Padova - Verso la riapertura del cinema Altino!

Comincia il Countdown!

20 / 3 / 2012

Parlare di Cultura come Bene Comune per noi vuol dire evocare un immaginario opposto a quello attualmente dominante nella nostra società: quello secondo cui la cultura, e di conseguenza gli spazi materiali o immateriali della produzione di essa, sia monopolio dei provvedimenti e delle politiche istituzionali pubbliche oppure sia di proprietà dei privati che decidono di investire e di guadagnare su di essa.

Lo spazio che questo nuovo immaginario disegna è esattamente quello che sta al di fuori delle categorie di pubblico e privato e fuori dall'idea a cui siamo ormai abituati secondo cui chi investe sulla produzione culturale lo fa o deve farlo solamente per ricavarne un profitto. Comune vuol dire di tutti, il che non preclude la possibilità di forme di reddito, ma allo stesso tempo non riduce il tutto a questioni di mera speculazione e di profitto ma riposiziona la discussione su un piano di redistribuzione e reinvestimento per lacrescita soggettiva e collettiva. In questo senso parlare di Cultura Bene Comune vuol dire indicare fin da subito una via d'uscita dalle problematiche legate al mondo dello spettacolo, dalle difficoltà di sopravvivenza delle compagnie e degli artisti costretti a fronteggiare continuamente il problema degli spazi a disposizione per la produzione artistica alle questioni più propriamente legate alla cattiva gestionedelle politiche culturali cittadine. Di fronte a questo diventa indispensabile il passaggio immediatamente successivo che è appunto quello di fare rete, di costruire relazioni nuove, fuori dai pregiudizi e dal passato, tra chi produce la cultura attraverso la produzione artistica, ma anche con chi è semplicemente fruitore di questa produzione. Questo passaggio non può che concretizzarsi nelle pratiche, cioè nella sperimentazione della gestione di uno spazio culturale, in cui far convivere diverse esperienze e, attraverso l'incontro di queste, ricercare una sintesi comune (e mai esaustiva) alla continua ricerca soggettiva del significato di arte.

Il 7 marzo abbiamo riaperto il cinema Altino. Lo abbiamo fatto innanzitutto per permettere a tutti di attraversarlo e per incentivare una discussione pubblica sul tema delle politiche culturali cittadine, appiattita negli ultimi tempi sul “si” o sul “no” alla costruzione di un nuovo Auditorium. In questo dibattito siamo entrati in gamba tesa, dimostrando non solo che un'alternativa all'Auditorium esiste già, un'alternativa che ci parla di recupero di beni architettonici della città, di sostenibilità dello sviluppo urbanistico e di razionalizzazione delle risorse economiche; ma anche affermando la necessità di re-immaginare gli spazi della cutura in relazione alla loro gestione e alla loro fruizione. L’Altino per noi può rappresentare il passaggio dall’immaginazione alla realtà, dalla teoria alla pratica. L’8 marzo, sospendendo l’occupazione, abbiamo chiuso le porte del cinema Altino con una promessa: se non fossero stati presi provvedimenti riguardo all'abbandono di luoghi storicamente riconosciuti saremmo ritornati e avremmo riaperto quegli spazi.

Bene! Il comune di Padova non si è espresso su questo tema ma ha continuato ad azzuffarsi sulla costruzione dell'Auditorium e visto che non abbiamo avuto alcuna risposta è il caso di mantenere la nostra promessa, rilanciando un’auto-gestione di tre giorni da costruire con tutte quelle realtà cittadine che abbiano la voglia e il coraggio dimettersi in gioco.

Comincia il Countdown!

#occupyaltino