«Non ci salviamo se torniamo al modello che ha prodotto questo disastro sanitario e sociale». Intervista a Vittorio Agnoletto

14 / 9 / 2021

Per la rubrica Note sulla pandemia abbiamo intervistato Vittorio Agnoletto, medico e responsabile dell’Osservatorio per il Coronavirus di Medicina Democratica, dopo il suo intervento al dibattito “Una pandemia molte crisi”, tenutosi all’OltrEconomia di Trento.

Da subito sei stato un punto di riferimento per la lettura politica di questa crisi da Covid. La mia domanda è legata ad una lettura complessiva che ci impone questa sindemia, termine che indica come il virus si intreccia con la questione socio-ecologica, con questioni di carattere economico e politico. Come possiamo avere davvero un approccio sindemico nel trattare politicamente la crisi come movimenti sociali, per uscire dalla narrazione dicotomica che ci è imposta dalla governance, e che abbiamo visto sulla questione del vaccino, ma anche ora sul green pass? Come riusciamo a dare un ampio respiro a questo tema, e a restituire anche nella pratica politica una lettura sindemica?

Hai colto quello che anche secondo me è un punto fondamentale. In questa vicenda il potere non solo c’è, ma è molto forte, sia economicamente che mediaticamente. E sta facendo ciò che il potere cerca sempre di fare: scaricare le contraddizioni verso il basso, e portare le persone, soprattutto i lavoratori, a litigare tra loro, e quindi a guardare per terra. Dobbiamo avere la capacità di alzare lo sguardo, e capire ciò che sta avvenendo veramente.

Primo punto fondamentale è che dobbiamo superare i brevetti. Dobbiamo riuscire ad arrivare ad una moratoria sui brevetti e sui kit diagnostici, per due motivi. Il primo è che tutti devono avere la possibilità di vaccinarsi il prima possibile. Nella situazione attuale dieci nazioni, tra cui l’Italia, hanno acquistato il 75% delle dosi. Significa che avremo milioni di morti nel Sud del mondo, abbandonati a sé stessi. Questa ragione è quella della solidarietà, dell’etica. Per chi non è sintonizzato su queste lunghezze d’onda, c’è un altro ragionamento, chiamiamolo pure sano egoismo. Noi possiamo anche vaccinarci tutti, ma se in altre zone del mondo si svilupperanno delle varianti più aggressive del virus, come conseguenza dell’assenza del vaccino, quelle varianti arriveranno anche da noi, e nessuno è in grado di dire se i vaccini di cui disponiamo sono in grado di bloccarle. Abbiamo bisogno di fermare queste possibili varianti.

Qui stiamo parlando di diritti, che sono una cosa diversa dalla carità e l’elemosina. Quando il G20 si riunisce e dice che i brevetti devono rimanere, e poi eventualmente verranno distribuiti i vaccini, fa un’operazione indecente, perché sostituisce carità ed elemosina ad un diritto. Carità ed elemosina possono essere complementari ai diritti. Anche perché partono da un concetto molto semplice, ovvero chi ha il potere decide di donare qualcosa, e decide a chi, cosa e quando. Quando il nostro governo si vanta di aver donato delle dosi al Vietnam, e lo giustifica dicendo che il Vietnam è un partner commerciale dell’Italia, a vergogna si aggiunge vergogna.

In questa vicenda, il tentativo di calpestare i diritti viene anche da altre parti. Quando il governatore del Lazio afferma che i no vax dovrebbero pagarsi le proprie cure, con una semplice affermazione distrugge il concetto di diritto alla salute che dal ’48 in poi avanza insieme alla fondazione dell’OMS, ovvero il diritto di salute universale. Se si comincia così, poi si continua con i fumatori che si devono pagare le cure per il tumore al polmone, poi gli alcolisti, i tossicodipendenti, chi non ha usato le cinture guidando, e si smantella il concetto di diritto alla salute. Si va verso un modello statunitense, che non andava bene nemmeno per Barack Obama e Hillary Clinton, che hanno tentato di modificarla. Che questa proposta arrivi dal centro-sinistra, dà il segnale della situazione barbarica in cui ci troviamo.

Facciamo una precisazione: tra le persone che stanno rifiutando la vaccinazione una buona parte non è no vax ideologicamente e culturalmente. Sono persone che hanno bisogno di saperne un po’ di più, fanno delle domande, chiedono maggiori informazioni. Dicono, giustamente, che l’informazione fatta dal potere è stata confusa, e che ha anche taciuto su alcune cose fondamentali. Hanno perso fiducia. Bisogna discutere, bisogna spiegare. Poi c’è chi è ideologicamente no vax, e quelli rimarranno del loro parere. Ma trasformare i no vax in un gruppo terroristico e procedere come sta avvenendo in questi ultimi giorni, è una risposta sbagliatissima che mi preoccupa e mi fa pensare a cosa si stia preparando.

Invito inoltre tutti e tutte a firmare la campagna europea per l’accesso ai vaccini per tutti, affinché l’Unione Europea sia obbligata a sganciarsi da Big Pharma. Le firme si raccolgono su noprofitonpandemic.eu.

È stato evidente fin dall’inizio che la creazione e la circolazione di questo virus avessero una doppia causa. La causa ecologica, ovvero il salto di specie. Ma c’è anche una seconda questione, ovvero lo smantellamento del sistema sanitario, quindi di un diritto che dovrebbe essere quantomeno universale. Abbiamo avuto l’opportunità, con il Recovery Fund, di avere un cambiamento di rotta, ma questa occasione non è stata colta. La salute come bene comune, una sanità in grado di affrontare non solo l’emergenza, ma anche un sistema di prevenzione, sono temi che non si stanno affrontando. Come è possibile imporre dal basso un cambio di rotta, e su quali tematiche specifiche?

Voi sapete che la tutela della salute è prevista anche dall’art. 32 della Costituzione italiana. Questo articolo è uno dei pochissimi della Costituzione che non parla di diritto del cittadino. Il diritto alla salute non è un diritto che deriva dall’essere cittadino italiano, dalla cittadinanza, ma dall’essere una persona, un essere umano. Nella Costituzione le parole hanno un senso importante.

C’è anche l’art. 3, in cui, nella seconda parte, c’è scritto che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli economici e sociali che impediscono alle persone di godere dei diritti. Questa è la grandezza della nostra Costituzione, perché non è un arbitro, o un semaforo, ma dà il compito alla Repubblica di intervenire per consentire ai cittadini di usufruire realmente dei diritti. Questo è il punto di partenza.

Perché abbiamo pagato un prezzo spaventoso durante la pandemia? L’Italia è tra i dieci Paesi con più decessi, e la Lombardia, se fosse uno Stato, sarebbe seconda solo al Perù come morti ogni 100.000 abitanti. E siamo un Paese che ha un sistema sanitario sviluppato. Se il servizio sanitario è intriso di aziende private, cambia tutto. Il 40% della spesa sanitaria della Lombardia va al privato. La sanità privata ha l’obiettivo di fare soldi come tutto il privato, ed è legittimo. E su cosa fa profitto? Sulla salute? No, ma sulla malattia, sui malati. Quindi non è interessata alla prevenzione, anzi, si potrebbe dire che vede nella prevenzione un antagonista. I soldi che arrivano dall’Europa dovrebbero essere destinati innanzitutto alla sanità, ma non è così: sappiamo che solo una piccola parte sono destinati. Quei soldi dovrebbero però essere investiti nella prevenzione, nella medicina territoriale, nei piani pandemici. Tutto questo non c’è. Invece i primi soldi verranno utilizzati per acquistare strumenti tecnologici avanzati e costruire mega ospedali. Non è questo il punto fondamentale, non è questa la priorità.

Vi faccio un esempio incredibile. La Lombardia deve modificare la propria legge sanitaria, istituendo i distretti territoriali, le case di cura e gli ospedali di comunità. Come pensa di farlo? Investendo nel servizio pubblico? No. Utilizzando i fondi europei per bandi aperti al servizio privato. La Lombardia è il punto avanzato del neoliberismo nella sanità, ed è quello che gran parte delle forze politiche vorrebbero estendere a tutta l’Italia. E questo non riguarda solo la salute. La pandemia è un prodotto di questo modello di sviluppo, e su questo non c’è alcun dubbio. È il prodotto dello sfruttamento di ogni centimetro quadrato del pianeta, dello sviluppo fondato sulla deforestazione, sugli allevamenti intensivi, che facilitano il salto di specie. Il virus è un prodotto di questa situazione. Eppure, si va a finanziare le grandi opere, la Tav, addirittura il ponte di Messina. Si finanzia uno sviluppo basato ancora sullo sfruttamento delle risorse, come se fossero infinite. Queste grandi opere sono destinate a creare ulteriori problemi.

La partita che abbiamo davanti è fondamentale. Infatti, continuiamo a dire che non si tratta di tornare come prima. Sicuramente questo è vero in termini di libertà, ma non ci salviamo se torniamo a rimpiangere il modello che ha condotto a questo disastro. Quindi ora la battaglia va condotta sull’utilizzo di questi fondi. Vanno incalzati gli enti locali, per capire quali sono le priorità, con un monitoraggio ferreo. Non dobbiamo distrarci nemmeno un secondo. Il neoliberismo ha segnato dei passi di arretramento di fronte alla pandemia. Alcuni dogmi portati come tali dalla Commissione Europea hanno vacillato. Ci hanno riempito per vent’anni con l’idea che sanità e scuola sarebbero andati avanti solo se privatizzati, ma poi hanno dovuto dare i finanziamenti allo Stato, chiedere l’intervento della sanità pubblica per mettere una pezza a quello che è stato fatto. Il rischio è che ora, con i soldi che arrivano, si riparta nella direzione opposta. Il tema che è stato proposto è l’elemento centrale del conflitto sociale da realizzarsi nei prossimi mesi.

«Non ci salviamo se torniamo al modello che ha prodotto questo disastro sanitario e sociale». Intervista a Vittorio Agnoletto.

** Pic Credit: Paolo Ghisu