Va in prescrizione l’inchiesta Cassiopea sul traffico di rifiuti tossici da Nord a Sud.

Maledetti !

di Antonio Musella

2 / 10 / 2011

La ricostruzione dei fatti, il completamento delle storie attraverso la giusta posizione delle tessere di un puzzle, il ripercorrere le dinamiche e delineare le responsabilità, talvolta, quando si prova ad analizzare i fatti, sono percorsi indispensabili.
La loro “indispensabilità” è dettata, spesso, da quella infinita sete di verità che in maniera individuale e collettiva si prova come stato emozionale che diviene una costante nella nostra vita, nelle nostre passioni, nei nostri comportamenti.
Succede che questi “fatti” riguardano l’avvelenamento della tua terra. Raccontano, come un parte marcia, corrotta, opulenta, criminale del paese ne abbia avvelenata un’altra, inconsapevole, soggiogata, spesso dormiente, con la complicità di altri miserabili che su quella terra sono nati e vissuti.
L’operazione Cassiopea è stata la più grande inchiesta mai svolta sul traffico di rifiuti tossici tra il Nord ed il Sud del paese : 95 indagati, 8 anni di indagini, milioni di euro spesi per l’inchiesta che possiamo considerare come il lavoro di ricostruzione che ha fatto conoscere a tutti quel meccanismo bel oleato che vedeva - chissà se non vede ancora - le fabbriche del Nord Italia sversare i loro rifiuti industriali tossici nelle campagne tra Napoli e Caserta, e la camorra, a cominciare dal cartello dei casalesi, arricchirsi sulla pelle dei cittadini campani.
In quella inchiesta sono finiti a giudizio imprenditori del Nord che hanno avvelenato la Campania, camorristi che avevano fatto del businnes dei rifiuti la loro principale strategia imprenditoriale. Soprattutto quella inchiesta provava a definire delle responsabilità in quella che possiamo definire l’ecatombe della mia terra.
Quando attraverso le strade del famoso “Asse Mediano” a Nord di Napoli, quel raccordo lunghissimo che vede sopraelevate svettare sopra rifiuti tossici interrati, non posso non sentire quel senso di angoscia di chi sa di camminare su una palude velenosa. Su un cimitero. E’ la stessa sensazione che si prova quando si costeggia il Lago Patria nell’area del giuglianese, un bacino i cui fondali nascondono rifiuti di ogni tipo e le cui coste sono ancora oggi vittime di roghi di rifiuti speciali e sversamenti abusivi. Quando ti capita di annusare una pesca appena colta da un albero e sentire che…puzza di morte, vorresti disperatamente qualcuno contro cui scaricare la tua rabbia.
Il Tribunale di Santa Maria Capua a Vetere ha deciso il non luogo a procedere per l’inchiesta Cassiopea appena pochi giorni fa.
I reati sono prescritti.
La più grande inchiesta sul traffico di rifiuti tossici tra Nord e Sud non avrà sentenza, non ci saranno “sistemi” da svelare, non ci saranno responsabilità di nessuno.
Nessuno si preoccuperà di dire ai familiari di tutti quelli che sono morti di tumore perché avvelenati dall’acqua, dalle diossine, dai roghi tossici, dalla vicinanza a discariche abusive di rifiuti speciali, che i loro parenti, amici, uomini e donne, sono morti per “fatalità”, perché nessuno risponderà per quei veleni.
Nel nostro paese il reato di disastro ambientale non è stato aggiornato nel codice penale. Se pensiamo a vicende come i morti del petrolchimico di Marghera, i rifiuti tossici in Campania o la sindrome di Quirra in Sardegna, capiamo come le scoperte e le rivelazioni degli ultimi anni impongono una revisione di quel tipo di reato. Questo permetterebbe ad altri processi in piedi di non andare in prescrizione, come ad esempio al processo Rompiballe, quello che vede la famiglia Romiti ed Antonio Bassolino imputati sempre sui rifiuti campani.
Dopo la notizia del non luogo a procedere dell’inchiesta Cassiopea ho pensato molto a cosa scrivere e come commentare questa notizia. Global Project per diversi anni si è occupata di raccontare l’avvelenamento della Campania. Io ho provato a dare il mio contributo come hanno fatto tanti altri, attivisti, giornalisti, cronisti, blogger, tecnici che anche attraverso questo network hanno denunciato i veleni, gli interessi criminali, il sistema di sversamento di rifiuti Nord/Sud.
Ho pensato agli sforzi enormi ed alla passione di tanti attivisti che in questi anni hanno denunciato l’avvelenamento della Campania.
Ho pensato soprattutto a quegli uomini e quelle donne che abbiamo incontrato sulle barricate in questi lunghi anni, contro discariche ed inceneritori. Ho pensato alle storie di malattia e morte che raccontavano a Pianura, in quel buco alcestrale che contiene dall’acne di Cengio fino ai rifiuti solidi urbani di diverse città del Nord. Ho pensato alle stesse storie ascoltate a Giugliano ed Acerra.
Ho pensato al pastore Cannavacciuolo, le cui pecore nascevano con tre teste sul Pantano di Acerra, ed a cui un tumore fulminante alla spina dorsale ha tolto la vita.
A quelle storie nessuno darà verità e giustizia.
Per la mia/nostra terra non potrà mai arrivare nessuna bonifica possibile.
Si sarebbe potuto scrivere tanto. Magari ripercorrere le tappe dell’inchiesta. Magari raccontare quei nomi che nessuno ricorda e ricorderà mai più. Quelle aziende di cui nessuno ricorderà che hanno avvelenato una popolazione di 6 milioni di persone.
Per qualcuno la difficoltà di prendere parola produce il silenzio. Ma in questi anni abbiamo imparato a non stare mai zitti.
Maledetti !
Questo è quello che mi sento di dire. Questo penso che possa essere il sentimento diffuso di tanti e tante che in questi anni si sono battuti e si battono per la difesa della salute e dell’ambiente in Campania.
Maledetti !
Sappiate che non vi daremo mai tregua !