Bandiere rosse al vento per Chavez alla Mostra del Cinema di Venezia

La sinistra e il caudillo

9 / 9 / 2009

Fotogrammi paradossali dalla Mostra del Cinema.
Il giorno dell’inaugurazione la polizia distribuiva un po’ di terapeutiche manganellate ai lavoratori precari dello spettacolo e della cultura, agli studenti dell’Onda. La loro colpa? Manifestavano con un obiettivo decisamente “riformista”, quello di opporsi ai tagli indiscriminati che stanno falcidiando il Fondo Unico per lo Spettacolo, l’istruzione pubblica, l’università e la formazione più in generale e, al contempo, di rivendicare – come del resto sta avvenendo nell’America di Obama – la necessità di investire cospicue risorse sulla cultura e la ricerca, e sulla garanzia di un reddito dignitoso per chi vi lavora, come efficace misura anti-crisi, scommessa vincente sul futuro delle Paese e delle sue più giovani generazioni. Ma no, loro non dovevano sporcare con la loro protesta il “red carpet” su cui sfilavano Fabrizio Corona e il ministro Bondi.

L’altro ieri, invece, un tripudio di bandiere rosse e striscioni di benvenuto, per i “rivoluzionari” che formavano il comitato d’accoglienza del presidente venezuelano Chavez. Una vera star, accolta con tutti gli onori, quelli da protocollo riservati ad un Capo di Stato, forse il primo al Lido dopo Mussolini e Hitler, e quelli “militanti” tributatigli da pezzi importanti della “Sinistra” italiana.
Non ci sentiamo proprio di condividere tanto entusiasmo per la visita del Caudillo di Caracas. A noi, il suo profilo e la sua stessa storia (ed anche i nostrani innamoramenti) ricordano troppo da vicino, con qualche decennio di ritardo, quelli di un altro militare nazionalista del Sud del mondo, ammantato di ideologia socialista e seduto su una montagna di petrodollari, il colonnello Gheddafi. La storia e la realtà della contemporanea società venezuelana sono cose troppo complesse per essere liquidate in poche battute, ma è la figura stessa di Chavez che ha dimostrato, nel tempo, di aver poco a che fare con il vento di innovazione che sta soffiando in tutta l’America Latina, che ne ha modificato le strutture istituzionali e ha, pur tra mille contraddizioni, investito il rapporto tra i governi e i movimenti sociali.

Ma perché a certa Sinistra piace tanto questo (ex)parà? Crediamo sostanzialmente per due ragioni, da cui ci sentiamo eticamente e culturalmente distanti anni luce. La prima parla di un vecchio riflesso condizionato “antimperialista”, per cui “il nemico del mio nemico è necessariamente un mio amico”. Fatichiamo non poco ad immaginare di applicarla come bussola di orientamento nel mondo contemporaneo. La seconda denuncia la disperata ricerca di qualche nuova icona ideologica, di un’icona purché sia. Se qualcuno cerca Che Guevara e trova i Chavez ed i Gheddafi, farebbe meglio ad interrogarsi sulla necessità di fare a meno di qualsiasi icona e di mettersi, invece, alla faticosa ricerca di nuovi sentieri per il cambiamento.

Un'ultima cosa: Chavez è sbarcato a Venezia da un volo proveniente da Teheran, dove aveva pubblicamente esternato tutta la sua solidarietà “antimperialista” all’amico Ahmadinejad e aveva liquidato lo straordinario movimento di giovani e di popolo, per la libertà e la democrazia, conosciuto come “Onda Verde”, definendolo un “complotto della CIA”. A noi, tanto sarebbe bastato per dire che siamo con i ragazzi e le donne di Teheran e non con Chavez, e che a certa agiografia preferiamo di gran lunga coraggiose inchieste, come quella di Michael Moore, che proprio al Lido ha ricordato a tutti che “quando la gente si ribella, tutto diventa possibile”.