Il reddito non è una lotteria

Da "Win for life" allo scudo fiscale: l'Italia e l'assenza di politiche distributive

5 / 10 / 2009

28 settembre 2009: parte “Win for Life”, il nuovo gioco della Sisal che permetterà ai vincitori di godere di una rendita di 4 mila euro per 20 anni. In solo 3 giorni, lo Stato ha incassato più di 14 milioni di euro.

30 settembre 2009: è di 298.000 circa il numero totale delle domande per la messa in regola dei lavoratori e lavoratrici domestiche. Un numero decisamente inferiore (più o meno la metà) alla stima fatta dallo stesso governo a luglio.

1 ottobre 2009: presentazione da parte della Commissione Economica Europea dei risultati del rapporto “Crescita, lavoro e progresso sociale”, nel quale si denuncia un rischio di povertà per l’Italia superiore al 20% delle famiglie, in seguito all’assenza di un provvedimento di reddito minimo.

2 ottobre 2009: con il 25° voto di fiducia in un anno e mezzo, il governo Berlusconi approva lo scudo fiscale per il rientro dei capitali illecitamente esportati all’estero, dietro il pagamento di un’aliquota risibile del 5%.

Si tratta di quattro notizie di diversa provenienza e apparentemente slegate fra loro. In realtà esiste un filo rosso che le accomuna: la necessità di ripensare una miglior distribuzione del reddito e l’improcrastinabile necessità di avviare una riforma del welfare familistico italiano.Tale necessità è risolta (!!) dall’attuale governo con una duplice manovra: da un lato, si provvede a dare un reddito garantito (per di più assai elevato, 4.000 euro al mese per 20 anni!!!) a pochi eletti individui, tramite il sorteggio della lotteria. Della serie: il futuro dipende dal caso, sulla pelle di coloro che sperano nella sorte benigna.

Ovvero, “chi vive sperando, muore cagando”, come recitava il sergente Abatantuomo in “Mediterraneo”. Dall’altro, si recuperano soldi per il welfare, con l’intento demagogico di aiutare chi è in difficoltà (in primis le popolazioni dell’Abruzzo) con un provvedimento di amnistia (perché di questo si tratta) a vantaggio di quella fascia di benestanti che negli ultimi anni hanno lucrato sull’economia sommersa esportando illecitamente ingenti capitali all’estero (si parla di una somma che oscilla tra i 250 e i 300 miliardi di euro).

Ecco allora che il cerchio si chiude: due provvedimenti, che, ancora una volta, vanno a peggiorare la distribuzione del reddito in Italia (drenaggio di risparmio dalle famiglie meno abbienti nell’illusione del colpo di fortuna che risolve tutti i problemi e sostegno ai redditi della fasce più ricche), vengono presentati come risolutori delle contraddizioni sociali nel nostro paese.Tutto ciò poi avviene in un contesto in cui, l’impoverimento sociale – come denunciato dalla Commissione Europea, - tende a crescere, soprattutto in seguito agli effetti negativi di una precarizzazione del lavoro che aumenta la ricattabilità dal reddito e la subordinazione nelle condizioni di lavoro.

E soprattutto in un contesto in cui una parte dei residenti in Italia, i migranti, si trovano a sottostare a delle regole di cittadinanza che negano i diritti sanciti più di due secoli dalla Rivoluzione Francese: che ogni essere umano ha diritto a considerarsi “cittadino” a prescindere dalla propria condizione sociale e lavorativa. I risultati della sanatoria fatta solo ad uso e consumo delle esigenze di un welfare familiare privato (con riferimento al solo lavoro di cura) evidenziano infatti che tali sono gli ostacoli burocratici e i costi per emergere all’invisibilità (tutti scaricati sulle spalle dei migranti) che anche ciò che dovrebbe apparire un segno di civiltà (la regolarizzaziome di chi da anni lavora in condizioni di clandestinità) si trasforma nell’ennesimo sopruso economico e sociale sulle spalle dei più deboli.