Il “politico” post-democratico e la logica del pentimento

9 / 1 / 2018

Ci viene davvero un groppo in gola, come direbbe Grasso, leader di Liberi e Uguali, a leggere l’ultima intervista rilasciata da Flavio Zanonato, nuovo “libero ed uguale”, al quotidiano padovano Il Mattino (scarica l'intervista completa). 

Zanonato

Dice - il nostro - che se tornasse indietro non rifarebbe il famigerato muro di via Anelli, per il quale è diventato tristemente famoso come lo sceriffo rosso, contraltare di sinistra dello sceriffo leghista Gentilini, in una sciagurata gara securitaria contro i poveri, gli emarginati, i migranti, i soggetti socialmente deboli e sempre dalla parte dei poteri forti.

Metri e metri di metallo e filo spinato, eretti nel 2006, isolavano gli edifici del complesso Serenissima, costruito negli anni '70, dal resto della città e sono stati propedeutici al loro svuotamento forzato. Allora il pretesto era quello di impedire con il muro lo spaccio in quell’area degradata,  passando come un rullo compressore sulle proposte, progetti, idee del comitato di quartiere per il superamento del ghetto di via Anelli. L’obiettivo politico del sindaco ex Pci era, invece, quello di rimarcare ancor di più la logica del ghetto, della separazione, dell’emergenza.

Nessuno aveva mai realmente creduto all’efficacia di quella barriera contro lo spaccio, che infatti non solo è scomparso, ma addirittura è dilagato a macchia di leopardo in tutta l’area circostante, come era ampiamente prevedibile. Ma allora, perché? Si trattava di, infatti, un’operazione meramente simbolica, mediatica, propagandistica del piccolo principe di Padova, del tutto consequenziale alla logica questurina ed emergenzialista sua e del proprio partito, sulla scia dei vari Pecchioli, Calogero, Minniti.

Quella squallida operazione di marketing politico-mediatico vide uno scontro feroce con il movimento e con tutti coloro che si battevano per un superamento progettuale e non emergenziale della filosofia del ghetto e dell'emarginazione. Contro tutti coloro, davvero liberi e uguali, che hanno sempre lottato per l’abbattimento di tutti i muri della diseguaglianza e della discriminazione!

Quello scontro costò pesanti cariche e una repressione violenta per i compagni e le compagne, ben quattro arresti in nome di un concetto legalitario e securitario che è iscritto nel DNA di questi personaggi, pentiti o non pentiti che siano. 

La legalità è solo a servizio del potere costituito, della macchina di sfruttamento ed oppressione, del normativismo statalista, dello stato di eccezione permanente. Ben al di sotto dello stesso diritto liberale che ha dato origine delle moderne costituzioni borghesi sulla spinta delle rivoluzioni francese ed americana, che prevedevano e legittimavano per i cittadini il diritto alla ribellione contro le leggi ingiuste del potere sovrano. A rendere ancor più tragicomica la vicenda, Zanonato nella stessa intervista, nel timore forse di essersi spinto troppo a sinistra per il suo pentimento, dice che probabilmente avrebbe fatto, la posto del muro, una semplice rete, cercando di salvare così  in maniera ridicola la sostanza del messaggio simbolico.

Ma da questa singolare vicenda, emergono considerazioni più generali sull’attuale stato di decomposizione della democrazia rappresentativa nel quadro dello stato-nazione. La degenerazione corruttiva del corpo politico e della sua forma non è un giudizio morale, bensì un problema strutturale, ontologico, in assenza di un cambiamento radicale, di un nuovo potere costituente, di una totale renovatio, come ci insegna la lezione spinoziana e machiavelliana.

Nella cornice vuota, ormai ridotta a mero simulacro, della democrazia rappresentativa l’unico obiettivo del ceto politico è quello di autoriprodursi, rimescolarsi, rastrellare voti in occasioni elettorali per occupare postazioni di potere nella macchina amministrativa ed accumulare il più possibile rendite di posizione. Sono questioni note da tempo, ma oggi hanno davvero toccato gli estremi limiti del grottesco, della menzogna, dell’imbroglio: tutti si pentono, da Renzi che promette di togliere il canone Rai in bolletta dopo averlo introdotto, da chi promette di abolire la legge Fornero dopo averla approvata esaltandone le virtù, chi il jobs-act e così via. 

Un paese di pentiti, alla squallida rincorsa dei voti e dell’astensionismo dilagante, la cui unica preoccupazione è quella di diventare funzionari di una macchina statale ormai privata di ogni potere sovrano, eterodiretta da poteri transnazionali ed oligarchie imperiali che impongono i loro diktat su qualsiasi governo e parlamento e contro le quali si scioglie, come neve al sole, ogni finzione democratica e rappresentativa dell’autonomia del politico.

Ma di pentimenti o finti pentimenti ne vedremo diversi nei prossimi mesi perche, è noto, in tempi di campagna elettorale tutto diventa possibile. Soprattutto se una parte dei protagonisti sta affannosamente tentando di rifarsi una candida immagine “di sinistra” per dare una parvenza di credibilità a Liberi e Uguali. In questo Zanonato è di certo in buona compagnia e il clamoroso "rimorso" su via Anelli non sarà certo l’ultima uscita del genere da qui al 4 marzo. Di ipocriti e rinnegati ne abbiamo visti e ne vedremo tanti, spesso al limite del ridicolo. C’è poco da ridere, però, su questa vicenda, che ha segnato indelebilmente la storia di questa città, lasciando sotto le macerie decine di provvedimenti giudiziari, esseri umani deportati, ma soprattutto un quartiere fantasma. Fantasma come quella classe politica che per anni si assolve e che, infine, si rinnega.