No Dal Molin. 4 maggio una manifestazione popolare per Vicenza

3 / 5 / 2013

Una altra vittoria per i movimenti che a Vicenza si oppongono a quei poteri nazionali e internazionali che per troppo tempo hanno imposto decisioni non condivise umiliando un territorio e i suoi cittadini. Anni di battaglie contro un avversario, l'amministrazione americana e il suo esercito, che ha ritardato e strappato al progetto originale una pista di atterraggio per aerei e truppe di pronto intervento trasfomando una potenziale zona di guerra dentro la città nel Parco della Pace.

Nonostante l’annullamento dell’open day da parte degli statunitensi, abbiamo deciso di confermare la nostra manifestazione. Lo abbiamo fatto per più ragioni: la prima è che sentiamo il bisogno di ritrovarci in piazza, in tante e tanti, per confermare ancora una volta la nostra determinazione: hanno concluso la costruzione della nuova base Usa e si aspettano che torniamo silenti nelle nostre case; per noi, le ragioni che ci hanno portato nelle strade sono più vive e vere che mai.

Lo abbiamo detto: prima ci opponevamo a un cantiere, volevamo impedirlo, bloccarlo; ce lo hanno imposto con l’illegalità e l’arroganza. Ora ci opponiamo a una base di guerra che, come un polipo, avvolge e strangola la nostra città, allungando i propri tentacoli di morte in ogni angolo del globo. Fino a quando ci saranno basi militari nella nostra terra noi saremo in piazza: non vogliamo essere complici di chi esporta una presunta democrazia con le armi e la violenza.

Un sistema militare, quello statunitense, che devasta la nostra terra e prosciuga le sue risorse, imponendoci un’economia militarizzata che toglie il futuro alla nostra città: non ci sono soltanto le enormi spese che i cittadini sostengono per la permanenza delle truppe nordamericane in Italia (il 41% dei costi è pagato dal contribuente italiano), ma anche i danni ambientali (la devastazione del sistema idrogeologico, per esempio) e sociali.

Ci sono, insomma, tante ragioni per essere ancora una volta in piazza. E noi ci rivolgiamo a quanti, in questi anni, hanno avuto il coraggio di alzare la testa, di scendere nelle piazze, di non ascoltare chi, da buon zerbino, decantava i vantaggi della militarizzazione della nostra città. Ci rivolgiamo a quanti hanno scelto la dignità al silenzio, la partecipazione alla delega. Questa terra è ancora la nostra terra, ed è ancora tempo di stare nelle strade e nelle piazze della nostra città: la nuova base Usa non va inaugurata, ma chiusa!