La “verità politica” è veleno e noi ce la beviamo

The Communication CUT: la politica delle emozioni fa leva sulle nostre paure

25 / 8 / 2022

Le emozioni più forti sono quelle primordiali, radicate nella parte di cervello più antica e conosciuta come rettile. Sono quelle che riguardano le funzioni vitali e gli istinti di sopravvivenza, che possiedono tutti gli animali: la paura dei pericoli, la necessità di riprodursi e di nutrirsi. Il cervello limbico, invece, racchiude i processi emotivi, quelli sviluppati più tardi dai mammiferi: la voglia di stare in branco, l’affettività.

Il tipo di comunicazione che punta a colpire le nostre emozioni inconsce è tra i più efficaci, poiché fa leva sulla parte irrazionale del nostro cervello. Nel marketing e nella pubblicità è una strategia ampiamente utilizzata, come nella propaganda. Quando la comunicazione emozionale mira alla parte rettile del cervello il messaggio è ancora più forte, basti pensare alla nostra soglia dell’attenzione quando ci sentiamo in pericolo. Se sentiamo urlare “al fuoco” ci allertiamo subito, perché in una situazione che potrebbe ledere noi o le nostre proprietà. Se sentiamo urlare “aiuto” la nostra risposta sarà meno immediata, poiché il pericolo non starà toccando noi direttamente.

Aristotele già nel 329 a.C. scriveva Retorica, il primo testo sull’arte della persuasione. Secondo lui i tre pilastri fondamentali della comunicazione sarebbero l’ethos, il logos e il pathos. Il primo riguarda chi parla, quindi l’emittente: la sua credibilità e l’opinione che il destinatario ha di lui. Il logos concerne tutto ciò che è il contenuto del messaggio, mentre il pathos interessa chi ascolta tale discorso. La persuasione passa sempre attraverso tutti questi elementi, compreso quello capace di suscitare emozioni.

Come il marketing, anche le strategie politiche fanno spesso e volentieri uso della comunicazione empatica per raggiungere il pubblico più nel profondo. In particolare, alcuni politici sfruttano notizie di cronaca per diffondere la paura verso il diverso. Paura che sfocia in odio.

In base a quale criterio scegli di condividere solo determinati fatti rispetto ad altri, se non per improntare una narrazione di tipo manipolativo? Una narrazione che racconta la tua storia, e quella che vuoi far ascoltare agli altri.

È ormai la prassi che i personaggi politici si avvicinino sempre di più al pubblico tramite la loro presenza sui social network. Si tratta di un contatto molto più “intimo” poiché, rispetto agli altri mass media, è una comunicazione immediata e costante. Il loro piano editoriale consiste nel pubblicare assiduamente e dare un’opinione su tutto, e ciò li rende onnipresenti nella quotidianità degli utenti. Questa vicinanza li fa anche percepire come conoscenti: condividendo ogni momento della loro giornata, la loro famiglia e il loro tempo all’infuori dell’ambito lavorativo, appaiono più come amici che come persone “di potere”, e danno maggiore impressione di potersi fidare.

Il mio parere è che alcuni politici siano ottimi comunicatori, e che possano essere considerati alla pari di un qualsiasi influencer di successo. La comunicazione, però, è più una questione di scambio, di dialogo, di verità. Quello politico è più un approccio - ovviamente - persuasivo, in cui la verità è distorta. Si può paragonare al concetto di post-verità già spiegato in precedenza: l’intento è una narrazione volta alla diffusione di paura e odio verso il diverso, che prescinde dalla notizia, che essa sia reale o meno. I fatti vengono sostituiti dalle emozioni.

Non è di certo la prima volta che personaggi politici condividono news riguardanti fatti di cronaca che hanno come protagoniste negative persone non italiane. Ma ne abbiamo esempio lampante proprio col caso, molto dibattuto, della candidata premier Giorgia Meloni e della notizia di uno stupro subito da una donna a Piacenza. La scelta ponderata di condividere il video della violenza soffermandosi non sull’atto in sé, ma sul fatto che sia stato commesso da un uomo richiedente asilo è palesemente un metodo di propaganda elettorale, ed è razzista è sessista allo stesso tempo. Questo perché notizie di reati simili, commessi da uomini italiani, vengono ignorate dalla deputata. La narrazione portata avanti da Giorgia Meloni è quella per cui la figura dello straniero sarebbe sempre associabile a quella del criminale e dello stupratore. Ed è solo un esempio dei molteplici casi di propaganda razzista portata avanti anche da personaggi come Salvini, ma che talvolta si ritrovano anche nelle narrative della fazione opposta.