La legge contro la violenza di genere? Un’operazione di pinkwashing!

19 / 7 / 2019

Pubblichiamo un articolo comparso giovedì 18 luglio 2019 su Abbattoimuri in merito alle discussioni in Senato circa il DDL Codice Rosso sul contrasto alla violenza sulle donne. Sebbene non sia ancora disponibile il testo completo della proposta di legge, dai documenti presi in esame e dagli emendamenti sollevati appaiono evidenti importanti lacune in materia di prevenzione e tutela in caso di violenza di genere. Lacune che, come sottolinea l'autrice dell'articolo, difficilmente possono spiegarsi se non con il maldestro tentativo di portare a termine un'operazione di pinkwashing trascurando le reali necessità delle vittime di abusi e violenze.

Ieri il grande annuncio da parte del governo per aver approvato una legge in cui sostanzialmente si allungano pene carcerarie ma nulla si fa per la prevenzione. Per analizzare il contenuto della legge ho usato questo materiale inclusi gli emendamenti (in assenza del testo completo). Quello che emerge è che si tratta di una mera operazione di pinkwashing, un’operazione di facciata forse per tentare di soccorrere parti governative impacciate e in difficoltà dopo aver in parte istigato una violenza verbale inaudita contro le donne che dicono di NO. E se non si capisce che bisogna avere rispetto delle donne che hanno il diritto di dire di NO (alle scelte del governo e alle affermazioni di certi suoi ministri) allora viene meno la sostanza della legge. Non si può da un lato tacere sulla cultura dello stupro diffusa dai fan leghisti contro tutte le donne che a testa alta sostengono posizioni antirazziste e poi presentarsi con più pene carcerarie che, ricordiamolo, sono utili solo alla banda forcaiola che continua a immaginare la violenza di genere come scusa per riempire le carceri e costruirne di nuove.

L’industria del salvataggio si muove in questo modo e di certo è un affarone che poco ha a che fare con la pelle delle donne uccise. Il punto è che non ci serve che si punisca ancora di più dopo che le donne sono già cadaveri. Ci serve che le donne restino vive e in tutta la legge non c’è un solo passaggio che parli di prevenzione. Prova ne è il fatto che non si è tenuto conto dei validi suggerimenti dei centri antiviolenza che pure sono stati presenti alle audizioni parlamentari. Ma andiamo con ordine per scovare altri aspetti critici di questa legge, fatta – così dicono – per le donne ma certamente senza aver dato ascolto alle donne.

Primo fatto critico: come già fu per la legge sul femminicidio, si parla solo di violenza nell’ambito delle relazioni affettive, quindi da parte degli ex. E le persecuzioni e i crimini contro le sex workers, e quelli contro le trans, e la violenza di genere inflitta da sconosciuti?

Bello che ci sia la volontà di far ascoltare le vittime in fretta ma è già un problema il Codice Rosso, che non incentiva alla denuncia. E di solito, la fretta, incentiva alla negazione per paura di ritorsioni. Le donne che sono vittime di violenza vanno informate a dovere e devono essere accolte, nel rispetto del loro diritto di autodeterminazione, a prescindere dal fatto che presentino immediatamente denuncia. Questo è quello che ci insegnano i centri antiviolenza.

Bello che finalmente si parli di corsi di formazione obbligatori per i corpi di polizia che devono essere preparati ad accogliere denunce di violenza, peccato che i centri antiviolenza fanno questo da decenni ed è un peccato non averli neanche citati come personale competente che può dare una mano.

Si parla di provvedimenti per impedire l’avvicinamento dei violenti alle vittime. Ma quando mai questo è stato un impedimento per i carnefici? Gli assassini finiscono le vittime perfino dopo il carcere, a dimostrare la totale inutilità di questa retorica giustizialista. Quando si parla di protezione non si capisce a cosa ci si riferisce. Non vengono stanziati fondi per le case rifugio. Chi proteggerà le vittime? Saranno istituiti servizi di scorta armata?

E ancora: per ogni tipo di violenza descritta si aggiunge la frase “commessa in contesti familiari o nell’ambito di relazioni di convivenza”. Di nuovo: e le altre? Se non appartieni a qualcuno non hai diritto a strumenti legislativi che ti proteggano?

E per quanto riguarda la norma sugli sfregi al viso con l’acido ne parla chiaramente contro Lucia Annibali, che la dice molto diversamente.

Dopodiché si parte con la questione finanziaria. A chi andranno i soldi? Ai corpi di polizia. Come sempre. Chi saranno i formatori che insegneranno ai colleghi come trattare denunce di violenza di genere? Gli stessi poliziotti? E chi forma i formatori? A cosa servono i soldi per i corpi di polizia penitenziaria? Non si stava parlando delle vittime di violenza di genere? Alle vittime nessun fondo per le loro nuove vite lontane dai carnefici e alle polizie più soldi? Sicuri che non si approfitti della questione trattata in questa legge per spostare fondi nella medesima direzione di sempre?

Ad un certo punto infatti si scrive:

Per quel che concerne la Polizia di Stato, le risorse sono appostate sul bilancio del Ministero dell’interno (ovvero a Salvini ndb), alla Missione 3 («Ordine pubblico e sicurezza») – Programma 3.1 («Contrasto al crimine, tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica» – 7.8) Centro di responsabilità «Dipartimento della pubblica sicurezza» – Azione «Formazione ed addestramento della Polizia di Stato»”

Dunque la violenza di genere viene considerata una questione di ordine pubblico o, come sospettavo, si parte in quarta sulla violenza di genere per dare al ministro dell’interno il controllo finanziario di gestione dei fondi per le polizie che saranno utilizzate per reprimere le persone che non saranno d’accordo con lui (vedi decreto sicurezza e affini). E se le persone, grazie a questi fondi venuti fuori da una legge a tutela delle donne, dovessero essere manganellate nelle piazze, donne incluse, come la mettiamo? Più pinkwashing di così.

A seguire si parla di finanziamenti perfino per gli arredi delle sedi di polizia. Poi di fondi (milioni di euro) destinati alla direzione investigativa antimafia e per la cooperazione europea e internazionale nella formazione della polizia. Questa roba, da quel che capisco, ha a che fare con l’addestramento delle truppe per fermare i migranti ai confini. Cosa c’entrano questi capitoli di spesa con la lotta alla violenza di genere?

Poi: nel testo che ho preso in esame non si parla di revenge porn che probabilmente sarà contenuto nell’ultima stesura della legge (vedrete poi che si tratta di un emendamento). Questa è l’unica nota positiva che dà a tante donne uno strumento di difesa per le violazioni subite dagli ex e da sconosciuti che ricattano le donne tentando di rovinare la loro reputazione. Spero che in nessun rigo della legge sia scritto che si invitano le donne alla prudenza nel passare immagini al fidanzato perché deve essere chiaro che non è mai colpa della vittima.

Da qui leggo e sintetizzo emendamenti che se contenuti o meno nella legge danno comunque il quadro della discussione parlamentare. Da destra arriva l’urgenza di definire la violenza in senso coloniale accennando alla mutilazione genitale femminile. Peccato che in Italia sia già vietata. Si accenna a corsi di rispetto dei generi nelle scuole ma a quanto pare chi compone la legge non vuole inimicarsi i “no/gender” del family day e dunque addio alla prevenzione.

Si parla di matrimonio forzato, e questo è bene, ma l’attenzione a questo reato è data in un emendamento a firma Pucciarelli-Pillon (quello della legge sull’affido condiviso che vuole scoraggiare i divorzi). Peccato che dunque questo intento è descritto da chi fa chiaro riferimento alle situazioni in famiglie extracomunitarie (così è scritto). Dimenticando che in Italia fino a poco tempo fa esisteva il matrimonio riparatore per stupro e che molto importante è il fatto che esistano ricatti economici o che hanno a che fare con i figli quando si tratta di divorzio. Tutto ciò succede in famiglie italiane, tanto per dire.

C’è un emendamento firmato Grasso-Caliendo-Unterberger-Valente-Cucca i quali propongono di istituire il reato di “Propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione di genere”. Essi vorrebbero fosse “vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi di genere. Chi partecipa a tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, le promuove, dirige o presta assistenza alla loro attività, è punito, per il solo fatto della partecipazione o dell’assistenza, con la reclusione da sei mesi a quattro anni.

Temo che questo emendamento non sia stato minimamente preso in considerazione. Figuriamoci se mettono in difficoltà tutti coloro che urlano frasi misogine e sessiste, istigando allo stupro e rivendicando il diritto alla libera espressione. Sarebbe interessante sapere quel che hanno detto in commissione e con quali motivazioni hanno cestinato la proposta.

C’è un altro interessante emendamento di Grasso che vorrebbe inserire il concetto di “odio di genere” assieme all’odio razziale. Dite che l’hanno approvato? Non credo proprio.

Un altro emendamento a firma Valente, Cucca, Cirinnà, Mirabelli, Alfieri, Ginetti, Fedeli, Iori, Assuntela Messina, Rossomando, voleva denunciare il danno arrecato alle persone la cui vita e orientamento sessuale viene rivelato con qualunque mezzo. Zitti e mosca anche su questo. Il governo non credo abbia compreso dunque il senso di “violenza di genere”.

L’emendamento di Unterberger, Steger, Durnwalder e Laniece parla di diffusione di video e immagini diffuse impunemente, dunque di revenge porn. Questo emendamento penso lo abbiano recepito. Ed è da qui che viene la proposta in questione.

«Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini, video o audio a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate o registrate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000. La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini, i video o gli audio di cui al primo comma, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate o registrate al fine di recare loro nocumento».

Seguono altri emendamenti a perfezionamento di quello già citato.

Un emendamento successivo parla di conseguenze legate al suicidio della persona vessata. Quindi si parla di una pena che punisca il responsabile del fatto che ha portato la vittima al suicidio. Credo abbia a che fare anche con il revenge porn e con i fatti di Tiziana Cantone. Spero che questo sia stato inserito nella legge. Non ne sono certa giacché non ne hanno parlato.

Un emendamento parla di revoca della potestà genitoriale quando intervengono misure cautelari per denunce di violenza. Non credo che l’emendamento sia stato inserito ma in ogni caso mal si concilia con la proposta Pillon sull’affido condiviso che mette in discussione la denuncia stessa (assumendo che la denunciante sia malata di Pas) di una vittima e obbliga all’affido condiviso anche in caso di denuncia.

In conclusione non si parla di violenza di genere a tutto tondo ma di Donne, biologicamente intese, coinvolte in coppie etero. Non si parla di violenza di genere quando essa colpisce figli gay, lesbiche, trans. Eppure di genitori che maltrattano tali figli ne abbiamo visti tanti. Non si accenna alla violenza di genere legata a omofobia, transfobia. Dunque quello che interessa a costoro, come già nella precedente legge sul femminicidio è la donna madre e moglie che non dovrebbe essere maltrattata perché tutelata paternalisticamente dallo Stato che ad essa consegna il ruolo di cura e dunque di ammortizzatore sociale in assenza di un welfare decente.

Non c’è un solo rigo che parli di prevenzione, come dicevo. Nessuna campagna contro la cultura dello stupro, contro l’odio di genere, contro l’istigazione all’odio di genere e la misoginia applicata ovunque, web incluso. Non si parla sufficientemente di molestie sul lavoro (se non retoricamente in premessa) e di ricatto che mette le donne migranti in grave difficoltà quando sono gli stessi funzionari di polizia a esigere prestazioni sessuali in cambio di un permesso di soggiorno. Non c’è un rigo che parli del fatto che il rispetto dei generi debba appunto essere insegnato nelle scuole e che la formazione alle forze di polizia deve andare di pari passo alla legittimazione del lavoro di tutti i centri antiviolenza. Tutti e non soltanto l’organizzazione Doppia Difesa gestita da Giulia Bongiorno.

Per il resto non ci aspettavamo di meglio ma tant’è.