Padova. The day after.

Prime riflessioni sulle elezioni amministrative nel laboratorio Padova.

9 / 6 / 2014

Dopo vent’anni, la destra politica e sociale conquista il municipio di Padova, battendo l'ex vicesindaco Ivo Rossi, il candidato prescelto ed imposto dalla vecchia guardia del PD alla successione dello sceriffo ‘rosso’ Zanonato e alla sua cricca di potere.

Colui che ha giocato la sua campagna elettorale sul terreno della sicurezza, dell’allarme immigrazione, della continuità, con un sottofondo di cemento e grandi opere in financial project, con zero ricambio gestionale ed amministrativo, con zero partecipazione e condivisione.

Un ballottaggio conclusosi con un 7% abbondante di scarto tra i concorrenti che ci conferma come una grossa parte del voto di protesta sociale grillino, aldilà di essere nei meetup ecologista, laico, partecipativo, redistributivo, è, nei suoi grandi numeri, densamente conservatore e reazionario.

Gli errori politici nel corso del semestre elettorale, dalle primarie al ballottaggio sono innumerevoli e non ci interessa qui elencarli e discuterne -sono affari loro- basti dire che son degni di Capitan Fracassa: di chi è gonfio dell’arroganza del potere che supera di gran lunga la comprensione politica della fase che stiamo attraversando.

Conquista e non riconquista è quella che si è determinata nella città di Padova perché mai si era verificato che entrassero per governare a Palazzo Moroni gli esponenti politici più retrivi e simbolici, Bitonci e Saia [manca solo l’ex carabiniere Ascierto] di quel revanscismo politico, di quegli umori sociali neri, pieni di xenofobia, di rancore sociale, di perdita di rendita e status economico, che la crisi perdurante ha fatto lievitare negli intestini ciechi di un largo strato sociale, anche giovanile, della popolazione.

Questa non è la destra economica, tradizionalista o laica, liberale e meritocratica. Questi signorotti parlamentari sono militanti in giacca e cravatta della destra sociale, anche quella movimentista, più retriva che si sono fatti interpreti delle passeggiate con il maiale sui terreni destinati alla moschea, della paura xenofoba nei quartieri ad alta intensità abitativa di migranti, dell’allarme per la microcriminalità diffusa, della crisi economica del piccolo commercio al dettaglio per l’invasione di pakistani, cinesi e maghrebini.

Un vero salto di paradigma nella continuità para cattolica e finto comunista della gestione amministrativa della città, un cambiamento con cui tutti gli attori politici, associativi e sociali dovranno fare, a breve, i conti; una scommessa politica vinta, a cui la destra politica dell’intero paese guarda con grande interesse, tanto da definirla ‘laboratorio Padova’.

Un laboratorio della destra sociale a trazione leghista, con in qualità di leader la 3^ generazione leghista, che guarda a tutto il nord e non solo, come si ostina ad affermare il sindaco di Verona, Tosi. Un laboratorio che occhieggia dialetticamente con la destra sociale e anti europeista di Marie Le Pen, di Nigel Farage, con le ‘buone’ pratiche amministrative della Carinzia, con le sperimentazioni danesi e svedesi, e, con una solida sponda, nella consolidata gestione politica e amministrativa dell’Ungheria di Victor Orban. Un laboratorio che avrà un passaggio importante se non decisivo nelle prossime elezioni amministrative del Veneto, virtualmente acquisito nell’alveo del centro sinistra dalla ventata renziana del PD.

Di questo risultato può andar fiera la storica ‘direzione strategica’ del PCI – PDS – PD passata per le omertose stanze di via Beato Pellegrino, assieme a tutte le anime candide del consociativismo nostrano, che hanno mangiato le briciole del banchetto della città, e ieri l’ha regalata, per insipienza, tracotanza e cecità politica, ai campioni di quella destra che abbiamo, sommariamente, descritto.

Certamente è stata sempre presente ed esiste, lotta produce spazi di libertà e socialità una ‘altra Padova’, che ha dovuto confrontarsi, contrapporsi, anche aspramente, con il passato establishment, che ha saputo tenere aperta una proposta politica di ‘oltrepassamento’, spesso con strascichi di incomprensione e diffidenza negli ambiti della così detta società civile.

Questa è la Padova dei movimenti, dell’associazionismo equo eco solidale, dell’accoglienza, delle lotte per il reddito, diritti, dignità. Da qui possiamo ripartire mettendoci in gioco, confrontandoci senza peli sulla lingua, senza guardare il proprio ombelico, senza furbizie e meschinerie, a cui troppe volte abbiamo assistito.

Oggi il presunto piccolo tornaconto è venuto meno: affrontiamo con generosità e determinazione la realtà politica, sociale ed istituzionale.

Con questa prospettiva politica, dentro questo scenario europeo, nel mezzo di una crisi economica e sociale epocale, dobbiamo fare i conti, dobbiamo misurarci, dobbiamo, tutti, affinare la nostra proposizione politica alla citta, e non sarà una passeggiata.

Questo è il quadro d’insieme che, ora, possiamo ricavare – è sperabile che ciascuno rifletta con la dovuta attenzione sulla velocità del cambiamento politico e della dislocazione sociale nel presente – da cui non si esce battendosi il petto, rincorrendo le miserie, gli egoismi, le mediocrità altrui ma rilanciando alla grande dei  percorsi politici, associativi, sociali aperti, di largo respiro, capaci di confrontarsi e di far dialogare e contenere dinamiche civili diverse ed eterogenee, che sia in grado di mettere al centro del proprio agire l’idea forza, la suggestione sociale di una Padova solidale, capitale dell’associazionismo e motore culturale del Veneto, una Padova inclusiva, promotrice di cooperazione produttiva e sociale, una Padova meticcia, che pone come valore la plusvalenza interetnica, per potere affermare che un ‘altra Padova in comune’ è possibile, è praticabile, è il nostro futuro presente, se abbiamo la consapevolezza che è utile e necessario, per tutti, ripartire dal basso lì a sinistra e camminare continuando ad interrogarci.