Mobilitazioni contro il G7 del Lavoro: RESET G7

26 / 9 / 2017

Dal 26 settembre al 1 ottobre si terranno a Torino i tre G7 in cui si confronteranno, in date separate, i ministri dell’industria, di scienza e tecnologia, del lavoro per tracciare le linee guida di uno “sviluppo” a misura delle élite globali. Da alcuni mesi diverse realtà di movimento, del sindacalismo di base e dell’ambito studentesco hanno costruito un percorso di mobilitazione che ambisca, nei giorni del vertice, a ribaltare con forza e radicalità la retorica di uno “sviluppo” completamente centrato sulla concentrazione verso l’alto di ricchezza, patrimonio e potere e sulla contrazione sistemica di diritti sociali e garanzie per miliardi di persone in tutto il mondo. RESET G7 (vedi qui il report dell’assemblea nazionale tenutasi domenica 10 settembre) prevede diverse iniziative nel capoluogo piemontese, a partire da giovedì 28 settembre (qui il manifesto con i diversi appuntamenti). Il 29 settembre diversi collettivi e realtà studentesche di tutto il Paese hanno lanciato un corteo nazionale, con l’obiettivo di far prendere parola al mondo della formazione, pienamente investito dalle politiche di precarizzazione avvenute negli ultimi anni, in occasione del vertice. Un appuntamento nato in seguito ad un’assemblea tenutasi in Val di Susa ad inizio settembre. Il 30 settembre l’appuntamento principale, con il corteo unitario delle varie realtà che hanno messo in piedi il percorso di RESET G7. Di seguito l'appello del corteo.

30 settembre: Reset g7! Poletti, Renzi, Merkel roviniamo la festa a chi ci impoverisce!
A fine settembre alla Venaria Reale si riuniranno i rappresentanti di sette tra i paesi più potenti del mondo per discutere di lavoro, industria e scienza.
Sono i sette che hanno approfittato della epocale crisi del 2008 per attaccare i diritti di giovani e lavoratori, per abbattere la qualità delle nostre condizioni di vita, per saccheggiare e devastare territori e popolazioni che già vivevano in condizioni difficili. Hanno scaricato la crisi su di noi, ci hanno detto che non c'era alternativa, mentre salvavano le banche, mentre le tasche dei più ricchi si gonfiavano sempre di più, mentre la concentrazione delle risorse e il danno ambientale che le loro politiche infami hanno provocato sconvolgono il pianeta.
La crisi ha anche, però, fatto cadere la maschera della presunta democrazia occidentale, ha reso evidente la funzione degli stati a tutela delle grandi ricchezze e sempre pronti a rifarsi su i più deboli.
Nessuna fiducia, in occidente come altrove, è riposta nelle classi dirigenti di questi paesi. 
Il G7, come le altre riunioni dei potenti, non sono che un'umiliazione per miliardi di persone che subiscono le decisioni elaborate in queste assise.
Già lo sappiamo cosa ci diranno: siamo qui per risolvere il problema della disoccupazione tecnologica, parleremo della delocalizzazione del lavoro, cercheremo una soluzione alla finitezza delle risorse.
Ma la verità è che se si lavora con salari da fame, se c'è chi lavora troppo e chi non lavora affatto, se le tutele e le professionalità sono state distrutte è colpa loro. Se la tecnologia invece di ridistribuire la ricchezza è la trappola che ci impoverisce è colpa loro. Se le risorse mancano è perché se ne sono appropriati, le hanno rubate. 

La loro industria delocalizza, si ristruttura per dividere i lavoratori, per renderli ricattabili, per pagare di meno il costo del lavoro. Diventa smart, pesa i pochi megabyte di una app, ma dentro di sé porta il peso di un lavoro a cottimo per pochi euro, della sofferenza di tutti quei giovani esposti alle nocività, alla disoccupazione, alle malattie da stress, alla fatica.

La loro scienza è scienza della guerra, della devastazione ambientale, del controllo e dell'ordine, della paura. Non c'è etica che importi, l'unico faro della loro scienza è il profitto di pochi contro la vita di molti.

Dopo qualche pacca sulle spalle e qualche foto di rito ci annunceranno che la tormenta è finita, che siamo fuori dalla crisi ancora una volta. Però ci terranno a precisare che non c'è alternativa, che bisogna stringere i denti e fare qualche sacrificio in più. Quello che non diranno è che i sacrifici serviranno per tenerli sui loro troni ad abbuffarsi di ciò che resta di questo paese malato.

Un'alternativa c'è ed è una sola. Guastargli il banchetto. Mettersi in mezzo. 
La nostra unica alternativa è smetterla di accettare che siano loro a decidere sulle nostre vite.
La nostra unica forza è l'unione di tutti coloro che sono sfruttati, emarginati, affamati, umiliati e derisi da loro.
La nostra unica salvezza, l'unica salvezza di questo paese è ribellarsi. Ora.

Pensiamo che sul lavoro bisogna ripartire da zero:

1) Lavorare meno per lavorare tutti. 
Nel mondo non c’è mai stata così tanta ricchezza e così mal distribuita. Eppure si lavora fino a sempre più vecchi mentre i giovani muoiono di disoccupazione, si lavora anche la domenica, anche di notte. Serve una diminuzione della settimana lavorativa a parità di reddito.

2) Lavorare meno per lavorare meno. 
L’automazione dev’essere un vero progresso. Deve servire a liberarci dalla fatica e dal ricatto del lavoro. Deve servire a liberare tempo per gli affetti, per la socialità, per coltivare i propri interessi non a produrre disoccupazione.

3) C’è lavoro e lavoro. 
Quante volte il lavoro rappresenta qualcosa di nocivo per chi lo porta avanti e per ciò che produce? Il criterio che deve guidare il lavoro è l’utilità sociale di tutti non i profitti di pochi.

4) Lavoro o non lavoro devo poter campare.
La diminuzione del lavoro socialmente necessario non deve portare alla miseria nessuno. Casa, welfare e bisogni primari devono essere garantiti a tutti