Quando arrestarono Mario
Chiesa per quella storia di tangenti che giravano intorno al Pio Albergo Trivulzio
di Milano, molto probabilmente nessuno, nè i magistrati del pool di Milano
coordinati da Gerardo D’Ambrosio, che doveva fino ad allora la sua carriera per
i processi degli anni settanta, né i cronisti del tempo, né tanto meno i
cittadini si aspettavano il terremoto che Tangentopoli generò nel nostro paese.
Siamo un paese diverso dal 1992, un paese che a differenza di quello
dell’inizio degli anni ottanta ha bene in mente dove il livello di corruzione
possa arrivare a permeare l’intera società, dagli appalti alle assunzioni,
dagli assegni di ricerca nei dipartimenti universitari ai favori sessuali per
qualche ospitata in Tv. All’inizio degli anni novanta, come sostenne a ragion
veduta Bettino Craxi, “tutti sapevano..”,
ma proprio tutti, ovvero non solo all’interno del sistema dei partiti e di
gestione dei gangli del potere, ma anche i cittadini sapevano che bisognava
“oleare” il sistema per ottenere spesso dei diritti, spesso un surplus
illecito. Ma le proporzioni forse non erano immaginabili. Nessuno poteva
immaginare degli scandali come quello del “sangue infetto” ad esempio, oppure
come quello della maxi tangente Enimont.
Oggi, il nostro paese
diverso, ha assorbito pienamente l’immagine vincente di Silvio Berlusconi. Uomo
di potere che matura il suo consenso elettorale e sociale soprattutto in
maniera biopolitica rappresentando un modello vincente di maschio, bianco,
etero, in buona salute, pappone e tangentista. Il paese ha assorbito pienamente
il giro di denaro illecito presente nel nostro paese, i favori sessuali, le squallide
abitudini del premier, per cui sembra normale prendere qualche tangente se sei
un uomo di potere, sembra normale che una soubrette sia andata al letto con
questo o quell’uomo politico per apparire in Tv, sembra normale che chi
gestisce gli appalti possa intascare tangenti e costruire un sistema di
preferenze sull’indirizzo della spesa del denaro pubblico verso i privati.
Potere e corruzione vengono percepiti in maniera differente da una parte del
paese, ed il continuo processo di revisione della storia contribuisce
fortemente all’affermazione di una chiave interpretativa diversa del rapporto
tra corruzione e dinamiche di potere.
Basti pensare alla riabilitazione di Craxi e Andreotti.
D’altro canto non e’ solo questo.
In un paese mutato profondamente dal 1992, in cui possiamo dire senza paura di essere smentiti che la stagione della corruzione non è mai terminata ed ha riguardato tutti gli ambiti da quello politico a quello accademico, da quello nel mondo dell’informazione a quello dello spettacolo fino a permeare la quotidianità di ogni singolo cittadino, non esiste un completo processo di sussunzione biopolitica.
Esiste un’indignazione nel
paese che in nessuno modo possiamo semplicemente bollare come una dinamica
giustizialista. Il fenomeno Di Pietro, fatto di ghigliottine e giustizialismo
spicciolo, rappresenta solo una delle opzioni che mira a raccogliere
quell’indignazione, che non ha in sé una dinamica di trasformazione della
società ma solo il tintinnio delle manette come arma di costruzione del
consenso, e si inserisce perfettamente in quella logica securitaria più
complessiva che il governo delle destre sta costruendo da qualche anno. La
differenza, l’alternativa, non può essere solo nella direzione della stretta
securitaria, ovvero verso il basso (migranti, poveri, ecc.) o verso l’alto, che
sfocia nella generalizzazione e si focalizza su “tutti coloro che hanno problemi di giustizia”. Questo per dire che
quel tipo di fenomeno giustizialista antiberlusconiano, si inscrive in una
logica di compatibilità, e non di trasformazione sociale. Questo fa del
fenomeno Di Pietro – Travaglio - De Magistris, un’opzione debole di
interpretazione dell’indignazione di una parte della società verso quel potere – racket che si afferma sempre di
più.
Esiste nel paese un’indignazione intorno alla quale bisogna interrogarsi.
Il popolo viola se vogliamo, ma anche quel sentimento profondo di lotta alla
criminalità che non possiamo lasciare ad altri.
Infondo se vediamo a quello
che avvenne nel 1992 con Tangentopoli, osserviamo la genesi dell’affermazione
di alcune forze che in quel tempo erano ai margini del dibattito politico come
l’Msi - fa sorridere oggi la difesa di Craxi di gente come Gasparri e La Russa se pensiamo ai
militanti del Msi che insieme a tanti altri tiravano le monetine fuori all’Hotel
Raphael al segretario del Psi - e la Lega
Nord.
Nel 1993, Gianfranco Fini da segretario del Msi si candidava
a sindaco di Roma, perdendo contro Francesco Rutelli, ma ottenendo
un’affermazione incredibile, e sempre dopo il 1993 la
Lega Nord cominciò la sua inarrestabile
ascesa di consensi.
Non interrogarci intorno a questi temi significherebbe abbandonare la
possibilità di interpretare nei termini della trasformazione radicale
dell’esistente quel sentimento di indignazione che il paese ci consegna sui
temi della corruzione.
D’altronde molto spesso i soggetti al centro degli scandali legati alla corruzione rappresentano anche la centrale degli interessi contro cui si muovono diverse lotte sociali nel paese. La vicenda di Guido Bertolaso e della corruzione legata agli appalti de La Maddalena né è senza dubbio un esempio, ma recentemente diverse inchieste hanno colpito la controparte diretta di esperienze di lotta. Lo stesso Bertolaso indagato nel 2009 nell’inchiesta Rompiballe per smaltimento illecito di rifiuti, o basti pensare alla vicenda dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente in Campania. Il 15 marzo prossimo, a pochi giorni dalle elezioni regionali, comincerà il processo a Sandra Lonardo Mastella ed agli ex vertici del Arpac per corruzione, accusati di aver messo in piedi una struttura al solo scopo di elargire consulenze e posti di lavoro a politici ed imprenditori, mentre i rilevamenti, soprattutto quelli sui siti di smaltimento dei rifiuti, venivano “aggiustati” in base alle esigenze della struttura di Bertolaso. In settembre invece comincerà il processo contro quegli attivisti che una settimana prima degli arresti all’Arpac avevano occupato la sede centrale dell’agenzia denunciando gli illeciti commessi dalla struttura sulle analisi in merito ai siti di smaltimento dei rifiuti.
Insomma quella voglia di trasparenza e quel sentimento profondo contro la corruzione, presente nelle mobilitazioni nel nostro paese, anche in quelle in cui le reti sociali indipendenti sono presenti in maniera forte, come l’Onda, come le battaglie in difesa dell’ambiente, meritano una riflessione profonda.
Non c’e’ solo quella parte di paese che sogna di essere come Berlusconi, c’è anche chi si indigna per quelle risate dell’imprenditore Piscicelli qualche minuto dopo il terremoto pregustando gli appalti della ricostruzione, c’è chi non né può più dello stato – mafia, e probabilmente le reti di movimento oggi sono ancora poco attente su questo tema.
Oggi le forme di espressione di questo malessere profondo o si esprimono nell’opzione Di Pietro – Travaglio – De Magistris, oppure si limitano alla testimonianza. C’è un lavoro enorme da fare, ma vale la pena di farlo.
Il figlio di Angelo Balducci,
ha 30 anni, ed il padre corrotto si chiede cosa ha fatto per lui, nelle
intercettazioni della Procura di Firenze. La sua sistemazione lavorativa
avviene in pochi minuti via telefono.
Quanti precari di 30 anni possono sopportare una dinamica simile ?
È la distanza tra le
condizioni di vita tra governanti e governati che si dilata sempre di più. La
differenza di condizioni e stili di vita, lo sfarzo si contrappone
all’equilibrismo precario, la bassezza dei costumi ad una austerità imposta,
l’impunità completa alla vera persecuzione giudiziaria, quella verso chi si
organizza, chi lotta, chi evade le tasse per sopravvivere, chi non paga i beni
comuni come l’acqua perché non arriva a fine mese.
Il lavoro di Berlusconi & C., di revisionismo, affermazione di un modello
culturale corrotto e vincente, machista e strafottente, che somiglia tanto a
quel “volere è potere” degli anni
ottanta, sbatte pesantemente contro le condizioni di impoverimento generale del
paese. Tutto questo è assolutamente reale e difficilmente aggirabile dalla
vulgata berlusconiana fatta di media main stream, ballerine in Tv, e latrati
sulla “persecuzione giudiziaria”.
Ed è questo l’approccio che dovremmo provare a sviluppare interrogandoci
intorno al tema del potere e della corruzione.
Accanto a questo, sta soprattutto alla comunicazione indipendente lavorare
contro quel processo di revisionismo storico dei fatti recenti del nostro
paese. Poche settimane fa è stata pubblicata su Global Project l’inchiesta
sullo scandalo del sangue infetto del 1993, sui social network e sulla rete
tanti giovani hanno ammesso di non averne mai sentito parlare. Un esempio di
rimozione da contrastare attraverso l’informazione libera ed indipendente.
Il recente scandalo al comune di Milano, il sistema di tangenti che ruotava
intorno al consigliere del Pdl Pennisi, la vicenda della sanità in Puglia, e le
decine di altre inchieste che negli ultimi due anni hanno colpito politici
locali e nazionali fanno presagire ad alcuni analisti l’avvento di una nuova
tangentopoli.
Francamente non so se questo processo si darà oppure no, ma so per certo che
non possiamo fare gli spettatori disinteressati, lasciando spazio alla
santificazione dei magistrati e non curandoci di un sentimento di indignazione
nel paese.