Maria Stella la razzista

Il tetto del 30% tra demagogia e discriminazione

11 / 1 / 2010

Razzista la Gelmini a imporre il limite del 30% di alunni “stranieri” nelle classi scolastiche? Ma come, non è stata proprio lei a sostenere l’abilitazione ad avvocato a Reggio Calabria per rialzare la percentuale dei bresciani in quella sede remota? Certo, gli idonei risultavano colà il triplo di quanti si erano incautamente presentati a Brescia, ma conta l’intenzione di mescolarsi ai laureati del Mezzogiorno. E adesso contano le intenzioni a distribuire, per il loro bene, i figli dei migranti fra le classi “bianche”. Sarà più agevole insegnare loro la lingua e soprattutto non ritarderanno i ritmi di apprendimento degli italiani, che altrimenti se ne vanno nelle scuole private e white, come il Xmas di Coccaglio, provincia di Brescia, guarda caso. Si sposteranno a piedi nei quartieri limitrofi (tanto sono abituati a camminare a piedi nudi) oppure saranno smaltiti con appositi autobus –recita Maria Stella intervistata da una perplessa Lucia Annunziata. Al contrario degli Usa, dove la sentenza della Corte Suprema sul caso Keyes e l’adozione generalizzata della politica di busing, cioè dello spostamento degli studenti neri in scuole bianche a fini desegregazionisti, voleva promuovere l’integrazione razziale (riuscendovi solo in parte), qui si vuole complicare l’integrazione, creando artificialmente una situazione di visibile minorità e sradicamento territoriale. Anche gli improvvidi consensi dei pieddini Penati e Luigi Berlinguer (ti pareva!) prendono il provvedimento come una misura pedagogica, ignorandone il significato emblematico di annuncio. Se si trattasse di pedagogia occorrerebbe provvedere con finanziamenti, insegnanti di sostegno, differenziazione secondo gruppi linguistici e alfabeti (cos’è la lingua “non italiana”?), corsi per adulti, metodologie di apprendimento concordate con le università per stranieri, ecc. Così si vuole soltanto marcare una discriminazione a fini demagogici: non a caso il provvedimento è stato annunciato in contemporanea con la deportazione (in autobus, ovviamente) dei migranti troppo numerosi e riottosi dall’inospitale distretto di Reggio (già, quello in cui la ministra ha conseguito l’abilitazione). Le misure, che poi difficilmente saranno applicate per ragioni logistiche e di dispersione burocratica, riguardano al massimo il 5% degli istituti, ma l’effetto annuncio serve a ingraziarsi la Lega e a denunciare l’eccesso di extracomunitari come causa di tutti i mali, distribuendo l’insofferenza in aree finora indifferenti. La concentrazione scolastica riflette quella abitativa. Perché allora non distribuire i migranti nei quartieri bene, invece di relegarli nelle sezioni dormitorio della città diffusa o nelle aree degradate? Come si concilia il provvedimento con le precedenti iniziative di creare classi speciali o con le misure vessatorie di spostamento continuo dei nomadi, che davvero poco si armonizzano con le stabile frequenza scolastica? E’ terribilmente più semplice smembrare le classi o demolire i tuguri, come all’ex Rognetta, periferia di Rosarno. Poi ci si lamenta che gli Usa si accaparrano studenti dall’estero mentre da noi i cervelli scappano. E la Gelmini resta. Of cause.