No Dal Molin - Mercoledì si torna al Parco della Pace con Don Gallo e Beppi De Marzi

6 / 9 / 2010

Mercoledì 8 settembre si torna al Parco della Pace, con Don Gallo e Bepi De Marzi*; sarà una via di mezzo tra un incontro e una manifestazione: gli ospiti sono due amici storici del movimento vicentino, ma il luogo è particolare perché è il primo territorio vicentino sottratto alla militarizzazione.

Il Parco della Pace, infatti, rappresenta il depotenziamento dei progetti originari dei militari statunitensi. Che a Vicenza volevano costruire la più grande base d’Europa, il proprio fiore all’occhiello della razionalizzazione dei costi e delle attività militari: camerate per i soldati, depositi per i propri mezzi, centri comando, polveriere e un piccolo ma utilissimo aeroporto per spostarsi velocemente e con pochi costi nei teatri di combattimento.

«55 tank M1 Abrams, 85 veicoli corazzati da combattimento, 14 mortai pesanti semoventi, 40 jeep humvee con sistemi elettronici da ricognizione, due nuclei di aerei spia telecomandati Predator, una sezione di intelligence con ogni diavoleria elettronica, due batterie di artiglieria con obici semoventi e i micidiali lanciarazzi multipli a lungo raggio Mrls, quanto basta per cancellare una metropoli»: è la dotazione della 173^ Brigata Aerotrasportata, descritta da l’Espresso nel 2006 (“A Vicenza comanda Bush”, di R. Di Caro, 21 settembre 2007). Come si muoveranno tutte queste attrezzature? Non a caso, nei primi disegni dei progettisti statunitensi l’intera area del Dal Molin era recintata dal filo spinato e nel lato est una lunga pista ricostruita era affiancata da depositi e strutture militari.

Ma, senza la pista di volo, «il ’pugno di combattimento’, come lo chiamano al Pentagono», perde slancio e, quindi, importanza. Insomma, sembra che i 150 esili alberelli piantati nel 2007 dai cittadini a difesa di quel territorio abbiano sconvolto non poco i piani di guerra dell’esercito a stelle e strisce. Costringendoli a rivedere la propria strategia globale in Italia e in Europa e a rinunciare al grande progetto di fare della città del Palladio il cuore pulsante di ogni attacco in Medioriente.

Ed è per questa ragione che, poco dopo l’annuncio che l’area est del Dal Molin diventerà un Parco e non una protesi della base statunitense, è iniziata a trapelare la notizia di un nuovo allargamento di Camp Darby, a Pisa; dove, entro il 2013, si vorrebbe costruire l’hub della guerra, una struttura che «rispecchierà in tutto e per tutto - ha precisato il maggiore Giorgio Mattia - i grandi hub civili con servizi di check in e check out, movimentazione bagagli e altri servizi di terra», in grado di mandare alla guerra fino a 30 mila soldati al mese perfettamente equipaggiati. Con la differenza – ha aggiunto Manlio Dinucci su Il Manifesto – che «vi transiteranno non turisti con T-shirt e canne da pesca, ma militari con tute mimetiche e fucili mitragliatori» (“A Pisa l’hub della guerra” di Manlio Dinucci, Il Manifesto, 8 agosto 2010).

Nel 2006 l’Espresso titolava “A Vicenza comanda Bush”; la città del Palladio, nei desideri statunitensi, doveva diventare il centro nevralgico del dispiegamento militare statunitense in Europa, con la realizzazione di strutture ad alta tecnologia capaci di razionalizzare tempi e costi della guerra. «La leggenda dell’esercito statunitense, la 173a Brigata aerotrasportata del capitano di ’Apocalypse now’, rifondata e riunificata» a Vicenza e pronta a essere l’avanguardia delle nuove guerre a stelle e strisce.

Quattro anni dopo, questo grande progetto ha perso pezzi per strada. Vicenza è ancora una città militarizzata, ma non più al servizio degli statunitensi. E la nostra mobilitazione continua: vogliamo la nostra città, libera dalle servitù militari. Per questo, mercoledì torneremo al Parco della Pace, insieme a Don Gallo e Bepi De Marzi.