Diritti di cittadinanza

Lettera aperta dal CIE di Ponte Galeria

Comunicato di un gruppo di detenuti del CIE di Ponte Galeria

15 / 6 / 2010

A tutte le persone che vivono in questo paese
A tutti coloro che credono ai giornali e alla televisione

Qui dentro ci danno da mangiare il cibo scaduto, le celle dove dormiamo
hanno materassi vecchi e quindi scegliamo di dormire per terra, tanti tra
di noi hanno la scabbia e la doccia e i bagni non funzionano. La carta
igienica viene distribuita solo 2 giorni a settimana, chi fa le pulizie non
fa nulla e lascia sporchi i posti dove ci costringono a vivere.
Il fiume vicino il parcheggio qui fuori è pieno di rane e zanzare che
danno molto fastidio tutto il giorno, ci promettono di risolvere questo
problema ma continua ogni giorno.
Ci sono detenuti che vengono dai CIE e anche dal carcere che sono stati
abituati a prendere la loro terapia ma qui ci danno sonniferi e
tranquillanti per farci dormire tutto il giorno.
Quando chiediamo di andare in infermeria perché stiamo male, l’Auxilium ci
costringe ad aspettare e se insistiamo una banda di 8-9 poliziotti ci
chiude in una stanza con le manette, s’infilano i guanti per non lasciare
traccia e ci picchiano forte.
Per fare la barba devi fare una domandina e devi aspettare, 1 giorno a
settimana la barba e 1 i capelli. Non possiamo avere la lametta.
Ci chiamano ospiti ma siamo detenuti.
Quello che ci domandiamo è perché dopo il carcere dobbiamo andare in
questi centri e dopo che abbiamo scontato una pena dobbiamo stare 6 mesi in
questi posti senza capire il perché. Non ci hanno identificato in carcere?
Perché un’altra condanna di 6 mesi?
Tutti noi non siamo d’accordo per questa legge, 6 mesi sono tanti e non
siamo mica animali per questo hanno fatto lo sciopero della fame tutti
quelli che stanno dentro il centro e allora, la sera del 3 giugno, è
cominciata così. Ci hanno detto: "se non mangi non prendi terapie" ma qui ci sono persone
con malattie gravi come il diabete e se non mangiano e si curano muoiono.
Uno di noi è andato a parlare con loro e l’hanno portato dentro una stanza
davanti l’infermeria dove non ci sono telecamere e l’hanno picchiato. Così
la gente ha iniziato ad urlare di lasciarlo stare. In quel momento sono
entrati quasi 50 poliziotti con il loro materiale e con un oggetto
elettrico che quando tocca la gente, la gente cade per terra. Le guardie si
sono tutte spostate sopra il tetto vicino la caserma dei carabinieri qui
dentro, dove sta il campo da calcio. Dalla parte sinistra sono entrati
altri 50 poliziotti.
Quando abbiamo visto poliziotti, militari, carabinieri, polizia, finanza e
squadra mobile ufficio stranieri (che sono i più infami) sui tetti, uno di
noi ha cercato di capire perché stavano picchiando il ragazzo nella stanza.
«Vattene via sporco » un poliziotto ha risposto così. In quel momento siamo
saliti tutti sopra le sbarre e qualcuno ha bruciato un materasso e quindi i
poliziotti si sono spaventati e sono andati fuori le mura per prendere
qualcuno che scappava.
Da quella notte non ci hanno fatto mangiare né prendere medicine per due
giorni.
Abbiamo preso un rubinetto vecchio e abbiamo spaccato la porta per uscire
e quando la polizia ha visto che la porta era aperta hanno preso caschi e
manganelli e ha picchiato il più giovane del centro, uno egiziano. L’hanno
fatto cadere per terra e ci hanno picchiati tutti anche con il gas, hanno
rotto la gamba di un algerino e hanno portato via un vecchio che la sua
famiglia e i sui figli sono cresciuti qui a Roma, hanno lanciato
lacrimogeni e hanno detto che noi abbiamo fatto quel fumo per non far
vedere niente alle telecamere. Così hanno scritto sui giornali.
Eravamo 25 persone e alcune uscivano dalla moschea lontano dal casino, ma
i giornali sabato hanno scritto che era stato organizzato tutto dentro la
moschea e ora vogliono chiuderla. La moschea non si può chiudere perché
altrimenti succederebbe un altro casino.
Veniamo da paesi poveri, paesi dove c'è la guerra e ad alcuni di noi hanno
ammazzato le famiglie davanti gli occhi. Alcuni sono scappati per vedere il
mondo e dimenticare tutto e hanno visto solo sbarre e cancelli.
Vogliamo lavorare per aiutare le nostre famiglie solo che la legge è un
po' dura e ci portano dentro questi centri. Quando arriviamo per la prima
volta non abbiamo neanche idea di come è l'Europa. Alcuni di noi dal mare
sono stati portati direttamente qui e non hanno mai visto l'Italia.
La peggiore cosa è uscire dal carcere e finire nei centri per altri 6
mesi.
Non siamo venuti per creare problemi, soltanto per lavorare e avere una
vita diversa, perché non possiamo avere una vita come tutti? Senza soldi
non possiamo vivere e non abbiamo studiato perché la povertà è il primo
grande problema. Ci sono persone che hanno paura delle pene e dei problemi
nel proprio paese. Per questi motivi veniamo in Europa.
La legge che hanno fatto non è giusta perché sono queste cose che ti fanno
odiare veramente l'Italia. Se uno non ha mai fatto la galera nel paese suo,
ha fatto la galera qua in Italia. Vogliamo mettere apposto la nostra vita e
aiutare le famiglie che ci aspettano. 
Speriamo che potete capire queste cose che sono veramente una vergogna.

Un gruppo di detenuti del CIE di Ponte Galeria (Roma)