Padova 30 settembre - 3 ottobre 2010
La città di Padova si prepara ad ospitare dal 30 settembre al 3
ottobre prossimi, la grande kermesse del Forum Europeo del Diritto allo
Studio, ribattezzato per l'occasione "YoUniverCity". L'evento
stravolgerà la città e altre aree del territorio provinciale e
regionale per tre giorni, con gran dispiego di personalità, mezzi e,
soprattutto, stando all'entità ed alla quantità degli eventi in
programma, fondi. E questo nonostante - curiosamente - la voce
"sponsor" dell'organizzatissimo sito di riferimento rimanga ancora muta.
L'iniziativa
che si svolge ormai da anni in diverse città europee si basa sull'idea
di ottimizzare il rapporto tra le università, le città che le ospitano
e gli studenti che le vivono. La volontà di facciata è quella di
sollecitare istituzioni locali e non ad investire affinché il suddetto
rapporto non generi sprechi per la spesa pubblica, e la formazione di
ogni giovane universitario giunga a buon fine nel minor tempo
possibile, in piena ottica di razionalizzazione economico-aziendale.
L'obiettivo primario, perfettamente in linea con tutta una serie di
altre iniziative messe in atto fino ad oggi, è emblematicamente
espresso nella homepage del sito:
Progettare un altro futuro -
nuove risorse per rilanciare il capitale umano nell'ottica del Diritto
allo Studio nella dimensione europea, partendo dal Forum europeo di
Padova: un invito alla diffusione delle buone pratiche verso
l'eccellenza.
Lo scopo del Forum, insomma, è quello di rendere le
università il più possibile competitive nel nuovo "spazio globale della
conoscenza". Peccato che parlare di università competitiva in Italia,
nello stato in cui attualmente versa, non possa che risultare quanto
meno ridicolo. E che senso può avere presentare un evento del genere
nell'Ateneo di Padova che, l'anno scorso, si è auto-fregiata del titolo
di "virtuosa" sperando di scampare ai tagli falcidianti imposti dalla
legge Tremonti, salvo poi scoprirsi quest'anno con buchi di bilancio e
debiti? Come ci siamo già trovati a dover sottolineare più volte,
dobbiamo fare i conti con un disegno di legge, approvato al senato
pochi giorni fa, che è solo un tentativo di forzatura organizzativa di
un sistema universitario lasciato allo sbando dopo la calata della
mannaia tremontiana.
Con il DDL Gelmini siamo davanti all'atto
finale del processo di totale smantellamento dell'università pubblica.
Un processo che a partire dalla dichiarazione di Bologna del 1999, ha
dato il via, con l'inserimento della divisione in due cicli di laurea
(3+2) e della creditizzazione, a una progressiva dequalificazione dei
saperi e a un generale disinvestimento pubblico nella ricerca e nella
formazione, orientamenti condivisi sostanzialmente negli anni dai
governi indifferentemente di centrodestra e centrosinistra.
Ma
il Forum si occupa anche di un altro elemento su cui ci interroghiamo
da anni: il rapporto tra studenti universitari e città sedi di atenei.
Lo studente è al centro dei processi produttivi delle città che
ospitano le università, sotto ogni aspetto, e Padova di questa
centralità è esempio eclatante. Un momento di dibattito all'interno
della tre giorni vedrà la partecipazione dei sindaci di 12 città
universitarie europee, tra cui Anversa, Bordeaux, Coimbra, Friburgo,
Iasi, Nancy, Zara a cui si aggiunge, da oltreoceano, Boston. Ma quali
sono le condizioni degli studenti patavini? Paghiamo somme esorbitanti
per l'affitto di appartamenti spesso dalle condizioni precarie,
ingrossando i proprietari che su di essi speculano, lavoriamo in nero
fornendo manodopera a basso costo nei bar e negli esercizi commerciali
del centro (la cui clientela è poi composta quasi interamente da altri
studenti!). Senza dimenticare tutti gli altri lavori che facciamo per
poterci mantenere in una città che ci considera solo portafogli da
svuotare e non cittadini che la fanno vivere. A tutto ciò si aggiungono
ovviamente le salatissime rette dell'università, gli stage e i tirocini
gratuiti che siamo obbligati a svolgere secondo i piani di studi, i
corsi di formazione che Almalaurea regolarmente ci consiglia per
"prepararci al mondo del lavoro".
La nostra città si regge
insomma a tutti gli effetti sulla vita degli studenti, cattura e
utilizza incessantemente l'insieme delle nostre qualità affettive,
creative e relazionali per i processi di accumulazione, e nello stesso
tempo, con la riorganizzazione dello spazio pubblico e il
disciplinamento della socialità, cerca di neutralizzare il valore
autonomo, il potenziale innovativo e l'arricchimento che questa nostra
condizione porta. Parliamo oggi dell'esigenza di un nuovo welfare che
garantisca condizioni di reddito incondizionato dalla prestazione
lavorativa e un insieme di nuovi diritti e servizi di cui c'è una
diffusa necessità proprio per uscire da questa condizione di eterno
ricatto che satura i tempi della nostra esperienza e ostacola spesso la
libera espressione della nostra soggettività. Un nuovo welfare che
sulle ceneri di quello familistico-fordista sappia edificare adeguate
risposte strutturali alle nuove condizioni sociali che caratterizzano
lo scenario italiano. Reddito, nuovi diritti e accesso garantito a
tutti i servizi per battere la precarietà a cui cercano di condannarci,
per dare risposte a un'autentica condizione di "povertà" sempre più
diffusa e per cominciare a riprenderci ciò che ci sottraggono ogni
giorno utilizzando la nostra intelligenza collettiva.
Nel pieno
di questa estate 2010 i lavori verso il Forum procedono e accanto ai
discorsi dello YUC, che di giorno in giorno si stanno addentrando
sempre più nel merito dei legami tra economia e cultura, tra
investimenti finanziari e saperi, vediamo come si stanno andando a
delineare anche i tavoli di discussione e le pesanti presenze per quei
giorni.
Il programma ufficiale (ma ancora work in progress)
annuncia la partecipazione ai tavoli di discussione di rappresentanti
del Ministero dell'Istruzione, del neogovernatore della Regione Veneto,
il leghista Luca Zaia e della Ministra della Gioventù Meloni, fresca
fresca di DDL pro-Casa Pound sulle comunità giovanili. E non possono
mancare i Bologna experts, i responsabili del Bologna process, proprio
quello che, perseguendo obiettivi aziendalistici e non qualitativi, ha
portato l'Università allo stato attuale, con il fallimento del sistema
del tre più due, riconosciuto all'oggi dalle stesse istituzioni,
Ministra Gelmini in primis. Ma nel parterre non mancheranno anche
rappresentanti di Confindustria e Almalaurea, che certo non hanno
bisogno di presentazioni. Insomma, la cosa che sorprende è che, tra chi
ha confermato e chi ancora è in attesa, gli ospiti del grande evento in
pompa magna sul Diritto allo Studio sono proprio gli stessi che lo
stanno definitivamente smantellando! E non solo: questo Forum sarà un
momento d'incontro per tutti coloro che hanno in mano la governance
universitaria. Come sappiamo bene, le ultime riforme hanno agito
soprattutto su questo livello della gestione degli atenei, hanno aperto
i consigli di amministrazione ad industriali, banchieri ed altri
"esterni" dando contemporaneamente all'organo poteri sempre maggiori
mentre l'operazione rispetto al senato accademico è stata esattamente
opposta con uno svuotamento delle funzioni che lo sta portando ad un
ruolo di comitato consultivo, se non di pura rappresentanza. E
colpisce, senza stupire, che nell'organizzazione delle tavole rotonde e
delle altre iniziative si riscontrino sigle e nomi che non vogliono
lasciarsi sfuggire le briciole di questo nuovo modello di governance:
non solo gli enti per il diritto allo studio - anche loro sempre più
privatizzati -, la Crui, sindacati di categoria e non, ma anche
associazioni studentesche che, negli anni, abbiamo ripetutamente
incrociato nella composizione dei movimenti di contestazione delle
diverse riforme.
Dunque gli elementi per un summit in grande
stile ci sono tutti: c'è la facciata del Diritto allo Studio che copre
le esigenze di industriali e imprese, ci sono gli ospiti di spicco, c'è
il tentativo di coinvolgere una città che sugli studenti fonda buona
parte dei propri introiti. Il tutto innaffiato da grandi dosi di
demagogia e retoriche più o meno mediatiche che, nel Forum, si
esplicheranno con momenti ludici, sportivi, gastronomici e chi più ne
ha più ne metta (competizioni sportive di rugby e canottaggio, cene di
gala, concerti e spettacoli previsti per i partecipanti). Diciamocelo
pure, già gli obiettivi che questo pantagruelico summit si propone sono
completamente irrealizzabili senza soldi, la domanda rimane: da dove li
tirano fuori i soldi per questo teatrino?
YoUniverCity cade in
un momento per gli Atenei italiani di grande instabilità dettata non
solo dalle mobilitazioni degli studenti che, come abbiamo detto,
rifiutano lo smantellamento del sistema universitario e rivendicano il
diritto a costruirsi e costruire sapere critico e libero, ma anche
dalle altre componenti del mondo della formazione, ricercatori in
primis. Negli ultimi mesi queste figure messe a rischio dalle riforme
che si stanno susseguendo, hanno dato vita, in molti atenei italiani, a
forme di protesta che, sulla base dei documenti da loro prodotti,
influiranno sull'attivazione stessa dei corsi, sullo svolgimento delle
sessioni di esami e, dunque, sull'intero inizio del prossimo anno
accademico. È notizia di questi giorni che l'Ateneo di Padova si trova
costretto a rimandare l'inizio delle lezioni e deve far fronte alla
decisione di alcune facoltà di sospendere le preimmatricolazioni (che,
dallo scorso anno, nel nostro Ateneo, sono obbligatorie e subordinate
al pagamento di una tassa). All'interno di tale scenario risulta
fondamentale costruire delle reti e dare vita ad alleanze strategiche
tra tutte le figure del mondo della formazione che, pur portando avanti
specifiche rivendicazione legate alla propria particolare condizione,
condividono la battaglia comune contro la dismissione dell'Università e
la dequalificazione dei saperi e della ricerca. Riteniamo fondamentale
quindi che tutte le componenti dell'università, accomunate dal rifiuto
della riforma Gelmini e del DDL 1905 al voto parlamentare in queste
ore, si mobilitino assieme per fermare questo attacco indiscriminato a
formazione e università, senza nostalgie verso il vecchio modello di
università che speriamo di aver contribuito a mandare in crisi e
orientati alla costruzione di percorsi formativi dove la cooperazione
sociale, il sapere critico e la ricerca libera si impongano sulle
esigenze del mercato e sul clientelarismo spesso reazionario delle
logiche baronali che regna in molti dipartimenti.
Alla luce di
tutto questo, da un parte è impossibile parlare di diritto allo studio
perchè sulla formazione si disinveste, dall'altra l'università che ci
si prospetta è esattamente l'opposto di quella che vogliamo e dunque ci
chiediamo: diritto a quale studio? Non certo quello parcellizzato e
nozionistico che l'università attuale ci propone. Le mobilitazioni
dello scorso anno sono state il culmine di un discorso che da anni
facciamo sulla qualità dei saperi, sull'insufficenza e la pericolosità
di un discorso politico che si concentri solo sulla richiesta di un
accesso garantito all'Università (il "diritto allo studio"), senza
metterne in discussione radicalmente il funzionamento concreto e il
tipo di conoscenza che all'interno si crea e si trasmette. Abbiamo
trovato nell'autoformazione una forma organizzata per trasformare in
strumenti di conflitto il sapere vivo e la cooperazione sociale
rendendoli in grado di creare innovazione sociale e nello stesso tempo
di sfuggire dalla messa a valore di ciò che quotidianamente produciamo.
Questo è stato il discorso portato dall'Onda e nell'Onda con le
mobilitazioni dello scorso anno. Quelle mobilitazioni ci hanno lasciato
l'esperienza di un sapere che, attraverso la condivisione e la
costruzione comune produce immediatamente conflitto nel contesto più
ampio delle contraddizioni sociali che emergono in questa fase di crisi
economica. "Il sapere non è fatto per comprendere, ma per prendere
posizione", questa frase di Foucault è stata lo slogan che nei mesi
scorsi abbiamo voluto ribadire con forza. Autoformazione dunque contro
la continua soggettivazione che l'attuale sistema formativo produce, o
meglio, tenta di produrre dentro un contesto non del tutto pacificato,
autoformazione contro il tentativo disciplinare di lasciare le nostre
menti e la nostra creatività esprimersi a sufficienza per essere messe
a valore, ma dentro certi limiti per neutralizzarne la possibilità
conflittuale. Autoformazione e generale autoriforma dell'Università per
costruire ora, e non in un futuro incerto, forme di cooperazione e di
esercizio di autonomia soggettiva e collettiva direttamente in grado di
attaccare biopoliticamente il tentativo di governance in corso nella
nostra città. Autoformazione perché elaborare e diffondere sapere
critico è uno strumento di consapevolezza di sé, della propria
condizione e del mondo circostante, ma in quanto produzione di "nuovo
immaginario" si presenta nello scenario attuale come un fatto
direttamente conflittuale e destabilizzante.
Accanto ad una
piena rivendicazione di sapere libero e critico è necessario riproporre
il discorso su quello che abbiamo definito nuovo welfare. Per poter
attuare in senso pieno un'autoriforma del sistema formativo e della
conoscenza non possiamo prescindere dalla rivendicazione dei servizi
pubblici e gratuiti, né da quella per un reddito che permetta una
liberazione delle soggettività e dei loro desideri. Il Forum europeo
sarà per noi un occasione per puntare i riflettori sulla nostra idea di
Università e rendere visibile a tutti il vero progetto che si nasconde
dietro a slogan e parole d'ordine fuorvianti come "competitività",
"eccellenza", "capitale umano" e "diritto allo studio".
UniRiot Padova