La Giustizia monca per Mauro Guerra. Pegoraro assolto, ma giudicato colpevole dalla Corte d’Appello di Venezia

30 / 5 / 2022

Mauro Guerra, 32 anni, ex parà, laureato in Economia veniva ucciso da un proiettile sparato dal Maresciallo dei Carabinieri Marco Pegoraro il 29 luglio del 2015 a Carmignano di Sant’Urbano, in provincia di Padova. 

Attraverso il video emesso dagli stessi CC, e poi pubblicato interamente da Chi l’ha visto, si è ricostruita tutta la vicenda.

Quella mattina i Carabinieri avevano tentato di convincere Mauro, per oltre dieci ore, a sottoporsi volontariamente ad un ricovero. Da quel che le stesse forze dell’ordine avevano ribadito, pareva fosse stato emesso nei suoi confronti un trattamento sanitario obbligatorio, smentito successivamente dalla documentazione. Quel T.S.O. infatti, era palesemente illegale perché mai autorizzato da ASL né tantomeno dal Sindaco del paese. Mauro aveva manifestato fin da subito la sua contrarietà a sottoporsi al ricovero, se non che, estenuato da ore di richieste petulanti, finse di cedere avvicinandosi all’ambulanza chiamata per l’occasione dai militari stessi. È in quel momento invece che inizia una concitata corsa di Mauro nei campi circostanti che fece scaturire un inseguimento – del tutto inspiegabile - dei Carabinieri alle sue calcagna. Mauro, raggiunto dai militari, venne ammanettato ad un polso, ma, in preda al panico, si divincolò con veemenza provocando una colluttazione con il Brigadiere Stefano Sarto (il quale ebbe una semplice escoriazione giudicata guaribile in poco tempo). Giunsero poi altri sei militari ed il maresciallo Pegoraro, quest’ultimo, in preda alla paura per la presunta incolumità del collega, sparava un colpo di pistola a distanza ravvicinata colpendo Mauro in pieno petto.

Il 26 maggio 2022 sono state depositate le motivazioni della sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Venezia il 23 febbraio scorso, dalle quali è tratto questo stralcio:

“L’imputato, alla fine della vicenda, non solo ha spezzato la vita di Mauro Guerra, un giovane di 33 anni, che si era laureato e che contribuiva anche al sostentamento familiare; ma, sin dall’inizio, ha creato anche un clima di ostilità e paura nei confronti di una persona che nulla di male stava facendo, da lui invece definita “pazza e pericolosa” e che doveva essere catturata in ogni modo; ha reso così drammatici per Mauro Guerra gli ultimi minuti della sua vita, finita poi tragicamente e determinato, per i genitori ed i fratelli, la visione dolorosa del loro congiunto inseguito per le vie del paese e per i campi come fosse stato un delinquente comune; dopo il luttuoso evento, l’imputato non si è neppure scusato coi familiari e né lui, né l’Arma hanno provveduto ad un sia pure parziale risarcimento, lasciando ai congiunti dell’ucciso anche l’onere dei funerali.”

Questo stralcio di motivazione rimbomba più di qualsivoglia indennizzo economico perchè ribadisce – senza se e senza ma - che la morte di Mauro Guerra era in maniera lampante evitabile, se non fosse che, quel caldo pomeriggio estivo, la pistola impugnata dall’uomo in divisa Marco Pegoraro ha conculcato irrimediabilmente la vita di Mauro.

Il Carabiniere, lo spiegano i giudici lagunari nel prosieguo della sentenza, avrebbe potuto intervenire in molteplici modi prima ancora che con l’arma (utilizzabile dai protocolli solo come extrema ratio), eppure, dopo aver costruito uno show degno di una cattura di un criminale mafioso, decideva di affermarsi coattivamente con uno strumento che non ammette vie d’uscita;  barbaramente, Pegoraro interveniva uccidendo come se non avesse interesse nell’incolumità di quel ragazzo, che dapprima voleva solamente far sottoporre ad un T.S.O.

Un ragazzo che è morto senza alcuna colpa, senza aver commesso alcun reato, senza aver messo in pericolo alcuno.

La coraggiosa motivazione, dunque, rende parzialmente giustizia alla famiglia Guerra, rendendosi molto più considerevole del mero risarcimento economico, non in grado, in sé per sé, di ristorare la famiglia dal dolore che vivono da ormai 7 anni.

Resta chiaramente l’amarezza nel ritrovarsi a stringere una motivazione di tale stregua, che riconosce la ‘vittoria’ delle parti civili, limitata al solo risarcimento, e che comunque lascia esente da pena l’imputato Marco Pegoraro dato che il Tribunale di Rovigo il 15 dicembre del 2018 assolveva il Pegoraro perché il fatto non costituisce reato e la stessa Procura non ne impugnava la sentenza di assoluzione.

La farsa della Pubblica Accusa e dunque dello Stato che se ne lava le mani dinanzi ad un omicidio inflitto dai propri tutori dell’ordine, è stata in un certo senso smascherata grazie alla strenua e dignitosa lotta della famiglia, impegnatasi fin da subito nel concedere verità e giustizia al proprio figlio e fratello.