Sabato è scattata la risoluzione Onu applicante la no-fly zone sul cielo libico, provvedimento che ha poi aperto la strada a bombardamenti a raffica da parte di aerei e navi delle forze occidentali.
Una nuova guerra.
Ma sicuramente non la "solita" guerra, almeno a nostro avviso.
Crediamo che questo conflitto sia profondamente diverso dagli altri, nella sua
genesi, nelle sue caratteristiche, nella sua evoluzione. Innanzitutto perché
nasce e prende forma nella crisi globale che mette in discussione ogni tipo di
ordine prestabilito: proprio in questo modo sono da leggere le straordinarie
rivolte del mondo arabo, che hanno visto migliaia e migliaia di persone, tra
cui molti giovani, insorgere contro le feroci dittature da Ben Ali’ a Mubarak a
Gheddafi.
Rivolte che, come le altre del Maghreb, hanno rappresentato il tentativo di
trasformazione, di rovesciamento vero e proprio del preesistente sistema di
governance aprendo uno spiraglio che parla di forma costituente di democrazia. Un
processo che vive di velocità e contesti diversi, dalla Libia all’Egitto, dallo
Yemen alla Tunisia, e che talvolta risulta essere ancora incompiuto e quindi
dall’esito ancora imprevedibile.
E' proprio da lì, dalle piazze piene di ragazzi, di padri e di figli, che
vogliamo partire. Siamo e saremo sempre al fianco di chi lotta per la libertà
contro la tirannia.
Siamo assolutamente contro Gheddafi, feroce tiranno che alla richiesta di democrazia
ha risposto con la strage e con l' eccidio. Ma siamo anche, senza se e senza
ma, contro la guerra, strutturale meccanismo di gestione del mondo, dell' unico
"mondo possibile" che probabilmente le potenze occidentali vogliano
esportare ed instaurare pure in Libia. La guerra imperiale è contro l’autodeterminazione
dei popoli, la guerra imperiale è un atto di dominio.
Come articolare il nostro NO alla guerra in Libia è un discorso aperto che deve tenere presente come vettore della lettura del conflitto i termini della lotta per la libertà.
I bombardamenti, lungi dal' essere un meccanismo di liberazione, portano solo scempio e distruzione, verso l’applicazione di una logica di dominio imperiale in un’area dove sono saltati gli schemi consolidati.
Gridiamo il nostro no alla guerra cominciando a fare ciò che possiamo e dobbiamo fare: liberiamo le migliaia di profughi politici (libici e non) che, in fuga dalla miseria e dalla morte, diventano "prigionieri" a Lampedusa e nei campi di concentramento in via di allestimento o già allestiti - tutti i Cie che pullulano nella nostra nazione - e reclamiamo per tutti loro diritto di asilo politico europeo.
Bisogna mettere in gioco i propri corpi per far si che
questo accada, per tirare fuori da veri e propri lager coloro che fuggono dalla
distruzione inseguendo il sogno di una vita migliore e per metterli in
condizione di andare dove vogliono.
La libertà è anche diritto di fuga, diritto all’esodo.
A mobilitarsi devono essere coloro che durante quest' autunno si sono mobilitati per un modello di società nuovo declinato all' insegna della libertà, della democrazia e dei diritti,che passano ovviamente anche per l' affermazione dell' asilo politico per chi è in fuga dalla devastazione.
Uscire dalla gabbia della precarietà significa infatti
lottare per conquistare la possibilità di costruirsi un futuro diverso per chi oggi
è bloccato a Lampedusa e destinato a soggiornare a Mineo o in altri campi di
concentramento,non avendo così neanche la possibilità di scegliere dove vivere,
questa possibilità è solo una mera utopia.
Per questo sentiamo la necessità di mobilitarci, muovendoci per liberare tutti
i nostri fratelli e le nostre sorelle che, in fuga da miseria e morte, vivono
in ostaggio, non hanno la possibilità di scegliere dove andare per inseguire i
propri sogni.
A questo aggiungiamo il ruolo importante avuto in questo conflitto dalla città
di Napoli, con il comando Nato di Bagnoli e la base Usa di Capodichino che sono
le “stanze dei bottoni” del conflitto.
La battaglia per la smilitarizzazione del territorio nella nostra città e nella
nostra regione è lunga ed in questi anni le mobilitazioni No war hanno
segnalato come la Campania e la città di Napoli siano tra i territori dove la
pressione militare della Nato sia così opprimente.
La mobilitazione contro la guerra in Libia deve darci l’opportunità per
affermare un’idea diversa di città dove il tema della smilitarizzazione viva
come carattere specifico della mobilitazione no war.
Da Capodichino a Bagnoli, la città di Napoli deve liberarsi dall’occupazione
militare degli Usa e della Nato.
Lotta per la libertà, come ci insegnano i No Dal Molin a Vicenza, è anche lotta
contro le basi e per una città libera dalla guerra e della morte.
Stop ai bombardamenti !
Contro Gheddafi dalla parte di chi lotta per la liberta’
Per il diritto di asilo politico europeo per tutti i profughi !
Laboratorio
Occupato Insurgencia
F.u.c.k.-
Collettivi studenteschi autonomi napoletani
Giovedi’
24 Marzo ore 16:00
Presidio alla base Usa di Capodichino