Il lungo tempo del presente

20 / 11 / 2014

Il 2014 si è caratterizzato fino ad oggi per una temporalità del presente in cui i profili politici di ricerca dell'alternativa per i movimenti che ambiscono ad essere costituenti sono stati timidi e sfumati sia sul piano italiano che europeo.

Qua a sud lo spazio politico del dissenso al progetto di Partito della Nazione di certo non è stato né massivo né radicale, ovvero ove vi sia stata la quantità spesso non vi è stata la qualità e viceversa; parimenti, sul piano europeo, a giornate straordinarie di lotta -a volte da parte di soggetti considerati erroneamente “tradizionali” e dormienti, a volte su temi non interni alla contraddizione capitale vs lavoro-, non sono seguiti cicli di movimento o l'apertura di spazi politici e d'organizzazione moderni ed adeguati allo scontro in essere.

Anche nel ventre germanico della bestia, ove la crisi ora si fa sentire in maniera decisiva ed emergono con forza i tratti di una gerarchizzazione salariale colossale, ed il futuro sociale di intere generazioni di precari viene ridotto a spazzatura, le soggettività non riescono ad uscire dal piano pur irrinunciabile del tempo presente.

Si tenga in considerazione che la politica economica del comando invece va avanti nella gestione della crisi e, con la messa in opera della nuova Commissioni Europea Junker, e l'apertura della nuova Eurotower di Francoforte, sono attesi nuovi interventi di riforma che si annunciano come del tutto continuiste rispetto alla tutela della (alta)rendita in ragione del salario diretto ed indiretto ed una coniugata verticalizzazione del comando.

L'Europa è ad un bivio: da un lato vi è il piano a di un accordo davvero trasformativo che si sostanzia nel TTIP in corso di discussione riservata, che ha come fidejussione la rottura (ed i costi economici) con il suo est; dall'altro il piano b, che non è per nulla improbabile, e che vede la sua stessa rottura in ragione del ritorno alle sovranità locali, statuali o macro-regionali, in cui nuovi blocchi sociali (in senso pienamente gramsciano) sono portatori di nuove offerte politiche complessive, si pensi alla Francia di Marie Le Pen o all'Italia di Salvini.

Altro che tempo della pace e della ripresa! Siamo in un contesto politico e sociale regressivo e reazionario, nel quale povertà ed impoverimento di massa sono gli ingredienti fisici di un progetto governamentale nel quale il razionale che separa la ricchezza privata sul valore della produzione è previsto salire da 5 a 7, in cui continua il gigantesco trasferimento di ricchezza dai salari diretti ed indiretti ai patrimoni, anche grazie a sapienti ristrutturazioni dei sistemi fiscali.

Nonostante il sempre più condiviso investimento nel divenire transnazionale dell'attivismo politico si assiste alla difficoltà al far vivere i conflitti nelle relazioni lunghe e con una qualità progettuale. Non solo, ma appare singolare come nel definitivo crollo della rappresentanza politica tradizionale, non emerga una riflessione matura sul fatto che in paesi non poco importanti dell'Europa anche questo tema sia diventato un campo di ricerca e di rottura; è sciocco il postulato politico che riserva al sociale i movimenti -ove vi siano e soprattutto ove non vi siano- e “la politica” alle candidature, quando invece sarebbe molto interessante mettere a tema il processo di rottura nella politica ed a come si aprano crepe nel comando congiunto PSE/PPE, poco importa da dove ci si arrivi.

E poi, d'altro canto, che spazio ha, oltre il tempo presente, un conflitto che si ponga come (solo) sociale e non con ambizioni (di rottura) politiche?

La bella giornata di mobilitazione di venerdì 14 contribuisce ad incrementare l'effervescenza nei nostri territori ed a chi scrive appare evidente che le mobilitazioni d'autunno del sindacato confederale abbiano allargato un altro po' lo spazio politico del dissenso alla trasformazione renziana: lo sciopero di venerdì 12 dicembre è davvero un'occasione tutta politica se la viviamo con passione e con il massimo della libertà ed indipendenza.

Milioni di persone, lavoratori e non, saranno in piazza quel giorno e noi possiamo fare la nostra parte, costituendo in forma aperta e dal basso piazze indipendenti ed agitate che abbiano gli obbiettivi a progetto di bloccare concretamente l'italia, senza delegare nulla a nessuno.

Possiamo far battere il tempo politico del divenire insubordinato di ogni lavoro, facendo uno sciopero reale che superi l'evocazione e che si ponga sul binario della realizzazione? Possiamo praticare il blocco delle filiere logistiche? Possiamo bloccare i trasporti? Domande aperte le cui riposte sono demandate non alla teoria, ma alla praxis.

Non sarà europeo #12D? Però sarà agitato da europeisti del comune che inviteranno con una pratica di ricerca altri europei a fare altri scioperi.

Non credo che la posta in palio si risolva con il tempo breve delle coalizioni sociali o di scopo; nelle piazze le energie si federano nel rispetto reciproco, si coopera, ci si sincronizza, non si sintetizza ed è a partire da un accumulo di rotture, di radicalità, di differenza e di complicità che si costruisce la grammatica dei nuovi movimenti costituenti, che non possono essere docili, non si mettono d'accordo prima, ma si parlano (anche molto se serve) dopo.

Gli eventi conflittuali sono l'inaugurazione degli spazi pubblici e politici in cui gli europeisti del comune possano erigere una casa comune, magari evitando di introiettare nuovi confini mentali oltre a quelli fisici ed odiosi che già ci sono: i movimenti urbani turchi lo scorso anno, Rojava in questi mesi, la nuova organizzazione del sindacalismo dei chainworkers in USA, i massivi movimenti operai cinesi, la lotta per la democrazia in Hong Kong forniscono esemplarità utili -ed occasioni di relazione- anche se non sono interni ai confini dell'Unione Europea.

Il 2015 è un anno decisivo per provare a fare comune transnazionale: DayX a Frankfurt, Expo2015 a Milano, Cop21 a Paris.

Loro voglio capitalismo senza democrazia? Noi democrazia senza capitalismo.

Non è una formuletta d'accatto, è un sintagma politico transnazionale che parla a tutti e tutte noi. All'attacco.