La schiavitù dei mercati

25 / 4 / 2012

E' troppo semplicistico dire che i mercati sono crollati a causa della semi-vittoria di Hollande. La settimana scorsa erano pure crollati, per qualche altra ragione. È un bel po’ di tempo, almeno da luglio dello scorso anno, che ci siamo abituati a questa volatilità mozzafiato.

E ogni volta si cerca ex post di trovare qualche ragione. Ora è la paura del socialismo: chissà, forse gli operatori sui mercati lo temono veramente, magari perché vedono la giustizia sociale come abbinata a nuove tasse, ma io non l’ho mai creduto neanche un momento. I mercati crollano oggi come ieri, e crolleranno ancora chissà quante volte, perché non è stato risolto il problema di una governance europea innanzitutto che esista, nel senso che si crei una struttura centrale in grado di dettare precise linee di azione, e poi che metta al primo posto i problemi della crescita e non dell’austerità a tutti i costi.

Altrimenti viviamo nella schiavitù dei mercati: quando crollano è come se chiedessero austerità, i governi magari ubbidiscono e poi dopo un po’ di tempo i mercati si accorgono che senza crescita le imprese non possono creare ricchezza, e allora i mercati crollano di nuovo. Tutto questo peraltro va nell’interesse degli speculatori: finché ci sarà questa volatilità esisteranno sempre ampie possibilità di guadagni per chi gioca con freddezza e spregiudicatezza sui mercati.

Il problema insomma non è Hollande. Va anche detto che pure Sarkozy negli ultimi tempi ha preso le distanze dalla rigidità della Merkel, l’asse franco-tedesco dava parecchi segnali di scricchiolio. AI punto che ora non so quanto il rinnovato appoggio della Merkel all’attuale presidente possa dirsi benaugurale: ho l’impressione invece che finirà col sottrarre voti a Sarkozy, una specie di consenso avvelenato, perchéla Merkel sarà anche stimata dalle classi dirigenti ma non ha più un vasto consenso popolare, tantomeno in Francia. E quello che conta in un’elezione è il voto del popolo.

In ogni caso, Hollande è stato più chiaro e deciso: ha detto senza equivoci che il fiscal compact così com’è non va, e visto che dev’essere ancora ratificato si può, anzi si deve correggere in modo da orientarlo di più verso la crescita. Altrimenti l’Europa andrà a sbattere contro un muro. È questo il vero problema. Altrimenti si andrà avanti con una debolezza strutturale dell’Europa che inquina lo stesso rapporto fra politica e mercati. Il problema va preso molto sul serio. Nel momento in cui ci renderemo conto che i mercati tutelano la politica, sarà già troppo tardi, perché non ci sarà più spazio per la democrazia. E questo la popolazione non potrà mai tollerare in nessuna parte del mondo. Dunque la normalità è che siano i governi a tutelare i mercati. E i mercati a loro volta sanno che sono sottoposti al rischio di non poter sopravvivere senza l’ aiuto dei governi. Questa è stata la grande lezione della crisi finanziaria: dire che bisogna cambiare il voto perché sennò si fa dispiacere ai mercati significa aprire una ferita nella democrazia.

Tratto da La repubblica 24 aprile 2012