Nessuna libertà senza indipendenza

Alcune riflessioni dopo la giornata di workshop dello scorso 24 ottobre al Rivolta

29 / 10 / 2009

Non è facile riassumere quello che sabato 24 è accaduto al Rivolta e il rischio è comunque quello di abbandonarsi a troppo entusiasmo.

Intanto bisogna sottolineare che, forse per la prima volta nella storia della musica elettronica e del divertimento, un gruppo che organizza eventi da almeno 3000 persone decide di fermarsi per proporre a tutti una discussione sui mondi che lo attraversano e per dare una lettura a questi mondi Che sia allo stesso tempo culturale e politica. Forse un’operazione così non l’hanno mai fatta nemmeno i mitici Spiral Tribe, quelli che si sono inventati la ”festa politica”.

ALTAVOZ e il RIVOLTA invece lo hanno fatto offrendo un’occasione di discussione che alla fine non è stata né banale né rituale.

Che i linguaggi debbano adeguarsi ad un contesto del tutto nuovo nel mondo del consumo di droghe, lo ha dimostrato il tenore della discussione fra spazi sociali, operatori di Mestre, Bologna, del Friuli e di Genova che hanno animato i due workshop; naturalmente, uso e abuso, come categorie che hanno segnato la teoria degli interventi negli ultimi anni, sono stati vocaboli poco utilizzati, mentre invece si è parlato molto di consumo. Quanto ne sappiamo di come il consumo di droghe è cambiato?  Questo è un tema da indagare nuovamente.

In un mondo in cui la produzione capitalista ha sussunto la vita stessa, il bios, i comportamenti che hanno a che fare con il corpo sono mercificati. Sarà compito di tutti indagare sul piano della teoria e della pratica quali trasformazioni antropologiche questo processo ci sta consegnando e quali siano le forme di resistenza da contrapporgli.

La discussione di questo workshop è andata anche oltre l'analisi delle condizioni in cui lavorano servizi letteralmente schiacciati dalla legge, che li vorrebbe tutti asserviti alla colpevolizzazione dei comportamenti e al controllo dei corpi. Nessun rilancio della riduzione del danno può da sé bastare, e la riduzione ad una tecnica fredda che in Italia queste pratiche vivono, richiede uno sforzo di recupero di quello spirito che ha fatto sì che un tempo, ormai vent'anni fà, centri sociali, tossicodipenti autoorganizzati, operatori e associazioni  spingessero dal basso le prime esperienze di riduzione del danno che sono state alla base della loro nascita come dispositivo istituzionale.

Questa fase dunque può essere definita come "di inchiesta", di elaborazione di nuove letture e nuovi linguaggi, di superamento quindi delle categorie che fino ad oggi abbiamo usato e non sono più attuali.

Spunti di discussione interessanti sono avvenuti anche nel discutere quale sia il rapporto fra leggi come la Fini-Giovanardi, che rappresenta il livello più alto di controllo sociale, e il livello di diffusione delle droghe che la legge stessa evidentemente produce, o perlomeno affianca. I consumatori sono liberi di consumare già adesso! Perché anche se la legge formalmente lo vieta, nel supermarket delle droghe che nessuno vuole chiudere si può assumere di tutto in qualsiasi momento, e perché il supermarket funzioni, i consumatori devono sentirsi liberi di comprare le droghe.

Cercando linguaggi e pratiche nuove adeguati a questo contesto, ci siamo convinti che l'indipendenza sia un concetto che può significare qualcosa, forse molto, sicuramente di più di "antiproibizionismo".

Che cos’è l’indipendenza?

È un orizzonte di consapevolezza e di rifiuto collettivo alla mercificazione dei nostri corpi e dei nostri comportamenti. È un’indicazione affinché non si confonda la libertà con l’abbandono.

Soprattutto l’indipendenza è uno spazio di ricerca collettiva, non una ricetta pronta per l’uso, che tutti insieme dobbiamo riempire.

Centro Sociale Rivolta

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