Istanbul - Primo maggio contro i divieti. Libertà e resistenza

Feroce repressione della polizia

1 / 5 / 2014

Il primo maggio inizia all'alba a Istanbul, ma forse anche prima per tutti quei militanti organizzati che hanno passato la notte in vicinanza dei punti di concentramento per evitare i blocchi della polizia. Polizia che infatti è posizionata ad ogni angolo, in una città blindata con interi quartieri inaccessibili e controllati da un dispiegamento smisurato di agenti con relativi mezzi e attrezzature, dai toma ai mini-tank, dagli autobus alle camionette. Transenne e grate impediscono la circolazione anche negli snodi nevralgici del traffico e del turismo, con check-point diffusi che filtrano il passaggio individuale attraverso controlli meticolosi. In questo scenario ci si muove a piedi, perché i mezzi pubblici sono fermi, traghetti compresi.

Ciononostante centinaia di organizzazioni piccole e grandi, si danno appuntamento nelle due zone di Besiktas e Sisli, dove per ore fronteggiano la polizia subendo attacchi violenti, resistendo al tentativo ossessivo delle forze dell'ordine di disperdere i gruppi, di spezzare i raduni, di frammentare la protesta. Dopo un'ora di cammino, per strade secondarie per evitare i blocchi delle Forze dell'ordine, insieme ai compagni che abbiamo conosciuto durante la Carovana sulle rotte dell'Euro-mediterraneo riusciamo a raggiungere Besiktas. Qui troviamo una composizione assolutamente variegata composta dalle reti, collettivi e comitati rafforzatisi con il movimento di Gezi Park, dai tifosi del Carsi (supporter della squadra di calcio Besiktas), ai partiti – non solo una costellazione di partiti di sinistra piccoli e grandi ma anche il CHP, primo partito di opposizione - fino dalle associazioni di categoria, come l'Associazione degli Ingegneri e Architetti e quella degli Avvocati.

Moltissimi i militanti di associazioni per i diritti umani con la pettorina, così come tantissimi i singoli, scesi in strada in gruppi di amici muniti di maschere a gas o semplici bandane, caschetti gialli anti-infortunistici, scudi con le sigle dell'organizzazione o con le foto dei caduti delle giornate di Gezi, occhialini da piscina o da saldatore, bottigliette di malox diluito e tanti limoni. Partecipazione assolutamente trasversale anche per l'età, molti i giovanissimi, persino ragazzini, ma anche persone di mezza età, anch'esse attrezzate di tutto punto per difendersi da gas e violenze della Polis. “Welcome to Turkey” ci dicono asciugandosi le lacrime dei potentissimi lacrimogeni, e anche i dipendenti dei supermercati e dei bar rimasti aperti più per garantire un appoggio ai manifestanti che per interesse commerciale urlano indignati contro Erdogan.

Da un lato polizia con i Toma, un inquietante incrocio tra blindati e carri-armati muniti di idranti, che lasciato il viale principale caricano nei vicoli con lacrimogeni, pallottole di gomma e persino veri proiettili, come documentano le foto di un deputato del CHP; dall'altro lato un quartiere solidale che accoglie i manifestanti, tenendo aperti bar e negozi, e un movimento determinato e coraggioso, per quanto disarticolato. “Vogliono disperderci per impedirci di manifestare, hanno paura di vederci uniti”.

Il “ping pong” tra manifestanti e polizia, come ce lo descrivono gli amici che incrociamo tra le fughe e che si preoccupano per noi, continua per ore. Solo nel primo pomeriggio i manifestanti defluiscono da Besiktas. Ma la giornata non è finita e verso le 18 ora turca iniziano gli scontri a Tarlabasi, quartiere a maggioranza curda a ridosso della zona turistica, dalle prime ore dell'alba sigillato in una grande gabbia delimitata da reti metalliche e centinaia di agenti in assetto.

E' presto per fare valutazioni complessive, ma certo possiamo dire che non a un anno dalle mobilitazioni oceaniche di Gezi e dopo la vittoria dell'AKP alle ultime amministrative, la sfida lanciata da decine di sigle dei movimenti e dell'opposizione è grande. I primi dati resi noti dall'Associazione Avvocati Progressisti (160 arresti e almeno 50 feriti tra i manifestanti) e quanto abbiamo potuto vedere con i nostri occhi confermano che la Turchia è uno stato di polizia. Ma contro questo stato di polizia, che reprime e delegittima il dissenso, c'è una immensa determinazione e radicalità che si esprime, i “semi” di Gezi abbiano creato uno spazio di libertà che la gente non è disposta a far chiudere.

Istanbul - #1M Prime cariche al concentramento a Besiktas

Istanbul - #1M scontri e lancio di lacrimogeni. Inaudita violenza della polizia

Istanbul #1M