La protesta dei pastori sardi sbarca sulla penisola. Volevano
raggiungere la capitale per gridare le ragioni del loro malessere che da
mesi anima il dibattito politico isolano. Ad attenderli sulle banchine
del porto di Civitavecchia c'erano invece diverse decine di poliziotti e
carabinieri schierati affinché i circa 200 rappresentanti del Movimento
dei pastori sardi (Mps) non partissero con i pullman alla volta di
Roma. I manifestanti avevano raggiunto alla spicciolata lo scalo di
Olbia dove lunedì sera si erano imbarcati su una nave della Tirrenia.
Molte donne, ragazzi e addirittura signore anziane componevano la
delegazione che si è vista sbarrare il passo martedì alle prime luci
dell'alba. La tensione è scoppiata intorno alle 8 del mattino, dopo
quasi tre ore di trattative fra Mps e forze dell'ordine: si poteva
uscire dall'area di sbarco solo dopo la consegna dei documenti e la
conseguente identificazione. «Non abbiamo fatto niente di male, non
siamo dei delinquenti - urlavano i pastori - non ci potete trattenere
qui con la forza».
Prima alcuni spintoni e poi lo sfondamento del
cordone di polizia e carabinieri da parte dei manifestanti. Manganellate
e parapiglia hanno riscaldato il freddo mattino di Civitavecchia con
una lotta all'ultimo respiro fra Felice Floris, leader dell'Mps, e
alcuni funzionari di polizia che in tutti i modi hanno cercato di
fermarlo e portarlo via dai suoi pastori. Priamo Cottu è invece stato
bloccato a ammanettato per diversi minuti. Solo la mediazione del
sindaco di Busachi (Oristano), Giovanni Orrù, ne ha permesso la
liberazione. Il bilancio dei tafferugli è di alcuni feriti lievi, due
denunciati per resistenza a pubblico ufficiale e della denuncia per
tutti i 200 di manifestazione non autorizzata. I toni si sono poi
abbassati e fra le due parti si è ripreso a dialogare. Mentre buona
parte dei manifestanti sono rimasti a presidio vicino i pullman
parcheggiati sul porto, altri si sono mossi in direzione della stazione
ferroviaria con l'intenzione di raggiungere Roma da turisti.
Niente
da fare anche in questo caso. «Un cordone di uomini delle forze
dell'ordine ci ha impedito di salire sui treni - ha spiegato Maria
Barca, portavoce dell'Mps e ferita alla caviglia dal calcio di un
poliziotto - questa è una cosa assurda e inaccettabile». Dello stesso
tono le dichiarazioni di Floris: «Siamo padri di famiglia, invece ci
hanno trattato come criminali; siamo stati sottoposti ad un vero e
proprio sequestro preventivo, insieme ai pullman i cui autisti sono
stati identificati e minacciati di denuncia se solo si fossero mossi».
La
battaglia dei pastori sardi ha mosso i primi passi nel luglio scorso
con l'occupazione della statale Carlo Felice (l'arteria che collega
Cagliari a Sassari) e con i blocchi negli aeroporti di Cagliari, Olbia e
Alghero. Poi una sortita anche in Costa Smeralda, la patria dei vip, e
una serie di blitz negli scali navali di Porto Torres e Olbia. Fra
settembre e ottobre iniziano gli incontri con i politici isolani. Dopo
una imponente manifestazione conclusasi sotto la Regione, il 14
settembre, il governatore Ugo Cappellacci, e l'assessore Andrea Prato
dichiaravano davanti a migliaia di pastori di accettare il 95% della
loro piattaforma. Una lotta di sopravvivenza che rischia di dimezzare,
nei prossimi anni, le oltre 15mila aziende zootecniche sarde.
Con la crisi del pecorino romano, esportato soprattutto nei mercati nord americani, il prezzo del latte ovicaprino è crollato a 65 centesimi di euro al litro, mentre per produrlo, secondo diversi studi dell'Mps, se ne spendono fra i 90 e 1 euro. Il 19 ottobre, dopo l'ennesima manifestazione a Cagliari, 12 pastori occupano un'aula della Regione. Scoppiano tafferugli fra manifestanti e forze dell'ordine e un allevatore perde un occhio dopo esser stato colpito da un lacrimogeno. Gli irriducibili abbandonano la sala con la promessa di Cappellacci di accettare le loro richieste. Così il continuo botta e risposta fra governatore e pastori arriva fino ad oggi. «Volevamo portare a Roma - ha precisato Floris - il progetto di un Coordinamento mediterraneo dei pastori che dovrà coinvolgere anche i colleghi francesi, greci e spagnoli affinché a Bruxelles la voce del mondo ovicaprino si faccia più forte con una grande manifestazione europea». Le cose sono andate in maniera diversa, con gli allevatori sardi costretti a risalire, alle 22.30, su quella nave che li aveva portati sul continente con qualche speranza in più.