

sulla privacy.

Tutto questo entra in esplicita contraddizione con ciò che la scuola dovrebbe essere: un

luogo libero da discriminazioni e disuguaglianze, uno spazio che riproduca dinamiche di cura reciproca e volto a formare in noi studenti e studentesse spirito critico, capacità di analisi e senso alla collettività.

Una volta che ci siamo ritrovati in queste condizioni precarie, consapevoli che ,come realtà studentesca autorganizzata, era nostro ruolo opporci, mobilitarci, evocare e costruire un’alternativa ci siamo chiesti quale fosse il modo migliore per farlo.

Per questo, a Padova come in molte altre città abbiamo iniziato a presidiare davanti e dentro le scuole seguendo le lezioni a distanza, riappropriandoci degli spazi che dovrebbero essere nostri di diritto e provando a ricreare anche in minima parte le dinamiche di scambio e socialità che da mesi ci vengono negate.

Inoltre per sopperire alle mancanze, già preesistenti ma ora accentuate, sul piano didattico e formativo abbiamo iniziato un percorso di autoformazione insieme ad altre associazioni o realtà di movimento per parlare di questioni di genere, di omolesbobitransfobia, di

tratta di persone, di migrazioni, di tossicodipendenza, di salute mentale e molto altro.

Non siamo più disposti a tollerare meccanismi repressivi che annientano il nostro diritto allo studio e ogni nostra possibilità di porre le basi per un futuro degno di essere chiamato tale, continueremo quindi ad organizzarci e mobilitarci e soprattutto ad inventarci nuove forme di lotta e pratiche che possano adattarsi al periodo storico complesso che stiamo attraversando.

Stiamo dimostrando che si possono attraversare gli spazi che ci negano in sicurezza, ora devono esserci restituiti, altrimenti ce li riprenderemo!