Le mani sull’accoglienza

12 / 6 / 2015

"Se mi dai cento persone facciamo un euro a persona". Nelle intercettazioni dell'inchiesta di Mafia Capitale il "prezzario" delle vite dei migranti. Il sistema corruttivo di Buzzi, Carminati e Odevaine si estedeva oltre i confini della Capitale.

Delle quattrocentoventotto pagine che compongono l’ordinanza firmata dal Giudice per le Indagini Preliminari della Procura di Roma, Flavia Costantini, relativa alla seconda trance dell’inchiesta “mafia capitale”, più di un centinaio sono quelle dedicate alle “corruzioni nella gestione dei centri di accoglienza dei richiedenti asilo”. Come è noto il personaggio chiave è Luca Odevaine, al secondo arresto dopo quello dello scorso ottobre, il potentissimo funzionario di “comprovato inserimento nel sistema politico/burocratico romano e conseguente rete di conoscenze e entrature a ogni livello” scrivono di lui i carabinieri del Ros nell’informativa alla base dell’inchiesta, ipotizzando i reati di corruzione e di turbativa d’asta, rivelando come Odevaine “abbia agito in spregio ad ogni principio di fedeltà e di buona amministrazione che dovrebbe condurre la sua opera”, mettendo in essere “accordi di natura corruttiva con esponenti del gruppo imprenditoriale La Cascina. Non solo. Nelle carte dell’inchiesta ci si sofferma, in particolare, sul ruolo istituzionale detenuto dal funzionario sottolineando come egli “non provi alcun senso di disagio per i propri comportamenti riprovevoli, che antepongono l’interesse personale e quello degli imprenditori che lo corrompono, alle esigenze umanitarie sottese alle decisioni”.

Insomma, secondo i giudici dell’antimafia romana sono proprio le funzioni ricoperte da Odevaine al tavolo di coordinamento nazionale sull’accoglienza per i richiedenti e titolari di protezione internazionale e quale componente di tre commissioni di gara pubblica per l’aggiudicazione dei servizi di gestione del CARA di Mineo a fare di lui il perno di un sistema corruttivo, in spregio totale alle esigenze delle persone richiedenti protezione internazionale. È lo stesso Luca Odevaine a rivelare in una intercettazione telefonica allegata agli atti il criterio di calcolo delle tangenti dovute in base al numero di immigrati ospitati nei centri. Il prezzo per ogni migrante accolto, perché di questo si tratta. Così dice al telefono ad un imprenditore spiegando il sistema: “possiamo pure quantificare, guarda. Se me ... me dai cento persone facciamo un euro a persona” arrivando così a prospettare un vero e proprio tariffario per ogni migrante ospitato. È sempre lo stesso alto funzionario, in un colloquio intercettato con i manager della Cascina negli uffici della sua Fondazione Idea – Azione a spiegare le “sue particolari esigenze” in qualche modo connesse al ruolo istituzionale rivestito: si discute dell’appalto dell’affidamento dei servizi per il centro di accoglienza di Mineo, il più grande Cara esistente in Europa ed Odevaine rivela: “io questa volta, una volta nella vita, vorrei quantomeno non regalare le cose, insomma". E poi aggiunge: “almeno io da questa roba qua ce vorrei guadagnà uno stipendio pure pe me”.

Lo schema del sistema corruttivo è unico e sembra valere - a leggere le carte dell’inchiesta - per diversi appalti sull’accoglienza, in varie parti d’Italia. “Un tanto a persona, per le persone, per i nuovi centri che gli stiamo attivando in questi giorni” è ancora Odevaine, intercettato, a spiegare il tariffario agli imprenditori, per se stesso, e per il sistema di potere criminale a cui egli appare connesso. Sulla pelle dei rifugiati, naturalmente. “Sarebbe meglio stabilire una cifra a persona, più che sugli utili, perchè se poi dopo calano” ( i rifugiati si intende).

Odevaine riceveva dai manager Cammisa, Ferrara, Menolascina e Parabita esponenti dei soggetti economici interessati alle vicende amministrative (gruppo La Cascina) la promessa di una retribuzione di 10.000 euro mensili, aumentata a euro 20.000 mensili dopo l’aggiudicazione del bando di gara del 7 aprile 2014, per la vendita della sua funzione e per il compimento di atti contrari ai doveri del suo ufficio in violazione dei doveri d’imparzialità della pubblica amministrazione, lo certificano i giudici nell’ordinanza quanto vale la vita di un migrante per il sistema mafia capitale, e lo ammette ancora lo stesso funzionario, sempre in un’intercettazione: “Perché sai, comunque sia, tra quelli lì che gli ho dato adesso in Sicilia, se riesco a fargli prendere questi di Roma, Castelnuovo di Porto e questi altri, alla fine sò quasi un migliaio di ... di posti, 1000 posti sò 1000 euro al giorno”…

Dunque, in sostanza, secondo la Procura di Roma guidata da Giuseppe Pignatone sarebbero state truccate le gare per la gestione dei servizi presso il centro d’accoglienza per i richiedenti asilo di Mineo, per il centro di accoglienza di San Giuliano di Puglia e per il c.a.r.a. di Castelnuovo di Porto, gara, quest’ultima, indetta dalla Prefettura di Roma il 30 giugno 2014. È sempre Luca Odevaine a spiegare il sistema alla base della turbativa: “Stando a questo tavolo nazionale e avendo questa relazione continua con il Ministero” dice: “sono in grado un pò di orientare i flussi che da Mineo vengono smistati in giro per l'Italia, per cui un poco a Roma, un poco nel resto d'Italia ... se loro c'hanno strutture che possono essere adibite a centri per l'accoglienza da attivare subito in emergenza, senza gara, le strutture disponibili vengono occupate e io insomma gli faccio avere parecchio lavoro”.

Ecco spiegato, dunque, a cosa servono le retoriche dell’emergenza: a lucrare e speculare sulla vita delle stesse persone che si ha il dovere di accogliere, degnamente.