Le macerie dell'Università

di Onda Anomala Trento

27 / 7 / 2009

Ancora una volta il governo mette mano all’Università. Lo rifà, non a caso, durante la pausa estiva nella speranza che tutto passi inosservato, mentre gli “alfieri” della meritocrazia e i lobbisti dell’AQUIS affilano le armi in vista di una più corposa riforma della governance del mondo universitario.

Il governo ha dato il via libera ad un provvedimento che ridistribuisce le risorse finanziarie sulla base delle performance realizzate dai singoli atenei italiani. La Ministra dell’Istruzione e dell’Università Mariastella Gelmini stavolta ha deciso di sedersi in cattedra e dare i voti, stilando una classifica dei buoni e dei cattivi. C’è da chiedersi, tuttavia, quali siano i parametri adottati dalla Ministra al fine di trasformare la retorica della meritocrazia in dispositivo di differenziazione e discriminazione fra gli atenei. Il Ministero, in un tentativo disperato di trovare dei parametri di valutazione della qualità della ricerca, ha pensato bene di fare riferimento a delle cifre stilate dal Civr (Comitato di Indirizzo per la Valutazione della Ricerca) e riferite al biennio 2001- 2003. Un tuffo nel passato che svela l’incapacità del governo di sostenere una politica coerente di investimento in ricerca. A guidare la testa dei primi della classe troviamo l’Ateneo di Trento che dovrebbe ottenere circa sei milioni di euro in più rispetto all’anno precedente. Più volte abbiamo segnalato gli enormi problemi di bilancio che avrebbe dovuto affrontare il Rettore Bassi in apertura del nuovo anno accademico. Che inaugurazione avrebbe mai fatto quest’anno portandosi sul groppone un buco di bilancio di diversi milioni di euro e decine di “suoi dipendenti” licenziati per “mancanza di fondi” ? Ecco allora il salvagente estivo: un bonus di sei milioni di euro che vanno a sanare un bilancio in perdita e che non danno certo ulteriori possibilità di sviluppo e crescita all’ Ateneo Trentino.

Il dato politico preoccupante è che ci troviamo di fronte ad alcuni Rettori che gioiscono nel vedere affondati alcuni fra i più importanti atenei italiani, utilizzando la retorica della meritocrazia come una clava in una assurda guerra fra poveri dove i perdenti rimangono gli studenti e le studentesse, i precari e le precarie della ricerca. Per il loro futuro la Ministra non ha speso neanche una parola. La politica di redistribuzione dei fondi si inserisce in un quadro di sostanziale disimpegno dello Stato rispetto all’investimento in formazione e ricerca. Questo si traduce in una parcellizzazione delle già scarse risorse fra pochi atenei virtuosi. La formazione e la ricerca, lungi dall’essere considerati un investimento, diventano ancora una volta delle voci di spesa da tagliare. In una prospettiva d’analisi globale si tratteggia un quadro poco rassicurante per la formazione e la ricerca pubblica: alcuni atenei potranno continuare la loro ascesa verso la costruzione di una Università per le elites, gli altri affonderanno nella mediocrità, insieme al loro disperato tentativo di mantenersi in vita attraverso l’aumento delle tasse di iscrizione, la cancellazione di corsi di insegnamento, l’introduzione di dispositivi di controllo per l’accesso alla formazione (come il numero chiuso), l’espulsione di precari e precarie della ricerca.

Questo è il dato politico che vogliamo far emergere. Questo governo, attraverso la redistribuzione differenziale delle risorse tenta di nascondere il taglio sostanziale degli investimenti operato un anno fa attraverso la famigerata Legge 133. Chi ci rimetterà non sono di certo i vertici degli atenei puniti dal Ministero. Saranno i loro studenti e le loro studentesse, i precari e le precarie della ricerca a farne le spese. A noi non interessa se l’ateneo trentino riesce, attraverso manovre lobbistiche, ad estorcere qualche euro in più.

Noi non abbiamo dubbi nella scelta della barricata. La formazione e la ricerca sono beni comuni di tutti e tutte e non di pochi “virtuosi” celati dietro la retorica della meritocrazia. Noi proseguiremo nel percorso di costruzione di un’Universitàin cui i saperi non siano dispositivi di disciplinamento da incapsulare in corpi-matricole docili da spedire nel mercato del lavoro. L’Università comune che costruiamo quotidianamente passa attraverso la condivisione e la liberazione dei saperi e la costruzione di spazi di autoformazione gestiti in modo autonomo e diretto da studenti e studentesse.

Questa manovra estiva servirà a placare l’ira di alcuni “rettori illuminati”. Ma non certamente la mareggiata che in autunno si riverserà fra le macerie dell’Università pubblica.

Onda anomala Trento

Aula 13 Liberata. Facoltà di Sociologia