La "colpa" di essere libere

28 / 12 / 2012

Scripta manent. Le parole scritte sul volantino dal parroco di San Terenzo non si cancellano, non si sarebbero cancellate nemmeno con le sue eventuali scuse, ma a maggior ragione rimangono lì depositate, a segnare con durezza l’abisso che separa l’ingiustizia sociale, il sessismo, l’ignoranza, le discriminazioni, dal pensiero libero, dalla conquista o riconquista dei diritti e dell’uguaglianza, ma in una sola parola, dalla sensibilità, qualità che per eccellenza ci rende umani ed in grado di costruire una società con un livello soddisfacente di civiltà e libertà.

Lo scandalo destato da quelle parole e da quanto enunciato a posteriori, riveduto e corretto dai giornalisti e dal protagonista della vicenda, in un susseguirsi mediatico e forse contemporaneamente diplomatico di notizie e smentite, nonchè l’impatto dell’opinione pubblica con le idee deliranti e medievali di questo assurdo personaggio, hanno messo semplicemente in evidenza l’insopportabile e improponibile antico tentativo, purtroppo ben radicato, di instillare più o meno subdolamente, un certo modo di vedere la donna (e anche l’uomo), suggerendo, o meglio cercando di conformare dei soggetti che mai possano porre a repentaglio il potenzialmente fragile equilibrio dei sistemi istituzionali. Dico “potenzialmente fragile” perché convinta che se solo tante e tanti alzassero di più la testa, denunciando l’insensatezza su cui regge tale equilibrio, il crollo potrebbe finalmente essere definitivo.

Invece, davanti alla gravità di quanto accaduto, con rabbia penso: “Ma a quanta pazienza sono riusciti ad abituarci?” Una pazienza che si dà per scontato intrinseca nelle donne, che buone, brave e silenziose madri e mogli, resistono davvero nel sopportare tutto, ogni dolore, ogni offesa, magari anche con un docile sorriso.

Almeno finchè sopravvivono.

Quelle invece che non si adeguano, vengono etichettate come demoni, streghe, facili, e oggigiorno “Colpevoli”.

Il prezzo da pagare per la libertà, per l'emancipazione, per la bellezza e l'intelligenza, per la decisione di mettere a frutto i propri talenti, senza vergognarsene, senza nasconderli, senza doverli chiudere sotto chiave, corrisponde dunque all'esporsi al rischio, "legittimato" da un certo tipo di "cultura", di subire violenza e di essere oltretutto responsabili di soprusi che investono la dignità umana in ogni suo aspetto, psiche, corpo, soggettività, esistenza, modalità di relazionarsi col mondo e nel mondo? Provoca evidentemente così tanta paura che ci siano degli esseri pensanti (in questo caso donne) che reclamano i loro diritti? Le risposte sono purtroppo affermative. Questo parroco invece, e come lui tanti altri, possiede viceversa la libertà e il potere di deformare la realtà adducendo pubblicamente giustificazioni ormonali, biologiche, fatti naturali e incontrovertibili, che pongono la donna sotto scacco, dentro un pensiero lineare: se scegli di essere libera dovrai pagarne le conseguenze. E ancora: se sei uomo (e non sei "fr...") è giusto cedere ai tuoi più triviali e animaleschi istinti primordiali. Da queste "rette vie" si arriva dritti dritti alla prigione, alla gabbia, al fatto che sia concesso, ancora, e comprensibilmente, che ci si consegni come una proprietà, come un oggetto, come un possesso, sottoposte a chi ci dice come dobbiamo essere, nel paradosso che anche dentro casa non dovremmo avere nè parola nè unghie.

Ho scritto volutamente questo breve articolo, senza dati, senza numeri, senza date (anche se sono importanti per la memoria storica), perché ritengo che l’attendibilità oggettiva della serietà di questi discorsi risieda soprattutto nella rabbia che ogni donna può sentire in maniera prorompente dentro di sè, nella voglia di impegnarci collettivamente per far sì che il fenomeno del femminicidio si arresti, nel proliferare delle voci che si stanno facendo sentire per esprimere il proprio dissenso. Sta alla sensibilità di ognuno mettersi “nei panni”, appunto, di una donna che non vuole e non deve avere paura, che può godere pienamente di tutte le sfaccettature della sua essenza, anche quelle che risultano più scomode e pericolose, come soprattutto è la sua forza.

Le parole di Don Piero Corsi sono parole-azioni, hanno una meta ben chiara e ripercussioni altrettanto concrete. Anche noi, tuttavia, siamo perfettamente in grado di agire per modificare e ampliare gli orizzonti, “in direzione ostinata e contraria”.