AGGIORNAMENTO SABATO 11/1
ORE 15.30: le valutazioni conclusive sulla giornata di presenza spontanea antirazzista a Brescia, con 150 persone dentro e fuori il teatro San Barnaba di corso Magenta.
Dentro, con il convegno a cui partecipava anche il ministro Kyenge (clicca qui per il volantino antirazzista distribuito in mattinata).
Fuori, invece con (l’ennesima) cacciata dal centro città della destra “istituzionale” (?) bresciana, Rolfi&Beccalossi in testa.
Il commento di Umberto, di Diritti per Tutti, che si sofferma sui contenuti della presenza antirazzista a Brescia, radicalmente critica nei confronti delle politiche migratorie degli ultimi decenni, con cui il governo Letta di cui fa parte anche la Kyenge è assolutamente in linea, oltre che su quanto accaduto all’esterno, con il flop delle iniziative di tutta la destra bresciana (non più di 150 tra Fn-Fi-Forza Silvio-Lega Nord-Fdi) e la cacciata da corso Magenta di un gruppetto “capitanato” dall’assessore regionale Beccalossi (Fdi) e dal consigliere regionale Rolfi (Lega Nord).
L’intervista con Umberto, Diritti per Tutti e della nostra redazione.
ORE 15: la corrispondenza conclusiva del convegno, dentro il San Barnaba, dopo l’intervento del ministro Kyenge: un intervento, se possibile, ancor più deludente del previsto, dove non sono mai stati citati i Cie, la Bossi Fini e la vergognosa situazione dei permessi di soggiorno a Brescia.
La corrispondenza con Irene, della nostra redazione.
ORE 12.15: Ancora dall’esterno dell’Auditorium del teatro San Barnaba con il resoconto dei momenti di tensione tra il centinaio di antirazziste/i, migranti, compagne/i, sfrattate/i e occupanti che si trovavano fuori dal San Barnaba (mentre una cinquantina erano in sala) e una ventina di leghisti-forzisti-”silvisti”-Fratellisti, tra cui il consigliere regionale Rolfi e l’assessore regionale Beccalossi, ricacciati da migranti e antirazziste/i verso piazza Arnaldo, dove sono stati portati di gran carriera dalle fdo presenti.
Il resoconto audio con Manuel, della redazione.
Un video della cacciata cliccando qui (link esterno).
ORE 12.10: con Marco, della Redazione, facciamo invece il resoconto della presenza antifascista venerdì sera a Gussago, dove il ministro Kyenge era presente a un incontro organizzato dall’Azione cattolica. Fuori, un presidio dei neofascisti di Forza Nuova e uno dei razzisti della Lega nord.
ORE 11.50: dall’esterno del teatro auditorium San Barnaba di corso Magenta, 44 a Brescia il collegamento con Manuel, della redazione, che ci racconta della prima fugace “comparsata” di una quindicina di leghisti-forzisti-”silvisti”-Fratellisti ancora in zona teatro, mentre gli (altrettanto) sparuti neofascisti di Forza Nuova sono rimasti in piazza Arnaldo. In totale, un centinaio di persone per l’unione della destra – estrema destra bresciana.
Ai nostri microfoni anche Gabro, Diritti per Tutti, per una prima valutazione.
ORE 11.30: migranti e antirazzisti sono in buona parte entrati nell’auditorium per ascoltare l’intervento di DouDou, di Cross Point, e Haroon, di Diritti per Tutti, che hanno ribadito come i dispositivi securitari in materia di migrazione non vadano “riformati”, ma aboliti, ricordando le molte lotte (dalla logistica ai rifugiati, dal permesso di soggiorno alla casa) in corso oggi in Italia.
La corrispondenza con Irene, della Redazione, alle 11.30:
ORE 10.30: Oltre un centinaio i presenti fuori dal teatro San Barnaba, in attesa ancora dell’arrivo del ministro Kyenge. Presenti anche rifugiati e occupanti di case.
Il collegamento (ore 10.30) con Manuel, della Redazione.
ORE 10: si sta costituendo il presidio antirazzista delle realtà bresciane davanti all’Auditorium San Barnaba di corso Magenta, 44 in città, nell’ambito dell’incontro a cui parteciperà anche il ministro per l’Integrazione, Cecile Kyenge. All’interno parleranno anche Haroon, per Diritti per Tutti, e DouDou, di Cross Point. Fuori, presidio con volantinaggio e striscioni.
Il collegamento (ore 10) con Irene, della Redazione.
AGGIORNAMENTO VENERDì 10/1: Brescia (e provincia): oggi, venerdì 10 gennaio, e domani, sabato 11 gennaio 2014, arriva il ministro per l’Integrazione, Cècile Kyenge, al terzo tentato approdo in provincia. In calendario venerdì sera un incontro a Gussago e domattina, sabato, invece, un appuntamento al teatro San Barnaba di corso Magenta, a Brescia città, a partire dalle 10.
GUSSAGO - Venerdì sera, a Gussago, i neofascisti di Forza Nuova annunciano un presidio contro la Kyenge. Sempre a Gussago, ma in piazza Vittorio Veneto, il gruppo “Sinistra a Gussago” ha annunciato una presenza antifascista, a cui sono state invitate tutte le realtà e i singoli antifascisti bresciani. L’appuntamento era stato lanciato a partire dalle ore 20 in piazza Vittorio Veneto, di fronte alla chiesa principale del paese. Dopo il divieto della Questura, l’annuncio del trasferimento in zona ospedale Richiedei, non distante dalla piazza.
BRESCIA - L’arrivo del ministro, come in altre zone d’Italia, ha solleticato le forze più xenofobe pure a Brescia città: sabato mattina Lega Nord, Fratelli d’Italia, Forza Nuova e pure Forza Italia (pardon, i club…”Forza Silvio”..), annunciano pantomimiche manifestazioni di protesta nella zona di piazza Arnaldo, in città.
Sull’arrivo del ministro Kyenge arriva invece anche la voce dell’associazione Diritti per Tutti e del Comitato provinciale contro gli sfratti, che hanno diffuso il volantino che proponiamo di seguito:
Le questioni ben note, anche al governo Letta
La ministra dell’Integrazione è a Brescia il 10 e l’11 gennaio.
A Cècile Kyenge la nostra convinta solidarietà per gli intollerabili attacchi razzisti che i fascisti e i leghisti le rivolgono. Siamo con Cècile Kyenge nel rifiutare che la provenienza geografica, la lingua madre, il colore della pelle vengano usati come pregiudizi che legittimano l’ingiuria e la discriminazione verso di lei, come verso qualunque altra persona o gruppo sociale, per quello che è o per la condizione che vive.
E’ proprio per questi stessi motivi che contrastiamo anche i dispositivi e le leggi in vigore in Italia per il controllo e la selezione dei migranti. Perché promuovono la diseguaglianza e lo sfruttamento.
Il razzismo, anche quello istituzionale, non è migliorabile. Va semplicemente abolito. Non c’è nulla da migliorare o da umanizzare nei Centri di detenzione per migranti (i CIE, ex CPT), carceri di fatto (introdotte in Italia nel 1998 dalla legge Turco-Napolitano, confermate e potenziate dalla successiva Bossi-Fini) all’interno delle quali le persone appartenenti a determinate categorie possono essere recluse per via amministrativa, non perché abbiano commesso un reato, bensì per la condizione che hanno, per quello che sono: immigrati da identificare. I CIE, come anche i campi di “accoglienza” chiamati CARA, sono di per se’ un abuso contro la dignità umana. Anche per questo è ingiustificabile la sorpresa manifestata persino da esponenti di governo indignati di fronte alle immagini che di recente sono arrivate fino agli schermi televisivi a documentare i trattamenti degradanti subiti dagli “ospiti” del CARA di Lampedusa. Quelle immagini non fanno altro che confermare ciò che era già evidente da 15 anni: i CIE e i CARA sono vergognose aberrazioni. Vanno chiusi, per sempre.
Non è da “revisionare” ma solo da
abrogare la Bossi-Fini, la legge che subordina al contratto di lavoro il
diritto al soggiorno dei migranti in Italia. E’ da questo punto
centrale della Bossi-Fini – l’aggancio del permesso al contratto di
lavoro – che discende la condizione di permanente ricattabilità e
precarietà della forza lavoro immigrata. E’ questo legame a causare, fra
l’altro, nella crisi occupazionale in atto, il rischio di mancato
rinnovo del permesso di soggiorno per tantissime persone e famiglie in
Italia anche da molti anni. E’ anche questo legame a costringere ormai
da un anno centinaia di lavoratori della logistica a dar vita a lotte
coraggiose e determinate in tante città, sotto minaccia di licenziamento
e nella latitanza dei sindacati confederali, per ottenere di non essere
trattati come schiavi nei magazzini di stoccaggio merci, per orari e
ritmi sostenibili, migliori condizioni salariali, per il rispetto del
diritto a ferie e malattia.
Superare la legge Bossi-Fini significa anzitutto spezzare il nesso
tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro. Dunque non può voler
dire giocare il trucco di cambiarla riesumando la precedente legge
Turco-Napolitano, anch’essa fondata su quello stesso legame, per quanto
applicato in modo meno stringente. Non può voler dire nemmeno continuare
a ignorare la necessità di un meccanismo ordinario attraverso il quale i
migranti già in Italia possano ottenere la regolarizzazione, in prima
persona, senza doversi affidare ad intermediari o falsi datori di
lavoro.
Sono noti da molto tempo almeno
alcuni dei gravi problemi che concorrono a rendere difficile la
condizione dei migranti in particolare a Brescia, in una città e
provincia fra le più importanti in Italia per numero assoluto di donne e
uomini non comunitari che vi risiedono e che sono al lavoro nelle
fabbriche, nei cantieri, nella logistica, negli ospedali, nelle case
degli italiani.
Lo Sportello Unico per l’Immigrazione funziona da anni in modo
disastroso, sotto organico e senza che, al netto degli annunci e delle
solite rassicurazioni, sia stato ancora avviato dai vertici della
Prefettura un miglioramento rapido e tangibile. E’ un caso tanto grave,
quello del SUI di Brescia, da essere forse unico in Italia. Comporta,
per esempio, che chi pagando migliaia di euro ha fatto domanda di
regolarizzazione con la sanatoria del 2012, debba attendere, ad oggi,
ancora anni per avere una risposta. Risposta che poi potrebbe essere
negativa per la mancanza di qualcuno degli assai discutibili requisiti
che il governo Monti a suo tempo aveva fissato, in forza della
Bossi-Fini, per la concessione del permesso di soggiorno.
Ma non va molto meglio presso la Direzione Provinciale del Lavoro o
presso la Questura di Brescia. Anche qui coloro che attendono il
rilascio o il rinnovo del permesso affrontano un’esasperante ordinaria
lentezza, che nella sua cronicità è un vero e proprio abuso fra altri
abusi originati e legittimati dalla legislazione differenziata in
vigore, dal diritto minore che ordina la vita dei migranti in questo
Paese.
Anche a Brescia inoltre, i profughi e i rifugiati, dopo aver ricevuto in Italia un’accoglienza tutt’altro che degna, hanno dovuto occupare uno stabile vuoto per non dormire per strada nell’indifferenza delle istituzioni. Queste persone, come i migranti sfrattati e rimasti senza casa in questi anni dopo aver perso il lavoro, si vedono tuttora negato anche il diritto a risiedere legalmente nel Comune entro il quale vivono, benché la residenza sia necessaria per l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale e ai Centri per l’Impiego.
La ministra Kyenge tutte queste cose
le conosce già, come le sanno il partito (PD) e il governo dei quali fa
parte. Le sanno e sono tenuti a conoscerle già da molto tempo, data la
perdurante ed evidente gravità della situazione. Eppure un cambiamento
di rotta radicale, necessario quanto urgente, delle politiche
sull’immigrazione non appare all’orizzonte.
E’ di questo che vogliamo chiedere conto anche alla ministra Kyenge,
anche se il suo ministero dell’Integrazione svolge nei fatti funzioni
consultive e di rappresentanza, mentre sono i ministeri dell’Interno e
del Lavoro ad esercitare i poteri effettivi nel governo
dell’immigrazione.
La ministra dovrebbe darne conto perché gli atti simbolici, come gli
annunci e le promesse generiche – arrivate in questi mesi, come voci
per niente unanimi, dai palazzi della politica ufficiale e dal governo –
riguardo all’opportunità di “migliorare” e “correggere” le leggi in
vigore sono novità, certo. Risaltano sullo sfondo di decenni di chiusura
totale dei governi verso le richieste e le proteste dei migranti. Ma
non sono di per se’ novità tali da compensare i fatti concreti, che
ancora, anche quando non mancano, sono tutt’altro che promettenti e
innovativi.
Dovrebbe rendere conto di questo la
ministra, perché invece è proprio ora di farla finita, subito e davvero,
con la logica emergenziale del controllo militare delle frontiere
contro un’invasione inesistente. E’ ora di abolire le leggi in vigore,
la cui stessa ragion d’essere è nei loro dispositivi di confinamento e
controllo, nel garantire anzitutto precarietà e sfruttamento lavorativo
dei migranti.
Perché sono necessari e urgenti un cambio netto di visione e
provvedimenti concreti che affermino per tutti e tutte i diritti sociali
e di cittadinanza (welfare pubblico, casa, reddito, formazione,
condizioni di lavoro dignitose, salute) che al contrario il governo e il
partito della ministra Kyenge sono impegnati a tagliare e privatizzare a
danno di milioni di persone, italiane e immigrate, in sintonia con i
diktat dell’Europa neoliberista e in continuità con le politiche dei
governi precedenti (quelli guidati anzitutto da chi ancora oggi ha la
faccia di proclamarsi contro l’immigrazione “perché prima vengono gli
italiani”). E’ in corso un progressivo svuotamento dei contenuti
sostanziali della cittadinanza, delle sue promesse di inclusione
universalistica, così che persino il proposito di semplificare il
riconoscimento della cittadinanza italiana ai figli degli immigrati
rischia di perdere molta parte del significato effettivo, prospetta
l’ingresso in un involucro sempre più vuoto.
Dopo le terribili stragi
dell’ottobre 2013 nel mare di Lampedusa, in questi mesi abbiamo visto
riprodursi azioni di ribellione nei CIE e nei CARA, come le iniziative
per la chiusura dei centri di detenzione, le mobilitazioni per
l’abrogazione della legge Bossi-Fini, per conquistare dignità nei luoghi
di lavoro, per il diritto all’abitare e alla residenza anche di
migranti, profughi e rifugiati. Sono questi fatti, questi segnali, che
più di tutto possono ridare forza e speranza agli immigrati in Italia.
Anche a Brescia – la città della battaglia della gru del 2010 per
l’ottenimento dei permessi di soggiorno – l’esperienza concreta dice che
senza lotta e mobilitazione collettiva dal basso non esiste possibilità
di ottenere cambiamenti veri, quelli che portano all’affermazione di
una libertà insopprimibile per tutti e tutte: la libertà di scegliere
dove vivere, dove restare e verso dove muoversi. Siamo al fianco di chi
agisce in tutti i modi necessari per affermare questa libertà, per
eliminare ogni forma di assoggettamento, limitazione, condizionamento
economico, giuridico, sociale che gravi sulla libera scelta del percorso
di vita di qualunque persona.
Sull’apertura di queste prospettive giochiamo i nostri sforzi per
costruire coalizioni, a Brescia come in Italia e in Europa. In questo
poniamo la nostra fiducia più grande. Certo non negli annunci e negli
atti del governo Letta e del suo principale azionista, il Partito
Democratico.
Diritti per Tutti – Comitato provinciale contro gli sfratti di Brescia e provincia.