La vera rapina
Sono passati oramai 7 giorni dal nostro arresto. In tutta Italia ci
sono state manifestazioni di solidarietà e di risposta a quanto
accaduto. Colpisce però, in questo contesto, l’assordante silenzio delle
istituzioni. L’attenzione dei media mainstream è “chiaramente”
concentrata sul fatto del momento: è arrivato Matteo Renzi e arriverà
tra poco un nuovo governo. Senza passare per le elezioni, questo nuovo
messia della politica italiana prenderà in mano la situazione, per
provare a salvare il PD e l’intero baraccone della politica
istituzionale italiana, in tremenda crisi di consenso. Primo passo,
infatti, cambiare le regole del cosiddetto “gioco democratico”, che di
democratico oramai ha ben poco e ne avrà ancora meno, attraverso
meccanismi che sanciranno il fatto che una esigua minoranza possa
governare indisturbata nel nome della stabilità e della governabilità.
Ma stabilità a che pro?
Stabilità nell’affermare i principi
dell’austerità. Nella privatizzazione dei servizi e nella vendita dei
beni comuni. Stabilità nell’aggressione al territorio e alle nostre
vite. Stabilità nel rendere le nostre vite sempre più schiave della
produttività e delle esigenze delle imprese. L’idea è chiara: attraverso
il ricatto della disoccupazione renderci ancora più precari e
disponibili, metterci tutti contro tutti in regime di concorrenza
spietata dentro il grande mercato globale.
Stabilità allora
corrisponde anche a far calare il sipario del silenzio attorno alle
lotte, a chi si dichiara incompatibile con tutto questo, a chi si
ribella e vuole cambiare. A queste intenzioni bisogna rimandare, a
nostro avviso, l’operazione di polizia e carabinieri che 7 giorni fa a
colpito gli attivisti dei movimenti per il diritto all’abitare della
città di Roma e contemporaneamente, quelli del movimento dei disoccupati
e dei precari napoletani. In atto c’è, dunque, un attacco a quei
movimenti che hanno avuto la capacità di prendere parola e di lanciare
contro i potenti e le loro lobby, la sfida di un cambiamento reale. Non è
un caso, che fra le persone a cui sono negate, oggi, libertà ed
agibilità, ci siamo noi. Le persone che hanno chiesto la piazza per la
manifestazione del 19 Ottobre scorso per dar vita alle calde e
meravigliose giornate di Porta Pia. Dagli atti giudiziari che sono
giunti alla nostra attenzione, è evidente, la costruzione tutta politica
dell’operazione, siamo coscienti del fatto che si tratta di una
operazione studiata ed orchestrata e tavolino per metterci a tacere. Del
resto sono passati ben 5 mesi dai fatti che ci vengono imputati. In
questi 5 mesi abbiamo partecipato a decine di manifestazioni, scritto
comunicati e contribuito alla stesura di delibere. Solo ora si accorgono
della nostra grande pericolosità?
Nel denunciare questo, però,
vogliamo esternare e rendere pubblico ciò che ci stupisce e ci rammarica
maggiormente. Nella normalizzazione targata Renzi, sembrano essere
finiti in tanti.
Ricordi.
Quando abbiamo incontrato il ministro
Lupi con la piazza di Porta Pia gremita eravamo in compagnia del Sindaco
di Roma Marino e del suo vice Nieri: per oltre un’ora abbiamo provato
tutti a convincere il ministro che non si poteva più aspettare per avere
subito un blocco complessivo degli sfratti e poi un piano per
l’emergenza abitativa. Ricordiamo tutti anche la risposta, chiusa e
negativa da parte del Ministro, la delusione di tutta la delegazione, la
rabbia della piazza, il sindaco fra i manifestanti. Tutto veniva
rinviato alla conferenza stato – regioni, fissata poi per il 31 Ottobre.
Ricordiamo
anche fitte telefonate ricevute dai rappresentanti della giunta
regionale del Lazio, i tanti incontri che hanno preceduto la
manifestazione del 31 Ottobre, quello con il presidente dell’ANCI
Fassino, tutti facevano intravedere la possibilità che qualcosa di nuovo
potesse accadere, che venisse fermata la strage degli sfratti ed
offerta una risposta alla miseria dell’emergenza abitativa. Aspettative,
speranze, coraggio. Alla mente il pensiero, nitido, di una nostra
delegazione che nel pomeriggio del 31 Ottobre dopo i fatti della
mattina, mentre eravamo tutti e tutte nonostante la stanchezza ancora a
piazza Montecitorio, ha incontrato a largo Chigi, il ministro Kyenge
anch’essa presente alla conferenza unificata stato regioni sul tema
della casa. Fra le persone colpite dai provvedimenti della magistratura,
ironia della sorte, c’è anche chi ha partecipato a questo incontro.
Ancora ricordi.
Ricordiamo
il nulla di fatto sul fronte del governo. Gli sforzi fatti sul terreno
locale in attesa di un provvedimento governativo sempre annunciato ma
mai realizzato. I tanti autorevoli incontri, passati e recenti, prima e
dopo questo fatidico 31 Ottobre, avuti con il Prefetto di Roma, con gli
esponenti della Giunta della Regione Lazio, con quelli del Comune di
Roma. Le manifestazioni e poi ancora i tavoli. Alla fine i primi
risultati con l’approvazione della Delibera Regionale per l’emergenza
abitativa.
Risultati che abbiamo percepito come frutto della tenacia
di tante donne e di tanti uomini provenienti da paesi e realtà diverse
che hanno avuto la forza e la capacità di auto – organizzarsi, di
costruire, di lottare. Risultati che abbiamo considerato, in una certa
misura, anche come il frutto di un confronto fra noi e le istituzioni,
complesso per le differenti opinioni e punti di vista, reso difficile
dalla grave situazione sociale, ma comunque vero. Un confronto,
soprattutto, reso possibile e costruito attorno all’idea che le
questioni sociali, i bisogni ed i diritti negati, le lotte, MAI
potessero essere trattati come temi giudiziari e/o di ordine pubblico.
Pena, varcare la soglia di una democrazia già ristretta e senza ossigeno
ed entrare dentro la dimensione di un vero e proprio regime.
Oggi
avvertiamo che questa soglia, non solo a Roma, la si sta varcando. Ed il
rischio non riguarda soltanto le sorti dei movimenti, per fortuna
solidi e vivi; ma anche chi è ancora “spettatore/vittima” delle
ingiustizie sociali e politiche di questo sistema. Riguarda tutte e
tutti noi.
Di fronte a questo, crediamo, nessuno può evitare di
scegliere da che parte stare, ora e subito. Se criminale è chi specula
sulla nostra città e sulle nostre vite, chi cementifica ed affama, chi
produce devastazioni e nocività; chi nega il diritto allo studio, alla
salute, alla casa e al reddito; chi uccide l’ambiente ed i nostri
territori. Oppure se criminali siamo noi, che tutto questo combattiamo.
Per
questo, abbiamo deciso di intraprendere, da oggi, l’unica forma di
lotta che ci sembra praticabile ed efficace nella nostra condizione: lo
sciopero della fame.
Liberi Tutti e Libere Tutte
Casa Reddito Diritti Dignità
Luca Fagiano
Paolo Di Vetta