Padova - L'impatto sociale e ambientale del consumo di suolo

Perché è stato occupato il cantiere di via Fra Paolo Sarpi durante il Global Strike del 3 Marzo 2023.

4 / 3 / 2023

A Padova il global strike del 3 marzo ha messo a tema il consumo di suolo e le sue conseguenze ambientali e sociali. Centinaia di persone hanno occupato il cantiere di via Paolo Sarpi - sotto l’ansa del cavalcavia Dalmazia - dove è in atto una delle più grandi speculazioni edilizie della città. In quest’area la società Agrifutura ha infatti stipulato una convenzione con il comune per la costruzione di quattro edifici, due edilizia libera, una convenzionata e l’ultimo a fini commerciali.

Nel giro di quattro anni abbiamo visto in quest’area l’espandersi a macchia d’olio della grande distribuzione organizzata: per primo fu l’Eurospin, catena già salita agli onori della cronaca per l’acquisto di frutta e verdura al massimo ribasso, comportamento che incentiva il lavoro nero e sfruttato; in seguito ci fu l’apertura di IperRossetto e per finire quest’anno l’ennesimo McDonald, azienda non di certo nota per la sostenibilità dei suoi prodotti.

2018

2023

Questa logica dello sfruttamento acritico del territorio va inquadrata in contesto generale che non brilla peer risparmio del suolo: quello consumato e non più “vivo” al 2019 su tutto il territorio nazionale è il 7.3%; in Veneto addirittura l’11.9%. Vengono consumati circa 19 ettari/giorno: 38 campi da calcio. Non è una questione privata limitata a chi getta le fondamenta: ogni ettaro costa a tutti noi 100000 l’anno.

Le grandi compagnie mettono in essere la modalità di appropriazione del terreno chiamata “land grabbing”, l’accaparramento della terra per metterla a sfruttamento utilizzando l’asimmetria di potere tra grandi aziende e popolazioni locali. In tutti i campi: dall’acquisizione di terreni per l’agrifotovoltaicoa agli allevamenti intensivi, dai parchi eolici agli espropri per la TAV o per le Plimpiadi del 2026.

Tornando a questa zona sita sotto l’ansa del cavalcavia Dalmazia: la società Agrifutura ha stipulato una convenzione con il comune di Padova per la costruzione di quattro edifici, due ad edilizia libera, uno convenzionata e l’ultimo a fini commerciali, in un’area che ha visto sorgere numerose strutture negli ultimi anni. Sfogliando l’Aggiornamento delle previsioni del progetto urbanistico definitivo del Pru, redatto dal Comune di Padova, troviamo riportato:

“Agrifutura S.r.l. accetta di sostituire il pagamento degli oneri con la diretta realizzazione delle opere riferibili alla sistemazione e all’ampliamento del Parco delle Mura e alla rete viaria a raso (percorsi pedonali, pista ciclabile, strada Parco). le opere riguardanti il tratto esterno al PRU del Parco delle Mura e di cui si fa carico integrale Agrifutura ammontano ad € 361.200,00. Considerato che il Comune di Padova deve ancora acquisire le aree comprese nell’ampliamento Ovest del Parco delle Mura e che alla data odierna non sono conosciuti i tempi per la regolarizzazione dell’acquisizione, l’Amministrazione comunale dichiara che se tale operazione non si compirà entro il termine di 3 anni dalla firma della Convenzione urbanistica che disciplina il Progetto Urbanistico Unitario di dettaglio PUU delle U.d.S. T4-T7-P1, Agrifutura S.r.l. provvederà alla monetizzazione di € 76.400 al Comune di Padova che provvederà autonomamente all’esecuzione delle opere” (leggi su Padovanet).

Due sono gli aspetti su cui porre l’attenzione; il primo è sicuramente la critica a un modello immobiliare che prevede la costruzione di nuovi edifici residenziali di fronte a un numero esorbitante di case vuote, spesso abbandonate all’incuria da parte di ATER o dei proprietari privati. L’ottica in cui è necessario cominciare ad entrare è doverosamente e inderogabilmente - sia per quanto riguarda il patrimonio pubblico che quello privato - quella del riutilizzo e della ristrutturazione, disincentivando ulteriori cantieri.

Il “Mattino di Padova” del 20 febbraio 2023 riporta, nelle prime righe di un articolo, che le unità immobiliari che risultano inoccupate in modo permanente in Veneto sono 667925, delle quali 81410 nella provincia di Padova.  Facendo sempre riferimento alle vicende che riguardano il territorio patavino si annota l’inchiesta fatta dal “Mattino” (qui e qui) riguardo la situazione degli alloggi popolari in quartiere Palestro, ricordando che l’iniziativa era sorta in seguito al violento sgombero degli appartamenti occupati di via Melette 3.

Questa situazione di precarietà abitativa tocca numerose fasce della società, come hanno testimoniato le diverse denunce di persone razzializzate, bloccate a trovare un alloggio a causa del colore della propria pelle e conseguentemente poste in scacco dal ricatto dei documenti, impossibili da ottenere se privi di residenza sul suolo italiano. Anche gli studenti universitari - vittime da un lato delle speculazioni da parte dei proprietari e dall’altro dell’insufficienza sul tema dell’Ente regionale per il diritto allo studio (ESU) - si sono mobilitati più volte nel corso dell’anno accademico.

Il secondo aspetto è il tema delle compensazioni; la morte di un’altra fetta di città a causa del cemento non può essere cancellata da opere compensatorie in altre zone. Stiamo comunque assistendo alla progressiva erosione di un territorio ormai martoriato da decenni, come riportano i dati del 2021 dell’ISPRA riguardo Padova (49,60 % di suolo consumato)[5]. Inoltre l’aumento delle zone cementificate va a influire sull’innalzamento della temperatura, tema sempre più problematico come hanno dimostrato i mesi caldissimi di siccità della scorsa estate.

I costi sociali della cementificazione e della scomparsa del verde urbano includono anche i costi “umani”: cioè la degradazione della nostra salute. Com’è noto, la nostra città è una delle più inquinate in termini di inquinamento aereo: ormai si contano più agevolmente i giorni in cui vengono sforati i livelli massimi che quelli in cui si può respirare dignitosamente. Gli alberi e le piante hanno un ruolo fondamentale nel catturare e trattenere queste polveri: le polveri sottili e gli altri inquinanti ambientali sono concausa di asma, bronchiti, broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO).
Inoltre, è noto che la presenza del cemento è alla base del fenomeno chiamato “isole di calore” per cui (anche intuitivamente) la temperatura in mezzo ai palazzi è notevolmente più alta rispetto al refrigerio estivo che si può provare al parco: assieme alle polveri sottili ciò incide notevolmente sulle patologie cardiovascolari, dall’ipertensione alla malattia coronarica, affliggendo soprattutto i più anziani e le persone a rischio. Parliamo di 91000 morti all’anno per inquinamento, morti che sarebbero evitabili.

Appare quindi necessario mettere in critica questo sistema, non solo nelle singole città ma anche a livello regionale, richiedendo alle amministrazioni coinvolte una chiarezza riguardo la realizzazione di queste compensazioni e attuando un monitoraggio continuo. «Forse molti si sono dimenticati della “Dichiarazione di emergenza climatica” firmata da diverse amministrazioni ma noi no: la nostra lotta è per la vita e non possiamo rimanere fermi di fronte a questi scempi» afferma Fridays for Future Padova.

L’iniziativa di ieri intende anche disvelare tutta quella serie di meccanismi istituzionali che sono tesi a giustificare ulteriori azioni di cementificazione e chiedere finalmente azioni serie per il suo contenimento: la legge regionale 14 del 2017 della regione Veneto, ironicamente denominata “Legge sul Contenimento del consumo di suolo” è infatti uno scolapasta: priva le amministrazioni della possibilità di intervenire su numerosi settori e prevede una serie innumerevole di deroghe che la rende totalmente inefficace (per esempio sulle opere di interesse pubblico come l’ospedale, le attività di cava, gli interventi per le attività produttive o gli interventi per il “piano casa”).

«Ieri siamo entrati nell’area di Via Fra Paolo Sarpi per dimostrare concretamente che il destino di queste aree non è ineluttabile e che abbiamo intenzione di occuparcene direttamente, con azioni determinate ed efficaci per affermare che il suolo non è un bene privato ed alienabile; non lo deve più essere perché incide sulla salute e sulla qualità di vita di tutt* e altera l’ecosistema non tenendo conto dei delicati processi ed equilibri in cui anche noi siamo inseriti. Non ci dimentichiamo però che l’attacco violento che subiscono i nostri territori è parallelo e indissolubilmente legato a quello condotto sui nostri corpi: la distruzione degli spazi verdi nella città sta nella logica della distruzione degli spazi delle comunità, degli spazi minimi di incontro per non sentirci sol3 e per poter costruire al di fuori delle mura domestiche delle relazioni che non ci releghino a rapporti talvolta violenti. Anche per questo l’8 marzo saremo in piazza per la giornata di sciopero e di lotta transfemminista, stando in una prospettiva che sappia leggere la soggezione dei corpi e della natura nelle stesse dinamiche di sfruttamento ma che sappia articolare anche la stessa grammatica di liberazione».