L’Aquila - Finalmente! Il cratere si rivolta

Grande partecipazione alla manifestazione del 16 giugno

17 / 6 / 2010

C’eravamo tutti. La città e il territorio insieme. Dei centomila abitanti del cratere, 20 mila erano presenti. Non si  ricorda una giornata così da moltissimo tempo finita con l’occupazione dell’autostrada 24 per più di un’ora. alcuni autobus della tratta L’Aquila –  Roma non sono potuti partire

Cittadini, istituzioni, il mondo della scuola, dell’Università, l’Arcidiocesi,  associazioni, movimenti, partiti, sindacati, forze imprenditoriali, dalle banche agli edicolanti e ai pizzaioli.

Una manifestazione nata dal basso, frutto del lavoro svolto, spesso nell’ignoranza se non nella derisione, da cittadini coraggiosi e ostinati che non ci stanno a svendere la loro città e a farsi togliere anche la dignità e il rispetto.

Siamo stati cancellati dalle televisioni del cosiddetto servizio pubblico, che hanno ritenuto più interessante disquisire della Nutella (TG2) o dei danni derivanti dagli interventi estetici (TG1).

Sappiano che questo è solo l’inizio.

L’Aquila non si arrende.

Non un passo indietro.

Il nostro futuro è ora!

Siamo di nuovo per strada, siamo tanti e più forti di chi ci vorrebbe in ginocchio. Di nuovo in piazza per opporci al meccanismo che ci prende alla gola e ci ricatta. L’ennesima proroga di sei mesi nella restituzione delle tasse arretrate è solo un ulteriore presa in giro. Dover pensare ogni 6 mesi a ripagare le imposte serve a fiaccare energie. Ancora non si vuole stabilire in che forme e in che tempi questo debba avvenire e ciò costituisce un ulteriore incertezza che si scaglia sulle nostre esistenze già da sé iper precarie qui a L’Aquila e nel cratere sismico.  Questa strategia di sistematica produzione dell’incertezza deve interrompersi. Pretendiamo il diritto ad una relativa tranquillità che ci permetta di pianificare le nostre vite investendo tempo e energia su ciò che ci interessa e di cui abbiamo veramente bisogno. Tutto ciò è impossibile se non si danno delle certezze come è accaduto per la restituzione delle tasse per il terremoto umbro  e come la piattaforma di questa manifestazione suggerisce. Certezze che devono dirci quanti soldi ci sono per questo territorio, dove sono, come e quando vengono stanziati. Il sistema delle ordinanze è un altro dei meccanismi di ricatto che ci permette di avere il minimo solo quando siamo affamati e tirano venti di rivolta.

Qui non c’è lavoro, non c’è una prospettiva. Invece di elemosinare l’autonoma sistemazione si potrebbe attuare una così detta microzonazione sociale che permetta di individuare le misure giuste per differenti situazioni come ad esempio un reddito sociale garantito.

Non vogliamo altro assistenzialismo. Sappiamo che sarà dura e vogliamo essere messi in grado di rialzarci in maniera autonoma senza dover aspettare sempre l’intervento dello Stato. Siamo stufi di essere trattati da terremotati sfortunati. Siamo persone in carne ed ossa con i nostri corpi e i nostri desideri, individui liberi e pensanti e per questo contro il fascismo, la xenofobia, il razzismo, l’omofobia, la segregazione. Che sanno bene di trovarsi in una situazione particolare ma simile a tante altre di disagio. Che non ci stanno però a soccombere, ad abbassare la testa e ad accettare i privilegi e le ingiustizie. Vogliamo vivere!!! al di là del terremoto  Vogliamo che smettano le parate di governo su questo territorio e si smetta definitivamente di parlare di miracoli. Fate quello che vi spetta fare, sinceramente.  Senza operazioni solo di facciata e per il proprio tornaconto.

Come si capiva già dal decreto Abruzzo i soldi – e ora iniziano a dirlo anche le istituzioni -  non bastano a causa degli sprechi di quest’emergenza affrontata male. “Dalle tende alle case” il dogma assoluto del governo, è significato quasi un miliardo di euro per un assistenzialismo forzato e non ancora terminato che ha assicurato solo ad una parte degli sfollati il diritto ad una abitazione degna. La disgregazione scientifica di una città in 19 quartieri dormitorio lontani dalla città e in cui ognuno, ogni nucleo familiare, è lontano dai luoghi che prima viveva e dai vicini di sempre.  A fronte di una cifra spropositata per costruire quartieri senza nessuna logica e definitivi, migliaia di persone vivono da un anno e mezzo ancora negli alberghi lontani dalla città e nelle caserme. Gli anziani e i più deboli in generale vengono lasciati ai margini. Gli adolescenti stanno crescendo in una non-città con l’unica attrattiva del centro commerciale.

Manca un’idea di città. A L’Aquila attualmente non esiste una piazza. I militari fastidiosamente ancora sulla  strade fanno sembrare questo un territorio di guerra. Intanto si è rivoluzionato un territorio in maniera permanente senza prevedere un piano urbanistico. Sembra che tutti girino dappertutto alla ricerca di tutto come atomi impazziti o restino nella funzionale solitudine di una TV al plasma in comodato d’uso. Una (ri)costruzione quella del piano c.a.s.e., priva di ogni significato sociale e culturale in una città che almeno fino al 6 Aprile era soprattutto Universitaria e che vogliamo ci rimanga. Ma dove sono gli alloggi per gli studenti fuorisede? Quali sono le strutture e i luoghi che possano in qualche modo supplire alla non agibilità del centro storico, la vera attrattiva per gli studenti.

E’ chiaro che se le cose sono andate così e ci ritroviamo nell’attuale situazione  è soprattutto a causa di una classe politca locale inconsistente e incompetente che si è facilmente lasciata imporre un modello, incapace nemmeno di  ottenere qualcosa in cambio. Lo spettacolo del miracolo dell’Aquila è stato possibile grazie alla sistematica prostrazione del sindaco dell’Aquila, della provincia e della regione verso i poteri forti che venivano dall’alto. Sindaco che se oggi partecipa alla manifestazione – sappia- che lo fa anche contro se stesso, verso i suoi errori che ci hanno condotto fin qui.

Su questo territorio manca ogni tipo di progettazione e prospettiva  economica e sociale. Molti piccoli comuni e frazioni il loro terremoto lo vivevano già da tempo, da prima del 6 Aprile e si chiamava spopolamento. Cosa sarà di tutti i borghi? Ci si è resi conto della vera entità del danno? C’è la vera intenzione di ripararlo e con quale progetto? Sono problemi la cui risposta non va delegata alle istituzioni ma di cui si deve far carico la cittadinanza costruendo esperienze di partecipazione dal basso.

Come 3e32 da più di un anno ci battiamo per il 100% di ricostruzione, della partecipazione e della trasparenza. In maniera drammatica e sistematica si è andati dall’inizio in un’altra direzione. Ma forse ancora non è troppo tardi.

Comitato 3e32 @ casematte

Volantino in distribuzione durante il corteo di oggi 16 Giugno

Tratto da:

L'Aquila - 16 giugno Manifestazione