La Frattura, giornale online studentesco del nord-est, apre i battenti: analisi e rivendicazioni della situazione attuale

4 / 5 / 2020

È online La Frattura, giornale studentesco del nord-est. Il primo articolo del sito è un comunicato di analisi e rivendicazioni in relazione alla situazione emergenziale che gli studenti e le studentesse stanno attraversando in questo momento. Il comunicato è il prodotto di un’analisi collettiva dei coordinamenti studenteschi di tutto il Nord-Est. Questo testo si propone di fornire una prima analisi, degli spunti e un insieme di rivendicazioni, fatti in seguito ad una discussione comune tra i Coordinamenti studenteschi del Nord Est, e a partire dai due comunicati pubblicati nei giorni scorsi dal CSM Padova e dal CSM Venezia-Mestre, riprendendone intere parti, unendoli ed ampliandoli.

Analisi e rivendicazioni della situazione attuale

Partiamo da un dato. La scuola da anni necessita di un cambiamento strutturale e di nuovi finanziamenti, dopo decenni di tagli che, analogamente al mondo della sanità pubblica, l’hanno devastata. Le ultime mobilitazioni studentesche hanno posto alla base di questo cambiamento delle rivendicazioni fondamentali: la rimessa in sicurezza e un adeguamento delle strutture scolastiche, un rinnovamento della didattica che superi il metodo delle lezioni frontali e torni a stimolare la curiosità e la coscienza critica di ogni student*, l’inversione di tutti quei processi che hanno portato i presidi ad essere mere figure di controllo e contabilità, l’eliminazione di ogni dinamica proibizionista e repressiva in favore di informazione e consapevolezza, un piano di finanziamenti adeguato al ruolo centrale che l’istruzione rappresenta, un progetto di educazione ambientale che però escluda categoricamente la presenza nelle scuole di chi, come ENI, fino ad oggi ha contribuito a causare l’incombente crisi climatica. 

Ora sentiamo la necessità di aggiungere un ulteriore punto di vista, esprimendo ragionamenti, dubbi, preoccupazioni e critiche in merito alla condizione attuale della scuola perché, per quanto la quarantena abbia congelato le nostre vite, sappiamo bene che il mondo attorno a noi, il nostro presente e il nostro futuro, stanno cambiando drasticamente.

L’emergenza che stiamo vivendo ha cambiato completamente la nostra vita, in ogni suo aspetto. Non stiamo avendo la possibilità di vederci, di incontrarci tra i banchi e i corridoi delle nostre scuole, di vivere insieme la quotidianità che in pochi giorni si è trasformata in ore e ore davanti a computer e telefoni, tra lezioni online, compiti, consegne e modi per rimanere in contatto con amiche e amici di tutti i giorni.

Da fine febbraio le lezioni sono state completamente sospese e a singhiozzi è stata attivata la didattica a distanza, una forma emergenziale che ha tamponato l’impossibilità di andare fisicamente a scuola con lezioni online, compiti e materiali caricati su internet, consegne e scadenze. Partiamo da un punto fondamentale: la situazione d’emergenza ha imposto di chiudere le scuole e sicuramente moltissim* professor* stanno facendo grandi sforzi per poter garantire ai/alle propr* student* di fare lezione, una parvenza di normalità e magari del supporto, ma la didattica online non è scuola e non è diritto allo studio, e ce ne stiamo rendendo conto giorno dopo giorno insieme a molt* docenti. Istituti e licei, travolti dalla crisi sanitaria non hanno avuto tempo per adattarsi, né tanto meno organizzarsi, e si sono ritrovati ad affrontare la situazione da un giorno all’altro. Inizialmente ci siamo ritrovati nel caos senza sapere come sarebbe continuato l’anno e dopo le prime direttive, che lasciavano autonomia decisionale ai/alle singol* presidi, è arrivata l’indicazione ministeriale di attivare metodi di didattica a distanza. Ad oggi ci troviamo a vivere una condizione frastagliata e confusa: alcune materie vengono portate avanti attraverso lezioni online, altre da videolezioni registrate, per altre ancora ci vengono assegnati compiti e argomenti da affrontare in totale autonomia, in certi casi non abbiamo nessun tipo di contatto con il/la docente della materia. Il tutto spesso affiancato da una miriade di piattaforme diverse con cui, a seconda dell’insegnante, scaricare materiale, inviare documenti o connettersi per le lezioni.

Ma non è tutto.
Il contesto scolastico, che dovrebbe mirare a eliminare qualsiasi tipo di discriminazione comprese quelle economica, sociale e culturale, entra in contraddizione con la didattica online che, al contrario, introduce dinamiche classiste, assicurando un formale diritto allo studio solo a chi possa permettersi i mezzi per ottenerlo, e viva in un contesto che lo favorisca. Infatti, base necessaria ma non scontata per poter partecipare alle lezioni a distanza sono una connessione ad Internet, almeno un computer e condizioni abitative adeguate. Non sono pochi i giovani che non hanno queste disponibilità o che si ritrovano a condividere con fratelli e sorelle risorse limitate e spazi inadatti. Tutt* quell* che hanno genitori non scolarizzati, che non hanno dimestichezza con la lingua italiana, o che banalmente lavorano da casa e non hanno tempo da dedicare ai figli, si ritrovano in difficoltà quando si tratta di affrontare da soli argomenti di studio che sarebbero normalmente guidati da un* professor*.

Allo stesso tempo, seguire le lezioni online è estremamente difficile proprio per il contesto in cui vengono fatte: un* professor* che parla, student* che ascoltano, tutt* davanti ad uno schermo, ognuno nella sua camera circondato da distrazioni, senza essere neanche fisicamente nello stesso posto del proprio interlocutore. Tra problemi tecnici e di rete molto tempo viene inevitabilmente sprecato, le spiegazioni vengono spezzate e portare avanti lo svolgimento del programma non è fattibile. Alcuni professori stanno scegliendo di ignorare il contesto in cui siamo e di comportarsi come se non stesse succedendo nulla per finire a tutti i costi il programma e preparare agli esami, condannando molt* student* a estenuanti giornate fatte di lezioni online, quasi invariate dalle lezioni in presenza, e di un sovraccarico di compiti e consegne. Passare moltissime ore di fronte ad uno schermo non ci fa bene, sia fisicamente, danneggiando occhi e vista, che psicologicamente, aumentando le dosi di stress di una situazione già difficile di per sé.

Oltre alle problematiche che viviamo in questo momento, sentiamo necessario porre delle riflessioni su quanto potrebbe accadere in futuro e in che modo ciò andrebbe ad influire sulla scuola pubblica.

La didattica online è stata introdotta come misura emergenziale ed inevitabilmente necessaria per colmare il vuoto lasciato dall’assenza delle lezioni in presenza. Dopo più di un mese di attivazione di questo nuovo metodo siamo consapevoli del fatto che nell’esperienza di un qualsiasi studente, qualcosa di assolutamente impensabile solo pochi mesi fa è diventata normalità. Sentiamo già parlare di come, in nome della sicurezza, a settembre le scuole potrebbero non riaprire, o di come studenti e studentesse potrebbero vivere un inizio dell’anno scolastico caratterizzato da lezioni in presenza integrate da lezioni online. Per questo oggi vogliamo suonare un campanello d’allarme: sappiamo infatti che alcuni cambiamenti, introdotti nel sistema scolastico inizialmente come misure eccezionali o semplici esperimenti, nel corso del tempo sono iniziati ad essere vissuti come normali e successivamente implementati con alla base scopi che di certo non si proponevano di garantire il diritto allo studio o la crescita degli studenti e delle studentesse. Un esempio è quello degli INVALSI, test a crocette usati per standardizzare la didattica, appiattire la libertà d’insegnamento e come metodo per definire scuole di serie A e di serie B, nati come un’innocua sperimentazione che negli anni si è trasformata in un’abitudine e successivamente in un obbligo.

La potenziale introduzione delle lezioni online mette a repentaglio la scuola stessa, secondo diversi punti di vista.

Per prima la didattica che nel suo DNA ha il rapporto tra student* e docenti che verrebbe completamente stravolto senza un rapporto reciproco, eliminando ogni momento al di fuori dei binari della lezione frontale, trasformando ogni ora in una passiva e fredda trasmissione di nozioni, più di quanto già non fosse.

In più non va dimenticato il ruolo sociale della scuola: frequentarla fisicamente ci permette di crescere in un gruppo, imparando a rapportarci con gli altri e a collaborare (nonostante il mondo dell’istruzione attuale continui a introiettare dinamiche di meritocrazia e malsana competizione dettate dall’alto), e ci permette di vivere esperienze collettive belle e brutte, grazie alle quali crescere insieme. Come stiamo vedendo in questi giorni, lo stesso rapporto tra noi student* viene completamente annullato, a partire dalla quotidianità scolastica fino a momenti di discussione e dibattito come le assemblee di classe e di istituto che incarnano la centralità degli studenti e delle studentesse nel tessuto scolastico. Anche nella situazione di emergenza, dobbiamo ri-attuare questi momenti per far emergere la nostra voce.

Il vero vaso di pandora, però, sono le due pericolose novità che le lezioni online introducono: la consegna senza riserve anche del mondo della scuola alla già onnipresente rete dei BigData e, di conseguenza, un’altra possibilità per le aziende private di entrare nella sfera pubblica dell’istruzione. Pensiamo sia fondamentale iniziare ad approfondire queste tematiche. La prima è frutto dell’utilizzo della tecnologia a scuola, già in sperimentazione da diversi anni, e della sua imposizione dovuta alla crisi del Covid19, che ha fatto sì che le piattaforme utilizzate ad oggi da moltissime scuole siano quelle prontamente fornite dalle grandi multinazionali del digitale, adottate, nella fretta di dover avviare al più presto la didattica a distanza, senza chiedersi a chi si stesse facendo affidamento e se i dati di milioni di student* e docenti fossero al sicuro. In un mondo già pervaso dal digitale, dalla profilazione di ogni utente tramite la raccolta di dati personali e dalla loro vendita a scopi commerciali e non, con l’utilizzo, ad esempio, di G-Suite o di Microsoft Education, anche il mondo della scuola viene consegnato nelle mani delle multinazionali del digitale, trasformandolo in un terreno di acquisizione di dati, speculazione e controllo

La seconda prende piede in una scuola pubblica che, tramite le riforme proposte dai diversi governi, da anni subisce attacchi alla sua autonomia e indipendenza da privati che potrebbero influenzarne la vita. L’ultimo esempio risale a pochi anni fa con l’Alternanza Scuola-Lavoro che ad oggi continua ad avvicinare il modello della scuola a quello di un’azienda, abituando studenti e studentesse a salari minimi, instabilità e precariato. Il completamento della sua opera proponeva anche che quelle multinazionali pronte a ricevere manodopera gratuita dalle scuole potessero anche avere voce in capitolo sulla vita stessa della scuola. A questi attacchi la comunità studentesca ha sempre risposto prendendo parola e riempiendo le strade di moltissime città in tutt’Italia, con cortei e contestazioni che rivendicavano una scuola libera da dinamiche economiche che nulla devono avere a che fare con l’istruzione e la didattica. Ora le lezioni online aprono un altro fronte dal quale i privati potranno avere accesso alla scuola pubblica, condizionandone l’andamento secondo i loro interessi. 

RIVENDICAZIONI

A fronte di questa analisi, è necessario porre delle rivendicazioni che intervengano sulla situazione attuale e che guardino al futuro della scuola pubblica. 

La crisi sanitaria, sociale ed economica che stiamo vivendo non deve ricadere sulle spalle degli studenti e delle studentesse.

SOSPENSIONE DELLE VALUTAZIONI
In questo scenario il ministero dovrebbe preoccuparsi primariamente di garantire l’accesso ad un’istruzione degna di questo nome a tutt*, piuttosto che adottare la stessa mentalità usata in questo periodo per il sistema produttivo e preoccuparsi unicamente del profitto scolastico degli studenti, attraverso valutazioni continue, date nonostante un contesto didattico inadatto e difficilmente accessibile e una situazione generale di emergenza.

ANNULLAMENTO DEGLI ESAMI
Subito dopo aver ammesso che tutt* avranno accesso agli esami perché la didattica online ha avuto comunque dei limiti, il Ministero, incurante della situazione, delle problematiche evidenti e del buon senso, abbandona centinaia di migliaia di student* ad una valutazione e ad una possibile bocciatura dopo averli fatti aspettare un mese prima di avere indicazioni chiare, e dopo mesi di sospensione delle lezioni. Serve garantire a tutt* la promozione, senza l’esame di maturità e senza futuri esami di riparazione.

ACCESSIBILITÀ ALLA DIDATTICA ONLINE PER TUTTE E TUTTI
Vogliamo possedere i mezzi adeguati per rimanere in contatto e seguire le lezioni durante la chiusura delle scuole: ognun* deve avere l’accesso a internet e lo strumento da cui connettersi. L’accessibilità ai mezzi necessari al metodo didattico attuale deve essere garantita. Le condizioni odierne sono ineguali e lasciano esclusi dalla didattica online molti studenti e studentesse, che una volta ricominciata la scuola saranno enormemente penalizzat* rispetto ai/alle propr* compagn* di classe, favorendo un già altissimo tasso di abbandono scolastico.

PIATTAFORME LIBERE
Vogliamo poter utilizzare piattaforme libere o fornite direttamente dalla scuola pubblica, per evitare che il flusso di dati che immettiamo in rete durante le lezioni online finisca nelle mani di aziende private, o che la didattica a distanza diventi un nuovo fronte grazie al quale i privati possano entrare e decidere nel mondo dell’istruzione pubblica. Il mondo della scuola non deve essere consegnato alle multinazionali del digitale, trasformando anche la vita di studenti e studentesse in un terreno di acquisizione di dati, speculazione e controllo.

RIATTIVIAMO SPAZI DI CONDIVISIONE ED ESPRESSIONE DEL NOSTRO PENSIERO
Ripartiamo da noi: convochiamo assemblee di classe e d’istituto che sappiano costruire queste ed altre proposte nelle scuole e che siano i motori di cambiamento. Il confronto tra studenti è ciò che ci rende attivi nelle decisioni riguardanti le nostre scuole e i nostri spazi. In una scuola che ci vuole silenti spettatori delle scelte altrui, dimostriamo di avere una voce, dimostriamo di avere ancora la capacità di pensare, di unirci e di organizzarci. Siamo studentesse e studenti che rifiutano un sistema scolastico oppressivo e non curante, vogliamo risposte e vogliamo subito le possibilità per co-costruire un pensiero. 

LA DIDATTICA ONLINE NON PUÒ E NON DEVE SOSTITUIRE LA SCUOLA
Le lezioni online devono rimanere unicamente una misura emergenziale e scomparire terminata l’emergenza; esse non potranno mai, nemmeno parzialmente, sostituire o integrare le lezioni in presenza. I danni che la didattica online potrà fare, e in parte sta già facendo, vanno a minacciare l’essenza stessa della scuola. Legittimare che milioni di studenti in futuro si abituino a questo tipo di didattica, minaccia un più lungo processo di mutamento destinato a cambiare per sempre la scuola verso un modello standardizzato, nozionistico, impersonale e disumanizzato.

LE SCUOLE DEVONO RIAPRIRE A SETTEMBRE
Stiamo assistendo all’evoluzione di questa situazione d’emergenza e alla parziale riapertura delle attività lavorative per tentare una lenta ripresa di fronte alla crisi economica dalla quale stiamo per essere investiti. L’unico danno portato dalla pandemia a cui sembra che il governo voglia prestare attenzione è quello economico, ignorando e relegando ad interesse di seconda importanza ciò che non porta guadagno ed introiti, primo fra tutti la scuola. Il mondo dell’istruzione non può più essere considerato solo una scomoda spesa. Le nostre scuole devono riaprire a settembre, a differenza di quanto minacciato dal ministero, per poter finalmente tornare ad esercitare il nostro diritto allo studio, da mesi sospeso, nel rispetto delle norme sanitarie necessarie. Queste non devono essere una scusa per prorogare il ritorno a scuola, ma invece essere prese in considerazione e garantite grazie ad un fondo di interventi straordinario, che miri a riaprire tutte quelle strutture dismesse, a convertire gli edifici abbandonati delle nostre città, ad assumere un maggior numero di docenti e di personale, affinchè sia possibile tornare a scuola senza essere raggruppati in centinaia in un unico edificio e in più di trenta in un’unica aula. Ciò favorirebbe contemporaneamente la tutela della salute di tutt* e la didattica stessa.

NON VOGLIAMO TORNARE ALLA NORMALITÀ PERCHÉ LA NORMALITÀ ERA IL PROBLEMA
La scuola necessita di un cambiamento strutturale, non possono esistere margini di piccoli cambiamenti. Non sarebbero sufficienti. Dobbiamo ripartire dall’istruzione se vogliamo realmente apportare un cambiamento al sistema che ora ci sta portando al collasso. Dobbiamo reinventare una scuola ormai da anni arretrata e con il solo scopo di una passiva e fredda trasmissione di nozioni che trova risoluzione nell’attuale metodo di valutazione basato quasi unicamente sul voto.

Sentiamo la necessità di ripartire da quello che dovrebbe essere il primo obiettivo dell’istruzione, creare in noi studenti capacità di analisi, spirito critico e senso alla collettività, elementi necessari  per la costruzione di un mondo diverso che parta proprio dal cambio di programmi di studio. Questo cambiamento deve confrontarsi con tutte le contraddizioni che attraversano la nostra società e questo può avvenire unicamente tramite lezioni trasversali che parlino anche di sessualità e affettività, di ambiente, di discriminazione di genere e razza, di antropologia e di insegnamento al vivere collettivo e alla comunità.

Un ulteriore cambiamento di cui la scuola pubblica necessita riguarda l’attuale metodo di valutazione, dato a prescindere dalle capacità, dalle conoscenze e dalla curiosità sviluppati da ogni studente. Invece che essere utilizzato come strumento, esso si è trasformato nel fine stesso dell’insegnamento. Una bocciatura o una promozione, un voto sufficiente o insufficiente come unica dimostrazione delle nostra capacità performative non dovrebbe influire sul nostro vivere scolastico, non dovrebbe essere ciò che ci definisce. Sono il senso critico e la maturità che la scuola dovrebbe fornirci a doverlo fare, dovremmo essere in grado di autovalutarci secondo le nostre capacità e secondo percorsi di vita da noi scelti, una valutazione all’interno di un percorso che possa farsi carico di formarci all’assunzione consapevole di responsabilità.

LA PRIORITÀ NON DEV’ESSERE L’INNOVAZIONE TECNOLOGICA
Prima del coronavirus la scuola non era perfetta, lo sappiamo molto bene. In questi giorni, però, continuiamo a venire martellati da una narrazione che descrive l’arretratezza tecnologica come il peggior male dell’istruzione italiana. Se cascheremo in questa trappola, se lasceremo che le rivendicazioni che da anni portiamo avanti e che incarnano il radicale cambiamento di cui la scuola pubblica ha un disperato bisogno, vengano accantonate in nome dell’innovazione tecnologica, di cui vediamo già i rischi, il mondo dell’istruzione subirà il colpo di grazia che la trasformerà in un qualcosa che non sarà più possibile chiamare Scuola.

NON DIMENTICHIAMOCI DELL’AMBIENTE
Per quanto lo stop generale delle attività umane di questo mese abbia sicuramente permesso al nostro pianeta di fare un grande respiro, sappiamo che la preoccupazione legata al coronavirus e alle sue conseguenze, sanitarie, sociali ed economiche, ha distolto l’attenzione da una crisi prossima e ben peggiore, quella climatica. La situazione che stiamo vivendo dovrebbe farci interrogare ancora di più sulla scorrettezza del modo di produzione che abbiamo adottato, basato sullo sfruttamento dell’uomo, della Natura e delle altre specie animali. Infatti le origini del virus sono da ricollegare all’aggressività dell’uomo nell’invadere altri ecosistemi e alla noncuranza delle condizioni animali all’interno di allevamenti intensivi e grandi mercati. Ciò faciliterebbe il salto di specie del virus, dagli animali all’essere umano.

Nonostante questo temiamo di veder sacrificata la necessità di una radicale transizione ecologica, in nome della ripresa economica.
Siamo gli studenti e le studentesse che hanno riempito le piazze, in Italia e nel mondo, in nome della lotta alla crisi climatica, in nome di un futuro. Quello che stiamo vivendo dev’essere un ulteriore stimolo per invertire finalmente la rotta, e non un freno al cambiamento.

COSA POSSIAMO FARE?

Pensiamo sia fondamentale avviare un piano d’inchiesta da sottoporre a* nostr* compagn* di scuola per ottenere una mappatura più vasta possibile in merito alla didattica a distanza, alle modalità con cui viene svolta, alle problematiche che studenti e studentesse stanno riscontrando e ai loro pensieri in merito.

Dobbiamo continuare a confrontarci, a discutere con i/le nostr* amic* e i/le nostr* compagn* di scuola, continuare a prendere parola sul nostro presente e sul nostro futuro, riprendendoci gli spazi materiali e non che questa situazione ci ha tolto, creandone di nuovi e, appena possibile, tornando a riempire le piazze per rivendicare, ora più che mai, il cambiamento di cui il mondo dell’istruzione ha bisogno. 

Non sappiamo cosa ci troveremo di fronte quando tutto questo finirà. Sicuramente, in una crisi economica senza precedenti che investirà anche il mondo dell’istruzione, saranno tante le persone e le famiglie che avranno bisogno di supporto e aiuto. Già da oggi stiamo pensando, nel nostro piccolo, a cosa potremo fare per far sì che la crisi non ricada sugli studenti, sulle studentesse e sui più deboli, come momenti di studio collettivo, ripetizioni per aiutare chi è in difficoltà, condivisione di materiali scolastici e mercatini del libro usato. Va rimessa al centro la questione del reddito e del welfare, compreso quello studentesco, per ammortizzare le spese che ogni anno le famiglie si ritrovano a dover affrontare, a partire dal trasporto pubblico fino ai libri di testo, e per ripartire sulla base di una rete di servizi e tutele.

Coordinamento Studenti Medi NORD-EST