tratto da reggio24ore.com

Internet e il vento del Maghreb

26 / 2 / 2011

di Nicola Fangareggi

Anch’io credo che le rivolte in corso nel mondo arabo non accadano in conseguenza dell’avvento di internet e della tecnologia digitale. Ma sono altrettanto convinto che senza internet e la rivoluzione digitale esse non sarebbero potute accadere.
Le diplomazie e i governi occidentali sono sorpresi. Non hanno saputo prevedere la protesta montante e ora si ritrovano a corto di strategie.
A ben vedere è la stessa sorpresa con cui la Casa Bianca ha accolto la scoperta del fenomeno Wikileaks. Un perfetto sconosciuto di nazionalità australiana supportato da un gruppo di giovanotti assai abili con l’informatica ha svelato al mondo i segreti militari della superpotenza.
Ci si chiede: come è stato possibile?
La risposta che trovo più semplice e convincente è questa: dobbiamo allargare lo spazio del possibile.
Mi permetto una citazione da quel fantastico discorso di Steve Jobs a Stanford: "Non rimanete intrappolati nei dogmi, che vi porteranno a vivere secondo il pensiero di altre persone. Siate affamati. Siate folli".
Jobs parlava all’élite di una delle più prestigiose università mondiali ma il suo invito all’allargamento della sfera della coscienza, che evoca il pensiero delle avanguardie americane degli anni Cinquanta e Sessanta e dunque non rappresenta una novità assoluta, e tralasciamo Erasmo da Rotterdam e precursori vari, si applica anche alle scienze contemporanee. A iniziare dalla comunicazione politica e non solo all’impresa e allo spirito creativo.
Mi pare evidente che ci si trovi all’inizio di una fase di profondi cambiamenti per l’intera umanità. Ciò è parecchio affascinante e dovrebbe renderci più responsabili di quanto non siamo addestrati a essere. Sta iniziando una nuova era. Cerchiamo di esserne consapevoli e di agire secondo il meglio di noi stessi.
Se vogliamo comprendere i fenomeni che accadono, se non addirittura riuscire a prevederli, occorre saper mettere in discussione le nostre certezze, molte delle quali si rivelano vane alla prova del tempo.
Il detonatore del mondo nuovo è la rete. La rete globale e ciò che ne deriva ha reso semplice e praticabile ciò che sino a pochi anni fa era solo nella mente di qualche visionario o filosofo.
Nella rete non c’è niente di virtuale come taluno si attarda a credere. La rete è reale. Virtuali sono semmai le nostre abitudini a pensare il mondo secondo i canoni del passato.
Senza la rete Ben Ali, Mubarak e Gheddafi se ne starebbero tranquilli al potere e Julian Assange non sarebbe ricercato dall’amministrazione degli Stati Uniti per la sua formidabile azione di trasparenza. Senza la rete gli israeliani non riuscirebbero a sabotare le piattaforme informatiche dell’atomo iraniano e il regime cinese non sarebbe preoccupato delle troppe distrazioni delle masse convertite al capitalismo alla confuciana.

Ma la rete c’è. Anche in Italia c’è. E se ne avvertiranno gli effetti in politica prima che l’attuale classe politica se ne riesca a rendere conto.
Il tramonto che osserviamo non riguarda solo Berlusconi e il berlusconismo e non solo un ceto politico vecchio e comunque inadeguato. E’ l’alba di una stagione nuova.
Non si creda che il vento africano si plachi nel Mediterraneo. Quel vento porta nuvole pesanti. Pane. Salute. Benessere. Equità sociale. Questo vogliono.
Senza la rete popoli e opinioni pubbliche erano più facilmente controllabili. Ora quel mondo sta finendo.
Sta finendo anche qui. Il potere in Italia è fondato su caste, privilegi e gerontocrazia. Non durerà a lungo. I segnali del collasso in arrivo sono evidenti. Chi potrà obbligare i giovani ad accettare un futuro senza prospettive? E come sarà possibile affrontare la bancarotta dei conti pubblici senza riforme urgenti, profonde e largamente condivise?
Per come siamo stati abituati a pensarle, sinistra destra e centro sono categorie politiche superate. Appartengono alla storia. Viviamo in un altro secolo: starà meglio chi saprà adattarsi, come sempre nell’evoluzione umana, riuscendo a vincere paure e pigrizie.
Chiudo con un verso del Dhammapada vecchio di duemilatrecento anni di vita ma splendente come un diamante:


Tutto ciò che esiste, dapprima esiste nella nostra mente.
Noi diventiamo ciò che pensiamo
e la nostra mente è il mondo.