Il futuro precario della ricerca italiana

Comunicato del Coordinamento Ricercatori Non Strutturati dell'Università di Firenze.

7 / 12 / 2014

Pubblichiamo questo comunicato del Coordinamento Ricercatori Non Strutturati dell'Università di Firenze con l'intento di porre l'attenzione sui rapporti contrattuali dei lavoratori della ricerca accademica in Italia. Al di là dei punti programmatici e delle vertenze particolari qui scritte, il comunicato mette in luce alcune delle ripercussioni della Legge Gelmini del 2010 e della recente Legge di Stabilità all'interno dell'università. 

Non è certo un fulmine a ciel sereno il fatto che il percorso occupazionale interno alla formazione universitaria sia pieno di ostacoli tra economia della promessa, ricattabilità, sottomissione ai potentati degli Atenei, lavoro gratuito. Già la forma dei dottorati senza borsa inducono il giovane precario della conoscenza a interiorizzare la necessità dei titoli di studio senza considerare la sua attività produttiva assolutamente non remunerata; le figure della precarietà cognitiva si estendono poi anche ai dottorandi e agli assegnisti di ricerca che, per quanto retribuiti, soffrono spesso delle diseguaglianze in merito all'accesso alla previdenza sociale e alla possibilità di vivere con un minimo di garanzie future. Le opportunità concrete di proseguire negli studi sono sempre più ristrette a causa del definanziamento che subiscono le università, andando a compromettere sia l'avanzamento scientifico degli Atenei che la didattica stessa, coperta molte volte dal lavoro dei/lle ricercatori/trici. 

Inoltre, la Legge di Stabilità in via di approvazione estinguerà per sempre il ricercatore a tempo indeterminato - già sancito dalla Legge Gelmini - precarizzando per sempre i ricercatori e condannando la ricerca ad essere sempre più limitata nel tempo. Con queste previsioni e con il blocco del turn over, c'è da chiedersi seriamente quale prospettiva si possa dare il mondo accademico nostrano. 

Il giorno 28 novembre 2014 presso il Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Firenze si è tenuta un’assemblea dei ricercatori non strutturati dell’Ateneo fiorentino, alla quale erano presenti assegnisti e dottorandi di cui quasi tutti i Dipartimenti. Questa assemblea ha voluto essere il primo passo verso una mobilitazione generale dei ricercatori non strutturati sparsi sul territorio nazionale. I loro destini saranno a brevissimo drammaticamente segnati dal compimento di una norma entrata in vigore con la legge Gelmini 240 del 2010, che prevede la "cumulabilità" di un assegno di ricerca per un massimo di 4 anni. Tuttavia, a questa norma non è stata accompagnata nessuna politica concreta di stanziamenti che consenta un sistema di reclutamento nell'Università italiana efficace per i ricercatori meritevoli.

Per i ricercatori non strutturati il naturale avanzamento di carriera sarebbe la vincita di un posto come Ricercatore a tempo determinato (RTD), ma il rapporto tra il numero di assegnisti di ricerca e quello degli RTD è di meno di 6 su 1, vista la penuria di stanziamenti per questi concorsi.

Quello che prevedibilmente accadrà, quindi, è che nel giro di due-tre anni l'università italiana si svuoterà massicciamente di tutta quella componente che lavora alla ricerca con elevata produttività scientifica e che meriterebbe di poter accedere a un percorso accademico successivo, che conduca il ricercatore precario, un giorno, alla strutturazione come Professore associato. In altre parole, dal prossimo anno ci sarà un allontanamento dall'università di circa 6000 assegnisti ogni anno. Di questi, solo una parte avrà modo di entrare come RTD (tra i 500 e i 1000 l'anno, se non ci saranno ulteriori tagli). Tutti questi assegnisti saranno fuori dall'università, senza copertura assistenziale (ad esempio un sussidio di disoccupazione, che era stato introdotto da Tremonti, ma che è stato poi tolto dalla Fornero), con scarse possibilità di essere assorbiti da aziende o altri enti di ricerca. E’ dunque molto probabile che ci sarà una notevole fuga all'estero o un cambio di lavoro. 

Alla fine dei quattro anni di assegno i temerari che avranno ancora il coraggio di cimentarsi con la ricerca universitaria e che non vincono uno dei pochi posti da RTD banditi, avranno la possibilità di accedere alle borse di ricerca. Le borse di ricerca, tuttavia, a differenza degli assegni, non garantiscono alcuna copertura previdenziale, che in ogni caso anche per gli assegni di ricerca è scarsa, oltreché fortemente iniqua, rispetto ad altre categorie di lavoratori.

In aggiunta a tutto ciò, la Legge di Stabilità, che sta per essere approvata in Parlamento, elimina i vincoli alle assunzioni dei RTD di tipo B (quelli di tipo A non hanno mai avuto questo vincolo). L’unica ristretta categoria di ricercatori ad avere finora la possibilità di essere assunta a tempo indeterminato nell’Università verrà quindi spazzata via dalla legge. In questo modo, cessa di esistere quel poco che rimaneva della carriera universitaria in Italia di un ricercatore precario che aspiri ad essere integrato a tempo indeterminato in un qualsiasi Ateneo italiano.

Contemporaneamente, non arrivano segnali da parte del governo di un progetto complessivo di riforma di un sistema, quello della ricerca in Italia, che evidentemente non funziona, che allontana in massa ricercatori precari, sottopagati e già vessati dal punto di vista previdenziale e assistenziale, che non consente ai meritevoli di avanzare e di avere prospettive di lavoro stabili per il futuro. Le politiche degli ultimi anni l’hanno di fatto ridotta all’osso e la scarsissima allocazione di risorse, sommata all’ultima scure che entrerà in vigore con la Legge di Stabilità, è un invito a lasciare questo paese per cercare lavoro altrove, in Stati in cui la ricerca universitaria è difesa e sostenuta dai governi, in cui i ricercatori precari meritevoli sono un fiore all’occhiello del sistema, i loro diritti riconosciuti, la loro carriera soddisfacente. Sono Stati in cui evidentemente si comprende che la ricerca è l’anello vitale della crescita, dello sviluppo e del prestigio scientifico, intellettuale e culturale di una nazione. 

Tutto questo deve cambiare. Deve esserci anche in Italia la possibilità di fare ricerca, se si è meritevoli, e occorre che un buon numero di ricercatori precari possa stabilizzare la propria carriera universitaria in tempi ragionevoli, invece che essere costretti a una fuga all’estero.

Questi che seguono sono i punti sui quali è vitale che si discuta a livello nazionale e in sede di governo, e che desideriamo portare all’attenzione dei media e dell’opinione pubblica:

1- Sospensione temporanea del termine di 4 anni per gli assegni di ricerca (Art. 22 comma 3, legge 240/2010), in vista dell’apertura di un dibattito complessivo del governo riguardo alle modalità concrete di carriera del ricercatore precario meritevole in Italia, che conduca all’elaborazione di un piano curricolare credibile che termini con l’assunzione a tempo indeterminato di un numero consistente di ricercatori non strutturati, e che sia accompagnato da un’adeguata allocazione di risorse per rendere questo piano effettivo, coerentemente con quanto il governo italiano si è impegnato a fare in sede di trattati europei.

2- Incremento dei diritti in campo previdenziale e assistenziale. Il contratto da assegnista prevede il versamento di contributi INPS pari al 28%, di cui 1/3 gravano sullo stipendio netto, aliquota che sarà portata al 30% a partire da gennaio. Tutto ciò però non corrisponde a un’adeguata copertura in termini di diritti previdenziali ed assistenziali. La disciplina in caso di malattia o gravidanza è iniqua rispetto al trattamento riservato ad altri lavoratori, a cui chiediamo di essere equiparati. Chiediamo inoltre la reintroduzione di un sostegno di disoccupazione al termine del contratto, sia per gli assegnisti che per i dottorati.

3- Il governo, con un emendamento alla Legge di Stabilità, vuole modificare la legge secondo la quale ad ogni bando per assunzione di un Professore Ordinario corrisponda l’attivazione di un posto da Ricercatore a tempo determinato (RTD) di tipo B. Sostituendo alla parola “RTD-B” la semplice voce “RTD” si toglie l’unica fonte sicura di turn-over nel reclutamento universitario, con conseguente fuga all’estero in massa dei cervelli italiani. Chiediamo che questo emendamento venga immediatamente ritirato e che il vincolo Ordinario/RTD-B venga mantenuto, in attesa di un dibattito complessivo sul percorso di carriera dei ricercatori precari.

4- Chiediamo che per le borse di ricerca venga garantito lo stesso trattamento previdenziale degli assegni di ricerca e che la consistenza economica sia delle borse di dottorato che degli assegni di ricerca sia adeguata al costo della vita.

5- Chiediamo di essere titolari dei fondi di ricerca che raccogliamo col nostro lavoro e con i quali spesso siamo pagati, e che però non gestiamo direttamente, come invece succede a livello europeo.

6- Chiediamo di applicare a tutti bandi italiani per RTD-B la norma transitoria n. 29 (valida fino al dicembre 2015) della legge Gelmini 240/2010, che il MIUR (protocollo 0021700, del 06/11/2014) interpreta sulla base del principio del Favor Partecipationis, per cui la partecipazione ai bandi per RTD-B non è limitata solo a coloro che hanno maturato almeno tre anni di assegno pre-Gelmini, ma fino al dicembre 2015 è estesa anche ai laureati e ai dottori di ricerca in possesso di adeguato CV. Dopo il dicembre 2015, tuttavia, sarebbe auspicabile che i concorsi fossero aperti a tutti coloro che siano in possesso di un titolo di Dottore di ricerca, indipendentemente dal numero e dalla tipologia degli assegni di ricerca cumulati, il cui possesso può e deve in ogni caso costituire un fattore di maggior punteggio, ma non una fonte di esclusione dalla partecipazione. Nessuna categoria di precari in particolare deve essere favorita dalla legge. Tra l’altro, così come si presenta, la legge introduce un elemento di forte discriminazione tra discipline, in molte delle quali avere un assegno di ricerca è praticamente un miraggio, data la penuria di fondi, figuriamoci cumularne tre. Non è neppure una legge congruente con la disciplina dell’Abilitazione Scientifica Nazionale. Ci sono, infatti, al momento, in Italia, ricercatori precari che non hanno tre anni di assegni, men che meno pre-Gelmini, e tuttavia sono così qualificati che addirittura possiedono l’Abilitazione Scientifica Nazionale per Professore di seconda fascia.

7- Chiediamo l’abolizione della norma che impedisce agli assegnisti di frequentare corsi di laurea, nell’idea che non si debba impedire la formazione ulteriore dei ricercatori meritevoli che giudichino di aver bisogno di ampliare le loro competenze.

8- Chiediamo che si faccia luce sulle incompatibilità tra borse/assegni di ricerca e supplenze nelle scuole pubbliche e/o frequenza del TFA, che per molti diventano una fonte di sostentamento essenziale in assenza di adeguati ammortizzatori sociali al termine del contratto.

9- Chiediamo che dottorandi, borsisti e assegnisti di ricerca siano per legge riconosciuti come parte integrante dell'organico dei Dipartimenti in cui lavorano, al pari degli RTD.

PRIMA INIZIATIVA: Lancio della mobilitazione del Coordinamento Ricercatori Non Strutturati dell’Ateneo fiorentino con conferenza stampa, a cui è invitato il Rettore, in data che concorderemo con il Rettore stesso.

Chiederemo al Rettore di rispondere su alcuni temi che riguardano nello specifico l’Università di Firenze:

1- Chiederemo di applicare a tutti bandi dell’Ateneo per RTD-B la norma transitoria n. 29 (valida fino al dicembre 2015) della legge Gelmini 240/2010, che il MIUR (protocollo 0021700, del 06/11/2014) interpreta sulla base del principio del Favor Partecipationis, per cui la partecipazione ai bandi per RTD-B non è limitata solo a coloro che hanno maturato almeno tre anni di assegno pre-Gelmini, ma fino al dicembre 2015 è estesa anche ai laureati e ai dottori di ricerca in possesso di adeguato CV. Si riscontra infatti che alcuni bandi del 2014 applicano la norma transitoria (come ad esempio il bando emesso con Decreto N. 42 del 2014), mentre altri, più recenti (ad esempio quello emesso con Decreto N. 389 del 2014), la tacciono, creando quindi le condizioni per favorire solo i “vecchi” precari, del tutto indipendentemente dal merito, e ponendo le basi per una diseguaglianza tra le modalità di accesso ai concorsi all’interno dell’Ateneo di Firenze. Per quanto riguarda il momento in cui la norma transitoria decadrà, si veda il punto 6 della lista di rivendicazioni a livello nazionale. 

2- Dato l’avanzo di bilancio dell’Ateneo, chiediamo che questo avanzo venga devoluto all’attivazione di assegni per i migliori progetti presentati direttamente dai candidati nei settori disciplinari dei Dipartimenti meno fortunati dal punto di vista dei finanziamenti.

3- Chiediamo che dottorandi, borsisti e assegnisti di ricerca siano formalmente rappresentati nei Dipartimenti in cui lavorano e nell’Ateneo fiorentino, al pari degli RTD, e che la rappresentanza all’interno degli organi di Dipartimento sia estesa a tutti i Dipartimenti, dai quali molti di noi al momento sono esclusi.

4- Chiediamo quali siano nello specifico le strategie di assunzione dell’Ateneo fiorentino per i prossimi anni.