La potenza dei movimenti costituenti: la nostra scommessa collettiva che sfida le istituzioni

Riflessioni intorno all'editoriale di Giuseppe Sciortino sul Corriere di Bologna

28 / 11 / 2011

L'editoriale di Giuseppe Sciortino in prima pagina sul Corriere di Bologna del 27 novembre, non ci convince affatto, ci sembra incompleto e poco attento verso i reali processi politici che rendono viva questa città, perché non riesce, a nostro parere, a cogliere quella ricchezza espressa nelle ultime settimane a Bologna da un movimento sì diversificato ma con spinte nuove e volontà potenti e determinate.

Ci offre però spunti di riflessione interessanti, che vorremmo provare a condividere.

In un mondo che sta cambiando a velocità mai viste, dentro a una crisi sempre più strutturale dove la finanza si fa governance e le biografie sono sempre più inscritte nella crisi, i movimenti si mettono in discussione. Consapevoli dei propri limiti, perchè non possono avere e non hanno ricette già preparate o vecchi paradigmi da utilizzare, ed essendo eretici e non ideologici, ripensano se stessi, si pongono interrogativi, sperimentano pratiche, per tentare di costruire un'alternativa possibile, qui ed ora, contro le barbarie. E di volta in volta si pongono obiettivi, ne misurano la distanza, ne osservano i limiti, misurano l'efficacia del loro agire. 

Una domanda sorge spontanea: si è veramente così ciechi da ridurre la discussione e il fermento espresso da queste dinamiche di mobilitazione in una banale e vecchia contrapposizione tra differenti percorsi politici? O forse dietro a tutto ciò vi è il celato tentativo di annullare la potenza delle proposte politiche che cittadini, studenti, precari, lavoratori, singolarità, associazioni, comitati territoriali, centri sociali, esprimono mettendo in comune le proprie esperienze?

Sentiamo forte l'esigenza di chiarezza, di rimettere al centro i contenuti e le pratiche, di riprendere e rilanciare i percorsi politici avviati nei mesi scorsi e nelle ultime settimane.

Ma soprattutto è necessario rendere giustizia a quegli uomini e a quelle donne che si sono messi in gioco con le proprie passioni, mettendo in comune le proprie esperienze, autorganizzandosi, superando le differenze e convinti di trovare nell'unità delle lotte una concreta possibilità di uscita dalla crisi e una reale opzione di cambiamento. E' questa l'unità che ci interessa: pratiche e ricerca collettiva verso un obiettivo comune e condiviso.

Nelle assemblee, nei cortei, nelle occupazioni, nei laboratori cittadini abbiamo provato a fare questo: dare espressione alle reali esigenze di spazi di confronto e condivisione, per sperimentare insieme alternative alla crisi che investe le nostre vite.

Ma da un presupposto dobbiamo per forza di cose partire: nel giro di pochi giorni il quadro politico appare completamente stravolto, dal governo Berlusconi osteggiato ormai da tutti, si è passati a un governo di larghe intese e alleanze trasversali, aprendo così una fase politica inedita, per il nostro paese e per lo scenario europeo, che non possiamo non considerare.

Il governo Monti nasce dai diktat finanziari, sotto la spinta determinata di Napolitano, si consolida attraverso il consenso inedito delle forze politiche parlamentari e il largo assenso dell’opinione pubblica, che viene tenuta in attesa, quasi ibernata, da un dichiarato intento del governo di stabilizzare la situazione provando a costruire consenso sociale, riuscendo a tenere insieme chiusure e aperture. Una situazione in cui ci si affida a un governo che da tutti è stato raccontato come salvifico. In questo scenario, la situazione diventa immobile, statica, anche se solo apparentemente e momentaneamente.
Le ricette della finanza, le analisi della BCE e dell'FMI non vengono mai messe in discussione: siamo di fronte ad una sorta di messaggio divino, di fronte al quale non bisogna chiedersi perché, ma obbedire e sacrificarsi.
In questo nuovo contesto come si può provare a cambiare a cambiare realmente le cose, partendo dalla materialità che ognuno di noi vive?

E’ questa la sfida, ed è una sfida importante, di immani proporzioni e vogliamo giocarcela fino in fondo, consapevoli che non possiamo affidare le nostre vite e il nostro futuro alla politica dei palazzi, alla finanza, alla casta di destra e di sinistra, sempre più lontane dalla società, dalle nostre esigenze, che non possono trovare risposte alla volontà di intere generazioni di riprendersi in mano il proprio presente e provare insieme a costruire un futuro degno.

Ogni rappresentanza politica in questo quadro di crisi è finita: ecco perchè lo spazio politico deve vivere il tempo dei movimenti costituenti, che si relazionano direttamente con le istituzioni (in maniera conflittuale ma reale) per cambiare lo stato attuale delle cose.

È vero, "non sono molte le università dove il rettore in persona ha ritenuto di benedirli come interpreti di problemi reali di portata planetaria. E non sono molti i comuni dove il sindaco ha ritenuto di vedere nelle loro occupazioni un'occasione di riflessione per la città." E non solo a parole, come sostiene Sciortino nel suo corsivo.
Crediamo che ciò dimostri quanto il movimento a Bologna sia riuscito ad essere maturo e non infantile, quanto abbia saputo esprimere con forza e intelligenza proposte e progetti concreti. Reddito di cittadinanza, nuovo welfare municipale, riconversione ecologica, diritto al sapere, redistribuzione della ricchezza che è accentrata nelle mani di pochi, riconquista dei diritti sociali e dei lavoratori sempre più annullati, apertura di spazi di libertà e di democrazia reale sempre più negati.

Abbiamo dato vita a una scommessa collettiva, in città si è aperto un cantiere di idee, di progetti, di discussioni, di produzioni culturali e artistiche, si è espressa una potenza costituente.
Abbiamo conquistato spazi di confronto, abbiamo aperto spazi di discussione e di azione politica. I palcoscenici non ci interessano, li lasciamo ai pontificatori.

Studenti, precari, cittadini, educatori sociali contro i tagli, comitato No People Mover, assistenti sociali, educatrici degli asili nido, sindacati, lavoratori della FIOM, docenti dell'università, scuole di italiano per migranti, associazioni, nelle differenze hanno provato a costruire un nuovo progetto di città, un laboratorio; hanno incalzato intorno a tematiche specifiche assessori comunali, consiglieri delle amministrazioni locali, perché è reale la volontà di cambiamento, perchè esiste una possibilità politica di trasformazione sociale, e per farlo bisogna andare oltre gli steccati ideologici, per farlo dobbiamo metterci in gioco in tanti e tante. Solo così possiamo lottare per i nostri desideri, le nostre passioni. Solo così possiamo cambiare veramente le nostre vite, riprenderci ciò che ci spetta, incidere sulle decisioni, spostare i piani, dettare i tempi.

Merola e Dionigi si sono esposti, definendoci un'opportunità, palesando la non autosufficienza delle istituzioni, che non riescono da sole a stare nei reali processi sociali. E tutto questo spaventa la casta della rappresentanza, che si sente minacciata, esautorata dal ruolo che non ha mai saputo assolvere, che ci ha portato a questa situazione insostenibile in Europa, in Italia e a Bologna, dove sulle macerie del Civis pretende di farci digerire il People Mover, un'altra ennesima grande opera inutile soprattutto in tempi di crisi.

La "politica", la casta, le istituzioni, le abbiamo sfidate, si sbaglia Sciortino, e siamo riusciti anche a farci riconoscere legittimità. Altro che clienti...

Infine, é vero: non c'é unità di movimento. E allora?
In questo giorni a Bologna si é espressa la ricchezza di percorsi politici differenti ma che non vivono in contrapposizione, che hanno reso viva la città e che seguono obiettivi diversi. 

Le relazioni sono vere quando si litiga e non quando si sta insieme per obbligo. Non ci piace la santità del matrimonio, e comunque abbiamo vinto il referendum sul divorzio già da un po' di decenni.
Non c'è nessun disegno divino che ci obbliga a stare insieme, non firmiamo contratti, siamo liberi di fare le nostre scelte, di praticare i nostri obiettivi, di scegliere quale strada percorrere. E i vigili ci hanno sempre infastidito.