di Monica Caboi

Il gas della discordia

Il progetto "Eleonora" della Saras in Sardegna

3 / 6 / 2013

Nel comune di Arborea, forse, c’è il gas metano. Ma il progetto esplorativo, dal nome evocativo “Eleonora”, che porta la firma  della Saras dei fratelli Moratti, e prevede un pozzo profondo quasi 3mila metri vicino a un’oasi protetta, non piace per niente a chi in quella terra vive e lavora.

Un dissenso che centinaia di cittadini di Arborea, in provincia di Oristano, hanno ribadito direttamente ai tecnici della Saras, nell’incontro pubblico di giovedì scorso. Un’assemblea prevista dalle procedure di Valutazione di impatto ambientale (Via) dove il comitato “No al progetto Eleonora”, amministratori locali, medici, geologi e biologi hanno criticato punto per punto lo Studio di impatto ambientale (Sia) presentato a marzo dalla società petrolifera. Urla e fischi hanno interrotto più volte gli interventi degli uomini del gruppo Saras, “torchiati” per quasi otto ore da una platea agguerrita che non ha mai smesso di sventolare bandierine con su scritto “No”.

Ma perché, quella che per la società dei Moratti è un’occasione di sviluppo economico per tutta la Sardegna, viene vista dai cittadini della provincia centro-occidentale come un pericolo da scongiurare?

Per provare a capirlo occorre fare un passo indietro. Siamo nel 2006, e la Saras avvia un’indagine esplorativa per cercare idrocarburi nel Campidano di Oristano. Dopo cinque anni e circa dieci milioni di euro spesi, si fa strada l’ipotesi di un giacimento di gas naturale tra uno e tre miliardi di metri cubi di gas. Nel 2009, la società ottiene dalla Regione Sardegna il “Permesso di ricerca mineraria per idrocarburi liquidi e gassosi - Eleonora”, dal nome della giudicessa di Arborea, famosa per la sua opera legislativa. Bisogna attendere il 2011, perché la Sargas srl (controllata Saras) presenti uno studio preliminare per la realizzazione di un pozzo esplorativo profondo 2.850 metri. L’area del permesso di ricerca passa nel frattempo da 22.500 ettari a 44.300, pari a oltre 50  campi di calcio. In questa fase il progetto viene sottoposto a una procedura di verifica da parte della Regione Sardegna, per decidere se sia necessario o meno avviare la Via. La Giunta regionale sembra ritenere di no, considerato quanto riportano i quotidiani locali nel 2011, che riferiscono della possibile apertura del cantiere già a fine anno. Nel frattempo comitato, associazioni ambientaliste, cooperative ed enti locali si mobilitano e fanno arrivare sul tavolo dell’assessorato regionale all’Ambiente una formale richiesta di Via. Il pressing dà i suoi frutti tanto che la Giunta, il 18 aprile 2012, pubblica una delibera in cui ammette l’importanza di valutare nel dettaglio gli impatti ambientali ed economici di “Eleonora” «visto che il progetto ha destato molta attenzione nell’opinione pubblica». Non solo, è lo stesso assessore all’Ambiente a elencare i possibili limiti per l’aria del cantiere che «ricade nella fascia costiera, è interna all’Oasi di protezione faunistica di “S’Ena Arrubia”, all’habitat di tutela dell’avifauna “Sinis e Stagni di Oristano”, e si trova a 150 metri da un sito di interesse comunitario». Anche la vicinanza a «recettori sensibili» come aziende e abitazioni, da cui dista poche centinaia di metri, è ritenuto un elemento a cui prestare la massima attenzione.

La Saras smentisce i rischi ambientali, assicurando che metterà a disposizione la tecnologia più avanzata. Rassicura i cittadini di Arborea sulle misure di sicurezza per le falde acquifere e esclude i pericoli legati a fuoriuscite di idrogeno solforato: un gas altamente tossico che si incontra spesso nelle perforazioni ma che, secondo i tecnici dei Moratti, non c’è nel sottosuolo della piana di Arborea. Comunque, per cautela, la società doterà l’impianto di un rilevatore di gas, fissando la soglia di sicurezza ben al di sotto dei limiti consigliati dagli esperti statunitensi. D’altronde, spiegano, si tratterebbe di una trivellazione esplorativa, quindi niente di irreversibile. Se la perforazione non dovesse dare gli esiti sperati, la promessa è il ripristino ambientale completo. Al contrario, se il metano ci fosse, e in abbondanza, sarebbe comunque necessario un nuovo permesso dalla Regione e un’ulteriore Via. Vale la pena provare, sostiene la Saras, per poter valutare le reali ricadute economiche e l’eventuale risparmio energetico per la Sardegna, unica regione d’Italia a non avere accesso al metano. Sul piatto i Moratti mettono una produzione di gas in grado di coprire l’intero fabbisogno della provincia di Oristano per oltre un ventennio, ma anche royalties per la Regione Sardegna comprese fra uno e tre milioni di euro annui.

Ma sul progetto “Eleonora” grava più di un dubbio. E non sono solo i rischi ambientali a preoccupare i cittadini di Arborea, ma anche quelli economici. Da un lato, contestano alla Saras non poche approssimazioni nello studio di impatto ambientale, come, ad esempio, i valori soglia dell’ idrogeno solforato ricavato da studi «vecchi di più di 40 anni», superati dalle indicazioni più recenti dell’Organizzazione mondiale della Sanità e di molti Stati degli Usa.  Da un altro, difendono il loro modello economico, interamente a vocazione agricola e casearia. La zona, infatti, accoglie il principale polo produttivo del latte vaccino di tutta la Sardegna (circa il 90% dell’intera isola) con aziende come la cooperativa 3A, che negli ultimi dieci anni, in barba alla crisi economica, ha portato il suo fatturato dai 96 milioni di euro del 2001 ai 136 del 2011.

A suscitare diffidenza tra i cittadini di Arborea è la stessa famiglia Moratti. La dinastia di petrolieri, proprietaria della seconda più grande raffineria d’Europa, a Sarroch, in provincia di Cagliari, da anni viene contestata dagli abitanti per l’inquinamento prodotto dal polo industriale. Criticità che è stata evidenziata anche in uno studio pubblicato il 27 febbraio scorso su “Mutagenesis”, rivista dell’Università di Oxford. Oggetto della ricerca, la qualità dell’aria nelle aree industrializzate e i potenziali effetti sulla salute dei bambini residenti nelle zone circostanti. Le conclusioni non sono per niente rassicuranti. «Il nostro studio – scrivono i ricercatori - dimostra che i bambini residenti in prossimità del polo industriale di Sarroch presentano incrementi significativi di danni e alterazioni del dna[1]» rispetto al campione di confronto, rappresentato da 73 bambini delle aree rurali.

Anche la promessa di risparmio energetico viene respinta, ricordando che una delle regioni del caro bollette nell’isola è la centrale elettrica Sarlux (controllata Saras e ospitata nel polo di Sarroch) che produce energia bruciando gli scarti della lavorazione del petrolio. Si tratta di fonti “assimilate” che permettono di beneficiare dei finanziamenti governativi (Cip6) e danno diritto a rivendere l’energia al Gestore dei servizi a un prezzo superiore a quello di mercato, scaricando i costi dell’incentivo sulle bollette dei consumatori.

Ad oggi, il progetto Eleonora, ha incassato il no del consiglio provinciale di Oristano, dei Comuni dell’area che, inizialmente prudenti, un po’ alla volta si sono schierati accanto al comitato di cittadini. Manca la posizione ufficiale della Regione Sardegna, che si esprimerà solo dopo il 14 giugno, quando si concluderà l’istruttoria di Via. Ma ad Arborea non sembrano avere dubbi: se non passa la linea del “no”, sono già pronti a raccogliere le firme per un referendum.



[1] Mutagenesis, Oxford Journals, “Malondialdehyde–deoxyguanosine and bulky DNA adducts in schoolchildren resident in the proximity of the Sarroch industrial estate on Sardinia Island, Italy”, 27 febbraio 2013

 

Monica Caboi, 34 anni, giornalista professionista. Dopo Cagliari e Roma, vive ora a Bologna, ma sempre con lo sguardo rivolto a Sud.
Collabora con diverse testate on-line.

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