La guerra al tempo di Atene

Dalla delegazione europea di reti e movimenti

29 / 2 / 2012

Ad Atene c'è la guerra. Una guerra che lascia sul terreno migliaia di homeless- si parla di 30000-, decine di migliaia di disoccupati, un numero sterminato di nuovi poveri.

Ad Atene, come dimostrano le foto allegate, ci sono file senza fine di poveri e nuovi poveri in coda per mangiare dei pasti caldi erogati precariamente alcune- poche- volte dall'amministrazione pubblica, altre dalla Chiesa ortodossa, altre ancora dai compagni e dalle associazioni di quartiere. Le foto non sono state scattate al Pireo, sono state fatte tra Plaka e Monastiriaki, vista Acropoli per capirci.

Di fianco a questa coda, composta da cittadini greci, migranti, working poor, c'è ne è un'altra, se possibile ancora più silenziosa ed ordinata. E' quella dei migranti che vengono concentrati, perquisiti, rimpatriati a forza nei bus del reparto mobile, come si vede nella foto allegata.

Non è facile fotografare quando vedi gli occhi di questi fratelli che si abbassano come se si vergognassero perchè le guardie li portano via.

Ad Atene ci sono più cartelli vendesi che affittasi, non ci sono soldi e credito per aprire attività, né per sperare in un appartamento più grande per cui il mercato immobiliare delle locazioni è in caduta libera e gli speculatori requisiscono le case dei nuovi poveri in attesa di poterle ricollocare a crisi passata - questo è legale e secondo i parametri econometrici correnti è un business sano che fa crescere il PIL.

Come nei costumi della guerra, ad Atene ci sono i check points. Ogni notte ad Exarchia centinaia di poliziotti – ma ha ancora senso chiamare polizia un corpo che è armato con armi automatiche, pistole alla fondina, giubbetti antiproiettile già indossati?- chiudono il quartiere ad libitum, scendendo con il passamontagna calato da bus da 54 posti. E non si entra e non si esce più, mentre i colleghi, quelli vestiti di blu, girano con kawasaki nuovissime e perlustrano il confine di un quartiere che non è un parco giochi per stranieri, ma un incrocio di vie dove le camere costano ancora un po' meno, i caffè sono accoglienti, ci sono spazi sociali ed vi abitano studenti, migranti che conferiscono al territorio una differenza sociale importante.

E' diversa la notte ad Exarchia da quella di Kolonaki, anzi: è proprio diversa la vita come a dimostrare che la crisi in corso non comporta meno per tutti, ma nulla per molti e tantissimo per pochi.

A Kolonaki le boutique fioriscono come mai prima, la domanda di case è impennata, la pulizia è perfetta. Ed infatti a Kolonaki dormono molti funzionari della troika.

Un intero paese li considera i moderni kapo, coloro che impersonificano la fine della democrazia; sono intesi come il dispositivo attuativo della fine della sovranità sul proprio territorio in ragione di una dittatura commissaria i cui punti di applicazione sono formalmente disarmati e “tecnici” ma nella sostanza di una violenza mai vista.

Pensate che è più facile entrare in Parlamento dalla porta principale che essere ricevuti dagli inviati della troika.

Il saldo del debito viene risolto alla fonte dagli esattori dell'austerity: si è provato ad erogare le nuove tasse, oltre che alla fonte direttamente su stipendi e pensioni, finanche sulla bolletta elettrica dopo che in molti si sono rifiutati di versare i bollettini per la manifesta povertà.

That's the Draghi's war time, un'italiano che il Corriere vuole che renda lustro all'Italia nel mondo.

Dopo l'approvazione del memorandum della troika da parte del Parlamento i movimenti si stanno ripensando, secondo la ciclicità che è normale persino in condizioni ordinarie e stanno cercando con creatività di reagire alla difficoltà della fase. Alla mobilitazione generale dell'estate che si organizzò in Piazza Sintagma, un melting pot trasversale a molte delle tradizionali culture ed organizzazioni politiche greche e che, come dicono in molti, ha fatto da moltiplicatore proprio per la sua orizzontalità, ora si cerca di capire come stabilire processi di coordinamento democratici tra le differenze soggettive. In più, alcuni, rilanciano il tema del “fare società” nei quartieri come dimostrato dai pranzi popolari, dai primi esempi di sanità autogestita ed anche dalla bella notizia che alcuni agricoltori del nord della Grecia hanno dato i loro prodotti direttamente ai consumatori a prezzi ribassati.

Siamo stati a fare assemblea con alcuni redattori di Eleftherotypia- "libertà"-, giornale critico nei confronti della troika che è stato semplicemente chiuso dalla proprietà dopo che i gionalisti hanno rifiutato licenziamenti di massa e la riduzione del 50% del salario e la cancellazione dei contributi pensionistici ed assicurativi. Stanno lottando ed hanno già fatto due uscite in edicola nella forma dello strike newspaper- edizione realizzata da redattori in sciopero, senza firma sui pezzi-, stampato con il contributo del sindacato e dei colleghi in una stamperia diversa dal solito e con una testata ad hoc pena la ritorsione civile e penale della proprietà. Ci hanno detto: vogliamo continuare a lottare per un paese migliore, con diritti e dignità. Ma molti di loro hanno davvero problemi a fare la spesa; un lavoratore non riceve lo stipendio da giugno ed ha entrambi i figli disoccupati.

Emergono nuove alleanze sociali, come nel caso della lotta degli elettrici che si sono rifiutati di partecipare all'esazione del debito tramite le bollette. Semplicemente non le hanno consegnate.

Le assemblee cui abbiamo partecipato chiamano lo spazio politico europeo, anche perchè, dicono, noi siamo solo i primi della lista, ma i prossimi sono Portogallo, Spagna ed Italia. E la Germania stessa.

L'ipotesi dell'uscita dall'Unione – ed il ritorno alla dracma- viene agitata -solo- dai nazionalisti irredentisti che rimpiangono Sirte e l'Asia minore (alcuni di questi sono tesserati stalinisti).

Da questo punto di vista anche la polemica con la Germania non è revanscista, ma significa resistere, a partire anche dalla differenza culturale, all'occupazione a mezzo di moneta la cui leadership è a Francoforte.

Sotto il cielo di Atene si vuole dare senso nuovo e non teleologico alla parola rivoluzione, dando concretezza alla lotta contro un processo di governance autoritaria che si fa "governo tecnico" contro ciò che per common sense chiamiamo democrazia.

European people rise up!

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