La Gelmini non ci merita!

Lettera degli studenti dell'onda letta alla cerimonia d’insediamento del nuovo Rettore.

3 / 11 / 2009

Diamo il benvenuto al nuovo Rettore, e lo facciamo a modo nostro, prendendoci la parola. Ci scusiamo, quindi, ma non permetteremo a nessun rappresentante di parlare a nome nostro. Guardi, signor rettore, noi le trenta confuse pagine del disegno di legge Gelmini le abbiamo lette, con fatica, prima di renderci conto che il senso stava tutto alla fine, al comma 6 dell’art. 15.

“Dall’attuazione delle disposizioni della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Continua, quindi, l’abbandono dell’Università Italiana alla sua inerziale rovina. La strategia del governo sull’università consiste in tagli e dismissione, punto e basta. Tagli e dismissione che rappresentano solo una parte del complessivo attacco del governo all’intelligenza in generale, basti pensare ai recenti tagli alla cultura, allo spettacolo e alla ricerca.

Ma andiamo avanti. In molti hanno parlato di questa riforma in termini di “aziendalizzazione”. Abbiamo sperato quindi che il Ministro (dell’Istruzione o delle Finanze non importa, visto il carattere di interscambiabilità che le due istituzioni assumono nella riforma) mettesse fine all’annoso problema di un privato-parassita che in tutti questi anni ha solo succhiato dalle università forza lavoro istruita, senza investire in questa un solo euro.

Niente da fare, siamo rimasti delusi. Il privato ora può garantirsi condizioni ancora migliori per succhiare senza investire né tantomeno rischiare nulla: l’art2 alla lettera g stabilisce chiaramente il maggior peso di manager di comprovata esperienza professionale di alto livello  che possono determinare scelte di Consigli di Amministrazione con maggior peso decisionale.

Ma non ci siamo scoraggiati e noi, inguaribili ottimisti, abbiamo a questo punto analizzato le cavillose norme in materia di personale accademico e riordino della disciplina concernente il reclutamento, sperando che un governo inebriato dall’anti-fannullonismo del Ministro Brunetta, mettesse la parola fine alle posizioni di rendita e privilegio che i baroni hanno ricevuto dallo Stato. Su questo punto l’illusione è durata qualche pagina, lo ammettiamo. L’abilitazione scientifica nazionale è stata affidata ad  una commissione nazionale (per sfuggire alle lobby degli ordinari locali, si legge) ma ciò che è stato fatto uscire dalla porta rientra poco dopo dalla finestra, quando all’art9 comma 2, lettera c, si legge che la decisione finale spetta, ancora, ad una commissione di ordinari locali.

Che dire del ruolo dei ricercatori, quindi, posti ad esaurimento e resi ancora più ricattabili dal docente di potere dalla formula dei 3 anni di contratto rinnovabili una sola volta?

Ma l’arrabbiatura vera ci ha preso quando leggiamo che per meritarci tutto questo, noi studenti dobbiamo pure essere “meritevoli”! meritevoli per accedere al curioso “prestito d’onore” (sistema completamente fallito negli aziendalistici Stati Uniti) i cui criteri vengono definiti dall’onnipresente Ministro dell’Economia. Noi ci teniamo a de-mistificare questa retorica del merito, maldestro tentativo di rovesciare una realtà di declassamento in illusione giustizialista di un mercato non corrotto e di una competizione moralmente pulita. Così non è. In Italia la meritocrazia (come l’aziendalizzazione) sembra funzionare alla rovescia:  lungi dall’essere un premio per pochi è la giustificazione dei tagli, il peggioramento delle condizioni per tutti.

Intanto, meritevoli o no, siamo noi studenti chiamati a pagare la crisi, con l’aumento delle tasse.

Signori, non vogliamo in nessun modo dare l’impressione sbagliata di difendere quello che esiste, e che non è difendibile. Noi vogliamo attaccare. Innanzi tutto riappropriandoci del reddito e di nuovo welfare, noi occuperemo banche e finanziarie che si lanceranno nell’impresa (speculativa) dei prestiti d’onore, non per bloccare l’emissione del credito, ma per non ripanare il debito, per il diritto alla bancarotta precaria.

Vogliamo impostare correttamente la questione della valutazione, non come gerarchizzazione competitiva della forza lavoro, ma in quanto processo di produzione di un sapere di qualità e decisione completamente all’interno della cooperazione sociale. Un sapere di eccellenza in quanto comune. Tale questione già vive dentro i percorsi di autoformazione e autoriforma: ora deve diventare istituzione, riappropriarsi dei dipartimenti, rivendicare quell’“autovalutazione” che (come detto chiaramente nell’articolo 5) si vorrebbe prerogativa solo dei baroni. Qui la posta in gioco è una nuova organizzazione dei saperi, dopo l’ormai consumata crisi delle discipline moderne: compito troppo importante per lasciarlo nelle mani dei funzionari pubblici e privati.

Chiediamo che l'università sia davvero un laboratorio di ricerca e sapere critico attorno al nodo della crisi ambientale e climatica.

Detto ciò, vorremmo  invitarla a continuare il dialogo con gli studenti, già aperto con l'ex rettore Ghetti, prendendo posizione, e facendo anche suo, il problema della residenzialità studentesca, non lasciandolo quindi nelle sole mani di quell'ente regionale quale l'Esu che, come già abbiamo constatato lo scorso anno attraverso un'inchiesta, non funziona. Riteniamo infatti che la nostra università si debba far carico del problema della residenzialità delle migliaia di studenti che di anno in anno arrivano e vivono la nostra città.

 La nostra esperienza è passata attraverso un'azione radicale come l'occupazione di una casa in Calle dei Guardiani di proprietà di Cà Foscari, lasciata per anni al degrado, e oggi risistemata, auto-recuperata e vissuta da alcuni studenti fuori sede. 

Inoltre, per concludere, le consegnamo le prime 400 firme raccolte in soli 3 giorni per richiedere il ripristino delle sessioni d'esame autunnali e primaverili e la reintroduzione del doppio appello d'esame, a sessione, per gli esami annuali. Queste firme sono indice della preoccupazione tra gli studenti di non riuscire a  laurearsi nei tempi previsti,  sono la richiesta di una migliore qualità della vita e una migliore qualità dei saperi.