Alle recenti elezioni amministrative per il Comune di Padova ha prevalso una coalizione il cui leader aveva già ampiamente dimostrato nel suo precedente percorso politico quali siano i suoi principi ispiratori, puntualmente riproposti nei primi atti di governo comunale:
la
minaccia di revoca alla concessione di una palestra scolastica (tra
l’altro in periodo di non utilizzo) per i giorni di preghiera del
Ramadan di una comunità marocchina;
l’annuncio dell’obbligo di affissione del crocifisso in tutti gli uffici pubblici, scuole comprese.
Nei
fatti, inequivocabilmente il sindaco Bitonci va contro alcuni fra i
più importanti principi della nostra convivenza civile:
il diritto all’esercizio della libertà religiosa, sancito dalla Costituzione, alla quale lui stesso ha giurato fedeltà al momento dell’insediamento;
il principio dell’assoluta laicità dello Stato, secondo quanto fissato dai rinnovati Patti Lateranensi del 1984, per cui quella cattolica non è più “religione di Stato”.
Risulta, quindi, evidentemente falsa l’iniziale dichiarazione di voler essere “il sindaco di tutti”.
Dall’insieme di questi fatti emerge, invece, la gretta concezione di un
sistema di rapporti umani, sociali e istituzionali basato sul disprezzo
del “diverso”, sull’egoismo come valore fondante della vita, in
nettissima, voluta contrapposizione con le esigenze ormai ineludibili
del mondo globalizzato.
A questo proposito, e non come ultima considerazione, va rilevato che i recenti interventi del Vaticano in materia di politica religiosa non solo vanno nella direzione di una serena convivenza delle diverse fedi, ma fanno intravvedere la valorizzazione della coincidenza di molti aspetti delle grandi religioni monoteiste.
Infine, l’atteggiamento antistorico e la sostanziale incultura che sta caratterizzando l’avvio di questa prima fase dell’amministrazione comunale suona come irrisione nei confronti di una radicata tradizione cittadina che, all’insegna dell’ ”universa universis patavina libertas”, ha saputo esprimere valori, personalità e iniziative in vari ambiti scientifici e artistici, senza delimitazioni di campo dal punto di vista delle etnie e delle confessioni religiose.
I sottoscrittori di
questo manifesto sono persone che nella città di Padova affondano le
loro radici, o che in essa hanno posto l’avvio del loro percorso
professionale o che , infine, con essa hanno avuto fecondi rapporti di
frequentazione o di scambio culturale.
Si tratta di un manifesto al quale, comunque, si chiede l’adesione di
chiunque ne condivida lo spirito e la volontà di studiare e promuovere
iniziative idonee a contrastare l’immagine di una città
negatrice dell’accoglienza, della laicità della cosa pubblica e
dell’apertura all’universalità della cultura.
L’ adesione a questo manifesto rimane aperta anche nel periodo estivo, allo scopo di verificare - alla ripresa autunnale - la fattibilità di iniziative finalizzate alla maggior presa di coscienza possibile sull’insostenibilità di quanto sta avvenendo a Padova.
I promotori:
Paolo Crepet (psichiatra), Oliviero Toscani (fotografo),
Sebastiano Bagnara (docente universitario di psicologia), Caterina
Virdis Limentani (docente storia dell’arte fiamminga), Paolo Berti
(avvocato), Caterina Griffante (pastora Chiesa Valdese), Umberto Curi
(docente universitario di filosofia), Giovanni Palombarini (ex
magistrato Cassazione e CSM), Ivano Paccagnella (docente universitario
di italianistica), Gabriella Imperatori (giornalista e scrittrice),
Giuseppe Mosconi (docente universitario di sociologia), Martina
Meneghello (avvocato), Ugo Funghi (avvocato), Renato Rizzo (consulente
progetti ricerca per Commissione U.E.).