Luca Bicycle uno di noi

16 / 9 / 2015

- da www.salvaiciclisti.it  (13/09/2015)

Luca Bicycle era uno di noi

Questo logo è sotto sopra perché così ci sentiamo da quando abbiamo appreso questa terribile notizia: il nostro amico Luca è stato ucciso per strada.

Luca era un attivista di #Salvaiciclisti fin dal primo momento.

Luca aveva ideato il nostro logo.

Luca era un cittadino che amava spostarsi in bicicletta e da anni era impegnato per promuovere un nuovo modello di mobilità.

- da fiorillo.blogautore.espresso.repubblica.it (15/09/2015)

Assassinato Luca Bicycle, la bandiera di Salvaiciclisti

Luca si occupava della ciclofficina di Ancona. Luca aveva inventato e disegnato il logo Salvaiciclisti. Luca era appena tornato da un viaggio in bici sul Danubio. Fa malissimo usare l'imperfetto per un amico, un amico che non aveva nemmeno 40 anni, ucciso da una persona che non aveva mai visto prima e che lo ha schiacciato con la sua auto. Ed è davvero impossibile riuscire ad accettare il fatto che un tizio che non ti conosce - un coetaneo addirittura, uno col quale magari potresti fare due chiacchiere davanti a una birra - possa diventare il tuo assassino solo perché a un certo punto ti sei ritrovato a percorrere la sua stessa strada.

Sì, Luca Canonici non è morto per un incidente, per colpa del caso, Luca è stato assassinato. Come le altre migliaia di persone morte sulle strade. Tutti uccisi prima ancora che dagli autori materiali del delitto da una mobilità violenta, insensata, omicida. Una mobilità che ha legalizzato un'arma - la velocità dei veicoli a motore - in grado di uccidere 10 volte al giorno, 300 volte al mese, 4000 volte l'anno.

Con Luca ci siamo visti poco, ci siamo scritti, condividevamo idee, impegno e passioni. La pensavamo allo stesso modo proprio su quello che l'ha ucciso. "L'omicidio stradale non può essere la risoluzione alle troppe stragi nelle strade- scriveva Luca - E' la soluzione più semplice per dire che lo Stato sta facendo qualcosa. Non si sa come risolvere un problema allora si punisce... Purtroppo la cultura della velocità nella società di oggi induce gli individui a commettere infrazioni purché si arrivi. Succede al primo rosso di un semaforo, dove lo stress per non fare tardi al lavoro schizza alle stelle, succede davanti alle scuole, dove i bambini manca poco che vengono lanciati dai finestrini pur di recuperare secondi preziosi. La cultura della velocità ammazza e le strade sono un campo di battaglia dove chi ha l'arma (suv o utilitaria) più grossa vince. La prima causa di morte sulle strade non è l'alcolismo, la droga o la distrazione, chi uccide è la velocità troppo elevata. Risolvere questo problema è possibile intervenendo sulla riduzione della velocità nei centri abitati, con l'introduzione dei limitatori di velocità nelle automobili".

Luca chiedeva solo una strada diversa dove potersi muovere ed è stato fermato per sempre. Troppo presto. Troppo giovane. Non mi interessano i minuti di silenzio, le candele, i fiori, le biciclette bianche alla memoria, le preghiere, gli appelli, i flash mob di protesta, i mai più. Solo una cosa mi aiuterà a non dimenticare mai la gentilezza e la generosità di Luca: pensare a quelli che ci sono ancora, ai vivi, fare in modo che non ci siano più 4000 omicidi commessi ogni anno sulle strade del nostro Paese.

- da www.rotafixa.it (13/09/2015)

Luca, ucciso da una mobilità insostenibile

E’ stata diffusa oggi la notizia della morte, orribile, di Luca Canonici, sul web Lucabycicle, ad Ancona.
Luca è stato -e quanto mi costa parlarne al passato- l’ideatore del logo di Salvaiciclisti, che oggi capovolgo in segno di lutto. Al momento della morte aveva 38 anni. 
Insieme a tutti gli altri blogger istigatori della campagna/movimento, che piano piano e per necessità di difesa sociale va strutturandosi a macchia di leopardo in un’Italia che non vuol saperne di archiviare la criminalità stradale, fece molto attivamente parte di quell’immensa jam session collettiva che vide l’insorgenza di chi si vede minacciato in strada dalla normalità della sua pericolosità.

Luca è stato investito da un’automobile e, mentre veniva soccorso dal guidatore della vettura, travolto da un’altra a forte velocità.
Questo accade in un paese con gli occhi foderati di lardo, in cui è possibile sentire dalle stesse amministrazioni oscenità antistoriche che, di fatto, assolvono la criminalità automobilistica e insultano la memoria di chi lascia sull’asfalto la vita a causa dell’indifferenza dei decisori.

Luca tornava, dicono, da una riunione convocata per l’organizzazione di iniziative, ad Ancona, della Settimana della mobilità sostenibile.

A Roma, ricordo, per celebrare questa settimana, che suona come una beffa in questo paese fetido, si corre un rally. E credo che sia ormai il caso, visto lo stato di abbandono etico della città, far passare questa gara anche da qui e da via Appia Antica.

Riposa in pace, Luca. L’Italia peggiore ti aveva dimenticato già prima della tua morte assurda e doverosamente evitabile.

- da www.salvaiciclisti.bologna.it (14.09.2015)

Luca, che salvava i ciclisti (ed è morto a 39 anni)

Luca Canonici era conosciuto su twitter come Lucabicycle, una di quelle figure schive che hanno contribuito con grande energia, nel 2012, a fondare il movimento #Salvaiciclisti, nato da un richiamo sui blog e finito a muovere migliaia di persone.

Luca era di Ancora, dove viveva, lavorava e pedalava, animando la ciclofficina e tutte le iniziative locali dedicate alla bici. Luca aveva inventato il famoso loghetto minimale di Salvaiciclisti, arancione e azzurro. Me lo raccontò ridendo, per dire che lui che non era un grafico ma aveva dato una mano come poteva, per spiegarmi che durante la fondazione del movimento ognuno, caoticamente, si prendeva un pezzetto di cose da fare, a volte senza un perché. E quel loghetto inventato da Luca poi è finito su tante maglie, sui cartelli, su tanti siti e blog, ha iniziato a girare e a significare: “andiamo in bici per spostarci e muoriamo, perché qualcosa è sbagliato”.

Non so perché sto scrivendo queste cose, forse per raccontarle ai tanti compagni di strada di Bologna che non hanno vissuto quel momento e che non hanno conosciuto quelle persone. Anche se sono passati solo 3 anni sembra un secolo. Io stessa partecipai, inizialmente, solo come spettatrice, osservando con curiosità e stupore tutto il fermento che passava dal gruppo facebook nazionale.

Sono passati solo 3 anni dall’8 febbraio 2012, e oggi sono solo 3 giorni che Luca è stato ucciso. È morto investito per due volte, mentre era in scooter, durante una riconognizione per la biciclettata della settimana europea della mobilità sostenibile. Ne hanno già scritto Rotafixa e il Losco Individuo per cui non vorrei dire altro in merito alla morte, che personalmente mi lascia senza molte intelligenti parole da dire. Per una volta le cronache hanno stabilito la dinamica, che non è da accertare: velocità criminale e assassina.

Le morti stradali sono all’ordine del giorno, intere famiglie fatte a pezzi. Vogliamo un altro modello di mobilità. Qui non si parla delle biciclette o dell’automobile, si parla di non morire in strada. Forse anche di cambiare l’idea di strada come spazio di scorrimento, si parla di vitalità, di gioia, di tutto quello che Luca come altri sapeva trasmettere e che in un secondo non c’è più. Non chiamiamo “incidente” quello che succede ogni giorno. È previsto e accettato da tutti, anche da noi, forse.

Intorno alla morte di Luca il movimento nazionale si sta interrogando: forse è il momento di mettere da parte le nostre bagatelle locali per andare insieme verso l’obiettivo, in questo dolore possiamo finalmente trovare la motivazione necessaria. Questo è anche un appello agli amici di Roma, che il 10 ottobre si riuniranno per decidere se costituire o meno un soggetto romano, mi permetto di rivolgermi direttamente a voi perché con molti c’è una sincera amicizia: dovete farlo. Non dovete scegliere un leader da seguire o da attaccare, smettetela di fare filosofia e di ragionare con i “ma”. Bisogna iniziare a esistere, e non solo per fare marce, flashmob e sit-in di protesta, ma anche per creare qualcosa che rimanga durevolmente oltre la protesta. Siete chiamati a fondare una cultura condivisa, spazi, professioni, coinvolgere i giovani, dargli un lavoro che parte dalla mobilità nuova, creare una visione. Per fare questo bisognerà anche protestare, chiedere, obbligare la politica a intervenire. Con energia, propositività, impegno, umiltà, costanza. Il Paese ha bisogno di prendere esempio dalla Capitale, un gruppo romano forte e aperto su quello che succede anche fuori da Roma è quello che serve a tutti.  Non è retorica, ne parlavamo spesso, su skype o al Bike Pride: Luca ne sarebbe orgoglioso. Salvaiciclisti-Bologna è con voi, a vostra disposizione. Anche se sono lontana, sono sicura di parlare a nome di tutti i miei compagni di strada.

Vostra Sui

- da Weekendoit Fb FanPage (13/09/2015)

Oggi per noi ragazzi del Weekendoit è una giornata triste che ci lascia increduli e storditi.
Purtroppo improvvisamente la notte scorsa ci ha lasciati Luca, persona sorridente, generosa ed altruista che durante la scorsa edizione aveva curato per noi il workshop di manutenzione biciclette, con il suo progetto Ciclofficina Social CLUB Ancona.
Ci uniamo ai suoi amici e parenti più cari nel dolore per la perdita di una persona semplice che tanto ha fatto, di concreto e senza proclami, per tante persone "invisibili" che abitano nella nostra città.
Di lui ci rimarrà il ricordo del suo entusiasmo e soddisfazione dopo il workshop di quest'estate. Ciao Luca, non scorderemo il tuo esempio.

- da www.fiab-onlus.it (16/09/2015)

Rimettiamo insieme la banda

di Paolo Pinzuti

Luca è una delle 10 persone morte sulle strade italiane il 12 settembre, quello che lo rende speciale è che che Luca era amico di molti di noi ed era colui che all'inizio della campagna #salvaiciclisti si inventò quel marchio arancione che ha saputo riunire i sognatori di tutta Italia.

Luca di Ancona o Luca Bicycle, se preferite, era uno di quelli che nella propria città cercava di far capire ai propri concittadini che la velocità uccide. Adesso lo ha dimostrato con il proprio corpo (suo malgrado) a beneficio di tutti coloro che ne avessero mai dubitato.

Il suo corpo parla a tutti noi e ci dice che sì, è vero, sempre più decisori politici stanno capendo le dinamiche della Mobilità Nuova, ma anche che sulle strade le cose vanno sempre peggio (+80% di pedoni morti nel mese di Luglio) e che a colpi di convegni e tavole rotonde ci vorranno forse altri 20 anni per cambiare le cose.

Lo shock per la sua morte ha riempito tutti noi di rabbia e di incredulità, ci ha fatto suonare dentro un campanello di allarme che dice chiaramente che non possiamo più starcene con le mani in mano ad aspettare che le cose cambino da sole e che, forse, il periodo dei distinguo, delle lotte interne, degli individualismi, dei piccoli cesari e dei battitori liberi deve essere lasciato alle spalle al più presto.

Luca ci ha lasciato una bandiera, un simbolo che non può essere solamente una spilletta da appendere al bavero della giacca o da lasciare su una mensola in memoria della manifestazione che portò 50.000 persone in piazza il 28 aprile del 2012: quel simbolo rappresenta il sogno di città che si muovono secondo logiche diverse da quelle attuali, rappresenta la visione zero, quella di una società in cui nessuno muore più sulla strada per un uso sconsiderato delle quattro ruote.

Credo che il compito di tutti noi in questo momento sia quello di stringerci attorno a Luca e portare avanti tutti assieme la sua battaglia, la nostra battaglia, perché solamente tutti assieme possiamo maturare la speranza di cambiare le strade dove noi e i nostri cari ci muoviamo. Facciamolo con operazioni tattiche, atti dimostrativi anche eclatanti, lanciamo il guanto di sfida a chi ha la possibilità di mettere fine alla mattanza ma che fino a questo momento se ne è fregato bellamente

Il 1 ottobre FIAB lancerà una campagna di portata nazionale per chiedere e ottenere quello che rappresenta il cuore della campagna #salvaiciclisti: l'introduzione del limite di 30 km/h nelle aree urbane all'interno del codice della strada. La scelta del momento non è casuale: proprio in queste settimane si sta discutendo in Parlamento delle modifiche al codice della strada e non possiamo permetterci di far sfumare l'occasione per trasformare l'Italia in un paese civile. Le chance di riuscita non sono mai state tanto alte.

Serve il contributo di tutti: delle associazioni che hanno partecipato a #salvaiciclisti, prima, e a Rete Mobilità Nuova, poi; di tutte quelle aziende che possono beneficiare di una modifica della mobilità nel nostro paese e di tutti quei cittadini che ogni mattina sono costretti a raccomandarsi a Dio prima di immettersi nel traffico motorizzato.

La campagna #salvaiciclisti è stata dirompente, ha scardinato alcuni meccanismi logorati dal tempo e talvolta ha creato incomprensioni e attriti anche all'interno del mondo dell'associazionismo, a partire dalla stessa FIAB che di questo mondo fa parte da decenni. Oggi però occorre uno sforzo di straordinaria generosità da parte di tutti e di ciascuno per lasciarsi alle spalle le piccole o grandi questioni personali in nome di un obiettivo molto più grande: fare in modo che Luca sia l'ultimo martire di questa sporca guerra.   

A questo punto tutti noi siamo chiamati a prendere una decisione: dobbiamo chiederci se la priorità sia limitare la velocità sulle strade o continuare a farci sgambetti tra alleati per solleticare il nostro ego.

Per chi ritiene che l'obiettivo ultimo debba essere ancora la tutela della vita di chi si sposta (sia esso un pedone, un ciclista, un bambino o un anziano), faccio presente che la fase di preparazione della campagna #30eLode è già cominciata e che tutti possono contribuire (leggi qui: La prossima campagna FIAB).

Nel corso delle prossime settimane ci saranno altre attività di coinvolgimento dei cicloattivisti, ma questo non toglie che chiunque possa organizzare azioni collaterali organizzate dal basso da chiunque, sotto qualunque cappello e che spingano nella stessa direzione.

Se c'è qualcosa che gli ultimi millenni di storia ci ha insegnato è che il devide et impera non passa mai di moda e che un popolo diviso è sempre facilmente raggirabile.

Tutti noi abbiamo un debito nei confronti di Luca Canonici che possiamo saldare solamente se, unendoci, daremo vita a un fronte compatto che imponga la mobilità nuova nell'agenda politica del nostro paese.

Non possiamo più aspettare.