Oltre la "bolla" della comunicazione: cosa ci dicono le elezioni in Emilia-Romagna

Intervista ad Angela Rauseo, dottore di ricerca in diritto del lavoro

31 / 1 / 2020

Dopo le recenti elezioni regionali in Emilia-Romagna e la netta vittoria della coalizione capeggiata dal governatore uscente Stefano Bonaccini, abbiamo intervistato Angela Rauseo, dottore di ricerca in diritto del lavoro, che da svariati anni vive a Bologna. Un’intervista che ci aiuta a comprendere non solo le dinamiche elettorali, ma anche i possibili scenari che si aprono nella regione a partire da ora.

Probabilmente non era mai accaduto in precedenza che una competizione regionale avesse tutta questa attenzione mediatica e politica. È possibile fare valutazioni che tengano conto del quadro politico reale che scaturisce in Emilia-Romagna dopo le elezioni di domenica e che siano scevre da quella retorica da “battaglia di Stalingrado” che le sta accompagnando?

La domanda è abbastanza complessa. Provo a dire un come la vedo, semplicemente perché vivo in questa regione e conosco le tendenze e i comportamenti delle varie organizzazioni politiche.

Per riguarda l'attenzione mediatica conferita a queste elezioni regionali, secondo me svolge un ruolo abbastanza determinante la narrazione costruita ad hoc dal Pd, non solo per queste elezioni, ma anche in altre occasioni. Una narrazione che nasce dall’elezione di Zingaretti a segretario del partito, con cui il Pd cerca di fare un'operazione di ricomposizione della sua struttura e della sua funzione. Sembra infatti che stia ritornando “a sinistra”, sembra che stia ritornando a essere un partito di massa e rivolgersi a determinati soggetti, laddove invece le politiche attuate fino a oggi - penso soprattutto al jobs act - ci portano a considerare questo partito in tutt'altro modo. Credo che abbia funzionato più la retorica incentrata sulla paura, nel senso che è riuscita a catturare consenso la paura di cedere il passo a Salvini.

Allo stesso tempo, però, va detto che la campagna elettorale di Bonaccini si è giocata molto sulla presentazione della sua figura come un politico trasversale, che non vuole essere trincerato nel mondo della sinistra, non vuole essere identificato alla sinistra come la intendiamo in senso “classico”. Campagna elettorale che si è riferita anche e soprattutto agli imprenditori, si è concentrata sulla sua bravura di amministratore e gestore della “cosa pubblica”, facendo riecheggiare quella tradizione emiliano-romagnola derivante dalla struttura del PCI, che ormai molti anni fa riusciva a essere un partito-amministratore.

Per quanto riguarda il quadro politico reale, io credo che l’elezione di Bonaccini non faccia altro che ristabilire l’equilibrio precedente, determinare nuovamente che l’establishment è questo: il Pd deve amministrare questa regione! E deve amministrarla a partire, per esempio, dall’autonomia differenziata, come Bonaccini stesso ha dichiarato subito dopo la sua rielezione. Un progetto che farebbe impallidire chiunque, se analizzato secondo le categorie “destra-sinistra”, perché allude più a una cultura politica di destra che di sinistra.

Oltre a questo, andrà a implementare grandi opere come la Cispadana, progetto a elevato impatto ambientale, e continuerà quell’opera di smantellamento della sanità pubblica in corso da anni, un esempio su tutti la realizzazione del super-ticket che non fa altro che allargare l’esonero del pagamento da una fascia di reddito bassissima a una di centomila euro (in altri termini, una persona che guadagna 1.000 euro al mese avrà la stessa aliquota sanitaria di una persona che ne guadagna 5.000, favorendo quelle classi agiate che da sempre scelgono chi può stare al governo per tutelare i propri interessi).

Cosa traiamo dalla analisi della distribuzione territoriale del voto? Si delinea anche in Emilia-Romagna quella dicotomia tra città e campagna e tra centro e periferia, che sta caratterizzando l’attuale polarizzazione elettorale in Italia e non solo?

Per quanto riguarda la distribuzione territoriale della del voto emiliano-romagnolo, mi piacerebbe fare riferimento proprio a un interessante studio dell'istituto Cattaneo di Bologna, uscito il 26 gennaio. In questo studio, che è girato molto sui social, c'è una mappa della regione che sintetizza l'andamento del voto. La spina dorsale che ha retto Bonaccini è proprio costituita dalla Via Emilia, all'incirca da Parma a Rimini. Questa sacca sembra stretta in una morsa, perché il territorio intorno è tutto “azzurro” o “verde”, avendo espresso con nettezza una preferenza per Lucia Borgognoni e per i candidati della Lega o dei vari partiti di centro-destra.

Anche in questo caso si riconferma la dicotomia tra centro e periferia e tra città e territori rurali; il voto alla Lega è infatti avvenuta soprattutto nelle zone dell’Appennino verso il piacentino e lo studio rileva anche il fatto che nei piccoli comuni - quindi quelli con meno di 5000 abitanti - la Lega ha “sbancato”, arrivando in alcuni casi anche al 50%.

Da un non certo punto di vista sembra che il PD sia in grado di riscuotere consenso soprattutto nelle zone in cui quel famoso “benessere”, per cui la regione Emilia-Romagna è conosciuta, è ancora esistente. In una città come Bologna, incentrata soprattutto sui servizi, il consenso per il PD è ancora molto alto, perché perché chi vive e lavora nel capoluogo è prevalentemente impiegato nel settore dei servizi oppure è un “professionista”, e comunque usufruisce di servizi di grossa qualità. Di conseguenza non si sognerebbero mai di votare per Salvini. Questo non accade invece in altri territori, in particolar modo quelli rurali, dove senza dubbio le problematiche che attanagliano la quotidianità sono differenti e maggiori

Questo è un tema molto complesso, per cui servirebbe un'analisi dettagliata sulle ragioni per le quali le persone che vivono e lavorano in territori rurali decidano di dare la loro preferenza a Salvini o a Fratelli d'Italia. Potrei azzardare una sorta di paragone con quello che è successo in Inghilterra con la Brexit: in una città come Londra, per esempio, in occasione appunto della referendum del 2016 ha vinto il remain perché la città è caratterizzata da un'economia incentrata sui servizi, a differenza di quello che accade in altri territori di quel Paese, in particolare nel Nord dove è ancora fortemente sviluppato il settore industriale e le persone hanno optato per l’uscita dall’UE.

Infine io farei anche un rapido riferimento alla questione degli interessi economici; la via Emilia, e in particolare Modena, è caratterizzata da un vero e proprio distretto industriale dove gli interessi in ballo sono giganteschi, per cui sia imprenditori sia lavoratori decidono di mantenere l'equilibrio della situazione e quindi di optare per Bonaccini.

Tra le cose che hanno più richiamato l’attenzione c’è il fatto che Salvini e la Lega abbiano perso la “guerra delle narrazioni” (si veda ad esempio il “caso Bibbiano e la più recente “citofonata del Pilasto”). Si tratta di un fenomeno di carattere episodico, tutto contestualizzabile all’interno della “bolla mediatica” oppure c’è qualcosa di più complesso?

Se ci soffermiamo sulla guerra delle narrazioni, a cura di Salvini ma anche del PD, in realtà ci rendiamo conto che entrambe le narrazioni messe in campo da queste due forze politiche sono fittizie. In riferimento alla “citofonata del Pilastro” a Bologna o all’estenuante retorica di Salvini sulla vicenda di Bibbiano, a mio avviso dovremmo fare una distinzione.

Sulla vicenda del quartiere Pilastro, va innanzitutto detto che si tratta di un luogo storicamente operaio e popolare, che veniva progettato e costruito tra gli anni ‘50 e ‘60 proprio con l'intento di accogliere gli operai che si trasferivano nel capoluogo dai territori limitrofi. Ad oggi quel quartiere è caratterizzato soprattutto da migranti o persone che non possono pagare 1.000 € di affitto e che subiscono una serie di problematiche effettive. Problematiche mai prese in considerazione durante la campagna elettorale né dalla Lega né dal PD di Bonaccini.

Mi ha molto ridere il fatto che alla becera citofonato volta a stigmatizzare un ragazzo di 16 anni da parte di Salvini, abbia risposto il sindaco di Bologna Virgilio Merola. Questi è andato in difesa del ragazzino, mettendosi però sullo stesso piano del discorso politico messo in campo da Salvini (in realtà non mi aspettavo e diciamo un atteggiamento differente). Mi ha fatto ridere vederlo lì, con l'obiettivo di strumentalizzare la situazione del momento che ha il PD Bolognese, in particolar modo quello a cui fa riferimento il sindaco, continua a sgomberare non solo centri di aggregazione sociale, ricordiamo la vicenda dell'XM 24, ma anche case popolari o edifici in cui vivevano lo stesso tessuto sociale di cui si è eretto a paladino. Politiche che sono il frutto, ad esempio, di un utilizzo deregolamentato della famosa piattaforma di Airbnb.

Sinceramente non credo che l’utilizzo di queste narrazioni possa nascondere qualcosa di estremamente complesso, anzi semplicemente rispecchia la dimensione in cui ci troviamo per quanto riguarda il discorso politico generale: l'utilizzo eccessivo dei social media, la stigmatizzazione di persone che vivono disagi sociali ad opera di Salvini e delle destre, ma anche quella retorica “caritatevole” di cui si sta facendo portatore il Pd, che è quanto di più lontano dal prendere seriamente in considerazione le diseguaglianze economiche e agire una vera prospettiva di cambiamento per questa regione.

Nel caso di Bibbiano, ci troviamo di fronte a una città chiaramente più piccola rispetto al capoluogo, dove però il radicamento del PD - attraverso soprattutto i suoi circoli – è elevato. Nonostante l’ossessiva campagna della destra sulla gestione “malata” del PD, la ridondanza sull’effetto elettroshock, la popolazione ha scelto di lasciarsi convincere dall'altra narrazione, a suo modo anch’essa tossica, basata sul “benessere”. Narrazione che ricorda tanto il Nanni Moretti di “Aprile”, in cui ad Hyde Park dice: «facciamo come l'Emilia-Romagna, asili nido, Welfare sociale». Questa è una narrazione con cui il PD si protegge rispetto alle contraddizioni che vengono fuori se si analizzano le politiche che ha messo in atto nel tempo, sia a livello locale che nazionale. essendo stato un po' un partito.

Sempre a proposito di narrazione, va ricordato che tra le tante cose che non sono state affrontate dalle principali forze in campo ci sono, ad esempio, le restrizioni derivanti dai vari decreti sicurezza, penso ai lavoratori di una organizzazione sindacale di base colpiti da misure di “Daspo", da fogli di via e da provvedimenti volti ad allontanare quelle persone a seguito di scioperi giustificati da condizioni di lavoro pessime e inquadramenti contrattuali altrettanto vergognosi.

Nessuna delle formazioni che si sono attestate delle percentuali elevate ha inoltre fatto riferimento mai al sistema malato di cooperative fittizie, imprese che riescono a sparire nel giro di poco tempo lasciando a casa i loro lavoratori, ma soprattutto lasciandoli indebitati, nel momento in cui vanno in fallimento e non possono liquidare i contenuti i contributi previdenziali. Su questo non ho sentito mezza parola da parte del PD, se non in riferimento a un report sviluppato all'interno della “commissione speciale di inchiesta cooperative” costituitasi 3 anni fa nell'assemblea legislativa, che e più una sorta di promozione elettorale del partito stesso, che ha continuato a evitare di affrontare in modo consistente la problematica e che strizza l'occhio e soprattutto alle imprese. Ovviamente Salvini non ha trattato la tematica - me lo aspettavo -, ma non ho sentito parole determinanti in merito neppure dai candidati di Emilia Coraggiosa.

A questo proposito sarà molto interessante vedere come lavoreranno con Bonaccini i consiglieri regionali eletti con questa lista, visto che loro stessi si dicono critici e in un certo senso sono da considerare come la spina nel fianco del PD nel prossimo consiglio regionale. Saranno davvero la spina nel fianco del PD oppure sono stati così bravi anche loro a creare una narrazione fittizia, che attecchisse su quelle fasce di elettorato che si sente di sinistra, ma che non ancora il coraggio di votare il PD?

Cosa può cambiare, dopo l’affermazione di Bonaccini, nel contesto e nelle prospettive politiche regionali e nazionali?

A mio avviso con l'insediamento della nuova giunta Bonaccini non credo che ci saranno dei grossi cambiamenti rispetto al passato. Bonacina ha già annunciato l’intenzione di proseguire il lavoro che ha iniziato già cinque anni fa; l'indirizzo e la matrice politica rimangono le stesse. Ricordiamo poi, tra l'altro, che Bonaccini è stato anche un grande “renziano”.

Sicuramente cambierà qualcosa di rilevante a seguito della sua intenzione di portare avanti il progetto di autonomia differenziata di cui parlavo prima. C'è un dato, però, che emerge e che poi avere un impatto sul livello: una sorta di polarizzazione del sistema politico. Ne stanno parlando tanti in questi giorni e secondo me questo può accadere proprio a causa di una mutata dimensione de discorso politico, che si nutre di un utilizzo spietato dei social, strumentalizza il malessere generalizzato fra le persone. Io penso che qualsiasi altro dibattito che scaturirà da scadenze elettorali sarà d’ora in poi sempre più concentrato sui due contenitori: da un lato antifascismo “di facciata” e ricostruzione politico-culturale di un’area di centro-sinistra e dall’altro lato le narrazioni tossiche della destra.

In questi giorni si è sentito parlare anche di una sconfitta definitiva di Salvini. Sicuramente, per fortuna, non lo vedremo qui in Emilia-Romagna almeno per qualche mese, si ripresenterà forse in occasione delle elezioni comunali di Bologna. Però va ricordato che in realtà continuerà a svolgere il suo classico ruolo di “finta opposizione” rispetto al PD, laddove invece su tante tematiche c'è una sorta di convergenza.

Un altro elemento che secondo me è rilevante e che può servire a comprendere che cosa significa la presidenza di Bonaccini in Emilia-Romagna è concentrato proprio nel fatto che - come dicevo all'inizio - gli esponenti del PD sono come i soci vitalizi del potere. Loro si spartiscono da tempo e da anni fette di interessi in questa regione, così come in altri territori, ed è chiaro che non vogliono lasciare nemmeno una fettina ad un competitor Come la Lega.

L'elemento poi centrale è la mancanza di una prospettiva di cambiamento vera, capace di sciogliere le contraddizioni in cui il PD cade continuamente e che non sono state trattate nella campagna elettorale. Contraddizioni che persistono, anche se Bonaccini viene rappresentato all’esterno come una sorta di “salvatore” dell'Emilia-Romagna.